"La Lituania e la Lettonia, seguendo la decisione dei giorni scorsi della Polonia, stanno per abbandonare il toponimo Kaliningrad nei documenti ufficiali: al posto del nome sovietico della città, si propone di utilizzare Karaliaucius in Lituania e Karalauci o Kenigsberga in Lettonia. Lo riferisce il sito bielorusso indipendente Nexta. La scorsa settimana Varsavia aveva annunciato che i polacchi d'ora in poi chiameranno l'exclave di Kaliningrad con l'antica denominazione in lingua madre di Krolewiec. Il Cremlino ha protestato parlando di una 'decisione al limite della follia' e definendola 'un atto ostile'" (SKYTG24, 16-05-23)
Si continua quindi a gettare benzina sul fuoco. Peraltro, il fatto che la narrazione filoputiniana della "questione ucraina" si basi sulla fantastoria e sulle bufale della propaganda di Mosca, non implica affatto che pure la Nato e l'America non abbiano gettato benzina sul fuoco anche prima dell'aggressione russa contro l'Ucraina.
Insomma, che esista anche un estremismo atlantista che ha solo rafforzato l'estremismo nazionalista russo è innegabile, anche se ciò non giustifica in alcun modo la politica di prepotenza della Russia, con buona pace dei filoputiniani o "pacifinti" che si arrampicano sugli specchi per difendere la scellerata aggressione russa dell'Ucraina, "ignorando" in particolare che non è solo il regime di Kiev ma la stragrande maggioranza degli ucraini (russofoni inclusi) ad opporsi con determinazione all'aggressione russa (il che, del resto, è stato il motivo principale del fallimento del disegno strategico della Russia, consistente, com'è ormai noto, nel cercare di insediare un governo filorusso a Kiev).
D'altronde, accusare la Germania o altri Paesi occidentali di avere favorito la politica di prepotenza della Russia e addirittura l'invasione russa dell'Ucraina solo per avere cercato di rafforzare i rapporti tra la Russia e l'Europa, è assurdo perché i motivi che possono avere indotto Putin ad aggredire l'Ucraina sono evidentemente assai diversi, altrimenti non si spiegherebbe nemmeno perché Putin non abbia cercato di inglobare con la forza l'Ucraina nello spazio geopolitico russo nel 2014 o nel 2015 ossia allorché l'esercito ucraino era assai più debole di quanto lo fosse prima del 24 gennaio dell'anno scorso, benché sia ormai evidente che la Russia di Putin abbia sempre considerato l’Ucraina come parte della “Grande Russia”.
Comunque sia, è chiaro che la cosiddetta “unità (geo)politica” dell'Europa è solo "apparenza", dato che in realtà l'Europa si limita a seguire le direttive strategiche dell'America, mentre aumenta sempre più il "peso geopolitico" di un'Europa (soprattutto baltica e orientale) russofoba che considera non la Russia di Putin ma la Russia stessa un nemico "a priori" e che di conseguenza si contrappone ad un'altra Europa (soprattutto occidentale - Gran Bretagna esclusa, ovviamente - e mediterranea).
Certo, ormai non è più possibile inserire la Russia di Putin nel quadro geopolitico europeo e non si può neppure rinunciare a difendere l'indipendenza e la sovranità dell'Ucraina facendo fallire le "ambizioni imperiali" della Russia. E il fatto che sia soprattutto l'America - che pure più volte in questi ultimi decenni si è resa responsabile di "aggressioni" di vario genere - a difendere l'Ucraina non significa che la "causa degli ucraini" non meriti di essere difesa.
Nondimeno, è ovvio che la creazione di una nuova cortina di ferro in Europa non possa che favorire una pericolosa destabilizzazione del Vecchio Continente e che in ogni caso non sia nell’interesse di coloro che ritengono essenziale che l’Europa acquisisca una vera autonomia strategica.
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