venerdì 19 aprile 2024

LA "QUESTIONE RUSSA" E IL FALLIMENTO DEI NEGOZIATI TRA RUSSI E UCRAINI AD ISTANBUL

Ora si può affermare che nella primavera del 2022 vi era veramente la possibilità di arrivare ad un accordo tra Russia e Ucraina. Nonostante vi fossero degli ostacoli non facili da superare, la trattativa tra russi e ucraini ad Istanbul procedeva bene. 

Tuttavia, come dimostrano Samuel Charap e Sergey Radchenko, i negoziati fallirono soprattutto per la russofobia degli estremisti nazionalisti ucraini, per l’ostilità nei confronti della Russia degli angloamericani e per il terribile massacro di civili ucraini compiuto dai soldati russi a Bucha.* Ovviamente si può capire perché gli ucraini non si fidassero ciecamente dei russi e si deve pure tenere conto della situazione militare che allora era favorevole a Kiev.

Comunque sia, contrariamente a quanto sostiene la maggior parte degli atlantisti, i negoziati che si svolsero ad Istanbul nella primavera del 2022 provano che non è impossibile accordarsi con la Russia per mettere fine alla guerra.

Chi scrive, del resto, non ha esitato a condannare l’involuzione autoritaria del regime di Putin e l’aggressione russa contro l’Ucraina, di cui pure gli italiani stanno pagando le conseguenze. 

Ma questa è solo una faccia della medaglia. Un conto, infatti, è criticare il regime di Putin un altro “ignorare” l’aggressività, l’ipocrisia e l’insipienza geopolitica dell’Occidente atlantista neoliberale, la cui russofobia non si spiega solo con l’ostilità di alcuni Paesi europei (si pensi alla Polonia per esempio) nei confronti della Russia per note ragioni storiche.

Il punto da capire è che la Russia è Europa ma non Occidente ed è questa differenza che spiega l’ostilità ideologica non tanto nei confronti del regime di Putin ma della Russia da parte dell’élite atlantista neoliberale. 

Ed è invece proprio questa differenza, indipendentemente dai gravi difetti del regime di Putin o dal modo tutt’altro che condivisibile in cui gli estremisti nazionalisti russi la “interpretano”, che spiega perché chi è davvero europeista non può essere né euro-atlantista né russofobo. 

*https://www.foreignaffairs.com/ukraine/talks-could-have-ended-war-ukraine.


mercoledì 10 aprile 2024

LA SICUREZZA DELL'EUROPA

Che pure l'euro-atlantismo costituisca un serio pericolo per l'Europa dovrebbe ormai essere chiaro a chiunque non sia accecato dalla russofobia. 

Difatti, vi è una notevole differenza tra affermare che arrivare ad un cessate il fuoco in Ucraina dipende anche dalla Russia e affermare che  arrivare ad un cessate il fuoco in Ucraina dipende solo dalla Russia.

Se si cancella questa differenza è ovvio che la guerra della NATO contro la Russia appaia pressoché inevitabile, dato che sono gli stessi euro-atlantisti a riconoscere che la Russia non ha alcuna intenzione di permettere all'esercito ucraino di riconquistare i territori ucraini occupati dall'esercito russo. .

Non a caso qualche giorno fa l'ISW (che è un think tank neocon) ha sostenuto che la Russia sarebbe già pronta ad attaccare la NATO nei prossimi anni, quasi che gli obiettivi del Cremlino fossero perfettamente noti né potessero cambiare a seconda della strategia della NATO.

E' evidente che una tale concezione, che sembra essere una sorta di "profezia che si autoavvera", dà per scontato che l'unico modo per difendere la sicurezza dell'Europa (inclusa la sicurezza  e l'indipendenza dell'Ucraina) sia un sostegno "incondizionato" al regime nazionalista ucraino, per infliggere una "sconfitta totale" alla Russia, anche se è innegabile che la Russia (non solo cioè la Russia di Putin) non potrebbe mai accettarla.

In sostanza, il cosiddetto "Occidente collettivo" sta commettendo (mutatis mutandis) lo stesso errore di Putin (vale a dire di volere risolvere con le armi la questione ucraina e della sicurezza collettiva in Europa), sebbene le conseguenze dell'insipienza strategica e della tracotanza degli euro-atlantisti (che già strumentalizzano la guerra in Ucraina per ridefinire i rapporti sociali nel modo più vantaggioso possibile per l'oligarchia neoliberale e i suoi zelanti servitori) rischiano di essere assai più gravi delle conseguenze dell'errore di calcolo strategico commesso da Putin aggredendo l'Ucraina. 

In altri termini, posto che un agire razionale sia contraddistinto da un'etica della responsabilità,  è certo irrazionale ritenere di potere sconfiggere con le armi la prepotenza dell'Occidente neoliberale e del capitalismo predatore occidentale (quasi che la storia del secolo scorso non avesse insegnato nulla), ma è altrettanto irrazionale ritenere di risolvere con le armi la crisi dell'egemonia occidentale e in particolare della maggiore potenza occidentale. 

Comunque sia, se la scelta dovesse essere tra la prepotenza di un regime autocratico (come certamente è il regime di Putin) e quella dell'oligarchia euro-atlantista, avrebbe poco senso porsi il problema della sicurezza della stessa Europa, sempre che la questione della sicurezza dell'Europa in realtà non concerna soltanto la difesa degli interessi di una élite dominante, benché sia pacifico che la prepotenza di un'autocrazia non è un'alternativa valida a quella dell'oligarchia neoliberale, dato che è perfino peggiore sotto il profilo politico e sociale.


martedì 26 marzo 2024

LA PACE SI PREPARA CON LA POLITICA

Indipendentemente da quel che si possa pensare del regime di Putin (che non è affatto una "blanda socialdemocrazia" come qualcuno afferma, ma un regime autocratico e illiberale, anche se non peggiore di altri regimi illiberali con cui l'Occidente neoliberale ed euro-atlantista intrattiene "buoni" rapporti), il torto della Russia è stato quello di volere risolvere con le armi una questione (geo)politica complessa come quella ucraina o, se si preferisce, della presenza della Nato ai confini occidentali della Russia.

Le conseguenze disastrose (in larga misura inevitabili e in particolare proprio la distruzione dei rapporti tra l'Europa occidentale e la Russia, che convenivano, non solo sotto il profilo economico, tanto alla Russia quanto ai Paesi dell'Europa occidentale) di questa scellerata decisione sono ormai note a chiunque. 

Ma altrettanto scellerata e in un certo senso perfino più pericolosa è l’attuale strategia del cosiddetto “Occidente collettivo” nei confronti della Russia, che in pratica non è altro che il frutto di una concezione meramente ideologica del mondo, al punto che non ci si rende conto o, peggio, non si vuole comprendere che la condanna del regime di Putin non implica affatto che si debba fare l'apologia del regime nazionalista ucraino. 

Ci si ostina pertanto ad inseguire il sogno di una “vittoria totale” contro la Russia, prendendo addirittura in considerazione l'invio di truppe della Nato in Ucraina. Si sostiene, infatti, che con la Russia di Putin non si può trattare (quasi che fosse possibile mettere fine alla guerra occupando Mosca!) e che comunque Putin avrebbe già deciso di attaccare dei Paesi della Nato nei prossimi anni. 

In altri termini, si dà per scontato che scoppierà la guerra tra la Nato e la Russia. E non ci vuole molto per capire che questo modo di pensare rischia di essere una sorta di "profezia che si autoavvera", dato che si è rinunciato a trattare con la Russia (che ovviamente non significa arrendersi alla Russia), anche quando secondo lo stesso generale americano Mark A. Milley era necessario ossia alla fine dell'estate del 2022.

Insomma, mentre per contrastare l'imperialismo dell'Unione Sovietica non si abbassò la guardia ma al tempo stesso si evitò di forzare la mano, facendo invece leva sui difetti del sistema sovietico (e si trattò di una strategia “razionale” che si rivelò vincente), nei confronti della Russia di Putin si vuole agire in senso opposto, benché sia evidente che in una prospettiva realistica la difesa dell'indipendenza dell'Ucraina) dovrebbe essere una questione non solo meramente militare ma anche e soprattutto (geo)politica, dato che è pura follia pensare che la sicurezza dell'Europa, da cui del resto dipende pure quella della stessa Ucraina, si possa difendere con la guerra della Nato contro la Russia.

In sostanza, se per il regime ucraino o altri Paesi della Nato la guerra potrà finire soltanto con una "vittoria totale" contro la Russia (che - repetita iuvant - è ben diversa dalla difesa dell'indipendenza dell'Ucraina), allora la scelta dovrebbe essere tra la difesa della sicurezza dell'Europa occidentale (che non corre certo il rischio di essere invasa dalle armate russe) e quella dell'Ucraina o di altri Paesi della Nato, per i quali la Federazione Russa è un nemico solo per il fatto che esiste. D'altronde, è proprio l'insipienza strategica e (geo)politica degli euro-atlantisti che può rendere inevitabile una tale alternativa (che non sarebbe tra putiniani e antiputiniani, meglio precisarlo). Ed è inutile dire come dovrebbe agire chi non è così accecato dalla russofobia da non sapere distinguere la Russia di Putin dalla Germania nazista, cui si poté imporre una unconditional surrender. 

In conclusione, è lo scopo politico che si vuole raggiungere che conta in guerra, se la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi, e in politica "giusto" è ciò che è "necessario" fare per la tutela del benessere morale e materiale della comunità di cui si fa parte.


sabato 16 marzo 2024

LA STRATEGIA DEI SONNAMBULI

Che Putin abbia sempre saputo che la Nato non aveva intenzione di aggredire la Russia (di fatto non ne aveva nemmeno la possibilità, tranne per quanto concerne una guerra nucleare) è vero. Tuttavia è chiaro che se truppe europee della Nato intervenissero nel conflitto in Ucraina l'Europa sarebbe in guerra con la Russia. E se l'aviazione di alcuni Paesi europei dovesse cercare di fare la differenza (dato che gli eserciti europei hanno pochi uomini e pochi mezzi), dovrebbe necessariamente colpire in profondità la Russia, rischiando così di scatenare una guerra totale. E se dovesse intervenire pure l'esercito americano (l'unico a potere fare la differenza in un conflitto di terra contro l'esercito russo in Ucraina, dato che ci vorranno anni per rafforzare gli eserciti europei) sarebbe perfino più probabile non evitare una guerra totale e quindi nucleare (gli americani, del resto, non rinuncerebbero certo ad un impiego massiccio della propria aviazione). 

Peraltro, l'Ucraina non fa nemmeno parte della Nato e quindi se intervenissero solo alcuni Paesi della Nato non si potrebbe neppure applicare l'articolo 5 della Alleanza  Atlantica (che comunque non implica necessariamente un intervento militare di tutti i Paesi della Nato nel caso sia attaccato un Paese della Nato, contrariamente a quanto molti affermano).

D'altra parte, l'Europa non riesce nemmeno a produrre le munizioni di cui l'Ucraina ha bisogno e ha pure gli arsenali quasi vuoti. Certo, se arrivassero di nuovo gli aiuti militari americani all'Ucraina, la situazione dell'esercito ucraino anche per quanto concerne le munizioni di artiglieria probabilmente non sarebbe così grave come affermano i sedicenti esperti putiniani (che paragonano il numero delle munizioni di artiglieria di "tutti" i tipi prodotte o sparate dai russi alle munizioni da 155 prodotte dall'Occidente ovverosia senza calcolare pure le munizioni  per i pezzi di artiglieria da 122 e 105 e i mortai da 120 e 81).

Nondimeno anche la difesa aerea ucraina è in difficoltà per mancanza di un numero sufficiente di missili antiaerei, mentre l'esercito russo non ha problemi a continuare ad attaccare (gli stessi analisti militari occidentali ritengono che la macchina bellica russa non avrà seri problemi prima del 2026) anche con l'aviazione, che adesso con le bombe plananti sta infliggendo colpi duri alla difesa ucraina (si sa che all'Ucraina dovrebbero essere consegnati alcune decine di caccia F-16 ma, a parte che si tratta di pochi aerei soprattutto se si considera il numero degli aerei da combattimento russi, pare che quest'estate gli ucraini ne potranno disporre meno di dieci). 

D’altronde l’esercito ucraino, benché sia ancora capace di infliggere gravi perdite alle Forze Armate russe, ha troppi problemi non solo di mezzi ma pure di uomini. Ad esempio solo il 30% dei mobilitati è impiegato al fronte e ancora non è stata approvata la legge che abbassa la soglia minima dell'età di leva da 27 a 25 anni (ed è una soglia minima sorprendentemente troppo alta), mentre aumenta la renitenza alla leva e pure il rischio di un crollo del fronte interno. In definitiva, il pure il “morale” degli ucraini non è più quello della primavera del 2022.

Questa è la realtà. Ma non è solo questione di armi e mezzi. Putin, infatti, non ha alcuna intenzione di ritirarsi dall'Ucraina e può ancora contare sul sostegno dei russi, tranne un'opposizione che non è insignificante ma il cui "peso politico" è irrilevante. Certo il regime autocratico di Putin gode di notevole consenso anche perché controlla praticamente tutti i media russi è noto, ma questo non cambia la sostanza. In altri termini, anche se la militarizzazione dell'economia e della società russa gettano un'ombra inquietante sul futuro della Russia, attualmente non vi sono segni di una crisi del regime di Putin.

Un conto quindi è cercare di evitare una sconfitta (totale) dell'Ucraina ossia impedire una vittoria totale della Russia, un altro cercare una vittoria totale contro la Russia. In sostanza, finché si farà dipendere la questione della difesa dell'Ucraina da quella della riconquista militare di tutti territori ucraini occupati dai russi (in cui peraltro gran parte della popolazione è filorussa, anche se pure in questi territori vi sono ancora molti ucraini che non sono affatto filorussi), si continuerà a cercare di correggere un errore con un errore perfino più grave.

Non si deve dimenticare, infatti, che non si sono date subito all'Ucraina le armi di cui aveva bisogno e al tempo stesso ci si è rifiutati di aprire una trattativa sulla questione della “sicurezza collettiva” (che ovviamente implica pure la sicurezza dell'Ucraina) sostenendo che prima i russi dovevano ritirarsi perfino dalla Crimea; dopo la mobilitazione parziale dei russi e la costruzione della “linea Surovikin”, anziché scegliere una “difesa attiva” si è preferito lanciare una controffensiva che poteva avere successo solo se fosse crollato il morale dell'esercito russo; fallita la controffensiva ucraina l’estate scorsa, c'è stato il “blocco” degli aiuti militari americani ed ora “si ciancia” di mandare truppe Nato in Ucraina.

Se questa è strategia, allora è la strategia dei sonnambuli.


venerdì 8 marzo 2024

PACE E "DISORDINE MENTALE"

La tesi dei cosiddetti “putiniani “ è nota: la Nato aveva messo un coltello alla gola della Russia, che di conseguenza ha dovuto reagire. La guerra della Russia contro l’Ucraina quindi sarebbe una guerra preventiva e necessaria ossia una “guerra giusta”.

Si tratta di una tesi che è senza fondamento, al punto che ignora  la fondamentale differenza tra pressione (geo)politica - che implica una reazione (geo)politica - e una grave e “imminente” minaccia militare, che implica un’azione militare preventiva. 

In sostanza, per chi scrive, si può anzi si deve criticare la narrazione "putiniana" della questione ucraina senza condividere la narrazione euro-atlantista, che nega che vi fosse una seria pressione atlantista (geo)politica nei confronti  della Russia, benché sia evidente che questa pressione vi fosse - ossia è un” fatto” come è un “fatto” che l’Ucraina non confina con gli Stati Uniti ma con la Russia - e che abbia pure “gettato benzina sul fuoco” rafforzando l’estremismo nazionalista russo e le “fobie” di Putin. (Inutile dire che si tratta di una posizione che implica una sorta di “ostracismo” per chi la sostiene).

Comunque sia, diversa da quella dei “putiniani” è la tesi dei cosiddetti “pacifisti” ( gli opinionisti e il direttore del FQ, Jorit ecc.). Questi ultimi, infatti, da un lato affermano di essere “pacifisti” e a favore della libertà (anche se proprio perché è illiberale il regime di Putin piace molto ai neofascisti e ai neostalinisti “putiniani”), dall’altro  ritengono che la guerra di Putin contro l’Ucraina sia una guerra necessaria ossia una “guerra giusta”. 

Ovviamente si tratta di una posizione che è esattamente l’opposto di quella che dovrebbe sostenere un “pacifista”, per il quale (se è coerente) non ci sono “guerre giuste” ( ma si sa che un conto è essere  a favore di una “pace giusta” , un altro negare il diritto alla legittima difesa ovvero difendere la “pace del cimitero”). 

Sarebbe cioè come se si affermasse che si è per la pace in Palestina e a favore di due Stati per due popoli e al tempo stesso si sostenesse che il governo di “Bibi” (che è “umano” né più né meno di Putin, Ghandi e lo stesso Eichmann) fa bene a “spianare” Gaza e a fare pulizia etnica in Cisgiordania.

Insomma, anche ammesso che i nostri "pacifisti" non siano dei “criptoputiniani” (ma se ne può dubitare), pure questo “falso pacifismo” è una delle tante manifestazioni del "disordine mentale" che caratterizza il nostro Paese , antiamericanismo incluso. 

Del resto, come esiste un anticomunismo "intelligente" (perlomeno nella misura in cui si forza di comprendere le “ragioni storiche” del comunismo, pur senza condividerle) e uno stupido e volgare, così esiste un antiamericanismo "intelligente" (ossia seriamente motivato e non contraddistinto dai più triti e insulsi stereotipi ideologici fascisti o comunisti, che sono ancora assai diffusi nel nostro Paese) e uno volgare e stupido, che non a caso è quello condiviso dalla maggior parte dei “putiniani” e dei sedicenti “pacifisti”.

Negli anni Settanta del secolo scorso la P2 e il terrorismo (rosso e nero, in quanto entrambi, sia pure per ragioni opposte, espressione di una immagine del tutto fasulla e distorta del mondo) gettarono il napalm su un processo di trasformazione del nostro Paese in senso democratico e socialista. Che il declino (non solo economico ma anche e soprattutto politico-culturale) del nostro Paese sia (anche) il “frutto avvelenato” di quegli anni è ben difficile negarlo, ma è una “lezione” politico-culturale che evidentemente pochi hanno imparato.

giovedì 22 febbraio 2024

L'EUROPA AL BIVIO

Jeffrey Sachs in un articolo pubblicato il 12 febbraio scorso* ricorda le innumerevoli malefatte (e pure i notevoli fallimenti) della Cia. Nulla di nuovo, anche se è sempre necessario rinfrescare la memoria degli atlantisti neoliberali. Nemmeno la necessità di combattere il comunismo e in particolare quella di opporsi all’Unione Sovietica, infatti, può giustificare la politica di “prepotenza” dell’America nella seconda metà del secolo scorso, tanto è vero che non è certo cessata con la scomparsa dell’Unione Sovietica e la fine del “pericolo rosso”.

D’altronde, è anche noto il "coinvolgimento" degli Usa nel rovesciamento del governo di Viktor Yanukovych (non si conoscono i dettagli ma è sufficiente ricordare il ruolo di Victoria Nuland, benché non sia stata la "burattinaia di Maidan" come affermano i putiniani).  Naturalmente, per gli atlantisti o, meglio, per gli euro-atlantisti era ovvio che Putin avrebbe cercato di inglobare con la forza l’Ucraina nello spazio geopolitico russo. Tuttavia, non spiegano perché Putin lo abbia fatto nel febbraio 2022 anziché nel 2014 o nel 2015, quando cioè l’esercito ucraino era così debole che un buon numero di battaglioni ucraini che combatterono nel Donbass erano finanziati da oligarchi ucraini. Invero il modo in cui  gli euro-atlantisti “leggono” la questione ucraina è meramente ideologico ossia non spiega nulla e omette fatti rilevanti. 

Ad esempio, l’ostilità di principio nei confronti della Russia di Putin, anche se giustificabile sotto il profilo politico-culturale, sotto quello geopolitico ha certo avvantaggiato soprattutto gli ultranazionalisti russi, che non a caso criticavano Putin perché dopo Euromaidan non aveva cercato di abbattere il regime ucraino con le armi (allora lo stesso Dugin venne allontanato dall’università di Mosca per le sue posizioni nettamente favorevoli alla guerra contro l’Ucraina). Ma gli euro-atlantisti non hanno mai avuto come obiettivo principale la crescita politica e geopolitica dell’Europa, bensì il rafforzamento della dipendenza dell’Europa dall’America in quanto "gendarme" dell’ordine mondiale neoliberale e del capitalismo predatore occidentale. 

Viceversa, per gli europeisti il rafforzamento dei rapporti tra l’Europa occidentale e la Russia non solo era necessario proprio per mettere fine alla dipendenza geopolitica e politico-culturale dell’Europa dall’America ma avrebbe potuto anche favorire una trasformazione del sistema politico e sociale della Russia in senso democratico. Peraltro, più crescevano i rapporti economici tra l’Europa occidentale e la Russia (basta pensare al gasdotto Nord Stream 2, realizzato dopo che la Russia aveva annesso l’annessione della Crimea) e meno importante diventava l’Ucraina per la Russia, nonostante che si sapesse che per i nazionalisti russi l’Ucraina non poteva non appartenere all’aerea di influenza della Russia. Si poteva comunque ritenere che alla Russia non convenisse risolvere questo problema con le armi, dato che era scontato che una guerra di aggressione contro l’Ucraina avrebbe portato ad una rottura totale tra la Russia e l’Europa.

Nondimeno, anche prima del 24 febbraio 2022 l’involuzione autoritaria e perfino sotto certi aspetti totalitaria del regime di Putin non prometteva nulla di buono, tanto più che era chiaro che, oltre all'aggravarsi dei vari "mali" che affliggono il mondo occidentale, il declino dell’egemonia degli Usa e la crisi della Nato, diventata ancora più grave dopo il disastroso ritiro americano dall’Afghanistan, rischiavano di convincere il Cremlino che fosse possibile modificare gli equilibri di potere in Europa a vantaggio della Russia con una politica aggressiva e di fatto neoimperialista, quasi che una siffatta politica di "prepotenza" non potesse compromettere definitivamente i buoni rapporti con l’Europa occidentale e in specie con la Germania, la cui economia dipendeva in buona misura dall’importazione del petrolio e del gas russi.

Comunque sia, l’improvvida e scellerata decisione del Cremlino di risolvere la questione ucraina con le armi, oltre ad avere reso decisamente ostile nei confronti della Russia la maggior parte degli ucraini, ha tagliato tutti i ponti con l’Europa ed è chiaro che ormai sulla Russia di Putin, sempre più simile ad uno Stato che si potrebbe definire "neostalinista" anche se certamente non comunista, non è più possibile contare per “smarcarsi” dall’America senza cedere (s'intende) ad alcuna tentazione autoritaria o addirittura totalitaria.

Nondimeno, è ancora più evidente di quanto lo potesse essere negli anni scorsi che per l'Europa "smarcarsi" dall'America (di cui ormai nemmeno gli stessi euro-atlantisti si possono fidare ciecamente) ossia camminare “con le proprie gambe” e puntare su un “ordine” politico e sociale non illiberale ma nettamente diverso dal neoliberalismo e dal capitalismo predatore neoliberale, è un imperativo politico-culturale e strategico. Ovviamente non è affatto facile, ma l'Europa se non vince questa sfida (e purtroppo è probabile che non vi riesca,  dato che sono molti anzi troppi gli ostacoli da superare) non potrà evitare un declino irreversibile o perfino di peggio.

*https://www.commondreams.org/opinion/cia-destablizes-the-world.

domenica 11 febbraio 2024

L'EUROPA TRA L'INCUDINE TRUMPISTA E IL MARTELLO PUTINIANO

L'Huffington Post ha pubblicato la trascrizione integrale dell'intervista a Putin di Tucker Carlson.

Leggendo questa trascrizione si capisce che con Putin è difficile anche una trattativa che abbia lo scopo di arrivare non ad un trattato di pace (di cui non ci sono le condizioni, a causa della questione dei crimini di guerra, delle sanzioni , dei territori ucraini occupati dai russi ecc.) ma almeno ad un cessate il fuoco, a patto che (questo il busillis) siano garantite l'indipendenza e la sicurezza "militare" dell'Ucraina (si badi che trattativa non è affatto sinonimo di accordo, tanto è vero che una trattativa, ossia un'azione diplomatica, può durare a lungo e anche fallire).

La "fantastoria" di Putin, infatti, sembra non lasciare alcuno spazio ad un'Ucraina indipendente, al punto che Putin  "ignora" non solo la brutale  repressione del sentimento nazionale ucraino da parte della Russia zarista ma perfino che la Russia riconobbe l'indipendenza dell'Ucraina nel dicembre del 1991 e che con il Memorandum di Budapest del 1994 si era impegnata a rispettare i confini dell'Ucraina (certo si sapeva che lasciare all'Ucraina la Crimea  avrebbe potuto avvelenare le relazioni tra i due Paesi ma alla Russia furono comunque consegnate tutte le testate nucleari che erano in Ucraina).

Per di più Putin ha addirittura sostenuto che una zona dell'Ucraina sarebbe ungherese e soprattutto che responsabile della Seconda guerra mondiale fu la Polonia (sic!) anziché la Germania.

D'altronde, da diversi anni in Russia si riscrivono i libri di storia (dei libri di storia se ne occupa direttamente lo Stato) per esaltare l'imperialismo russo e sovietico,  mentre le  "leggi sulla memoria" vietano qualunque analisi critica dell'Unione Sovietica nella Seconda guerra mondiale (si è chiuso Memorial, principale centro di ricerche storiche sui crimini dello stalinismo, non si può neppure affermare che il massacro di Katyn fu compiuto dai sovietici, Stalin è considerato nuovamente una sorta di "padre della patria" e via dicendo).

Ma l'Europa  deve non solo confrontarsi con un regime autocratico (al punto che presenta perfino dei tratti totalitari) che considera sia "terra di Russia" qualunque luogo in cui vi sia una comunità russa o semplicemente russofona o che sia appartenuto all'impero russo, ma pure con un'America sempre più condizionata da Trump che è giunto ad affermare che i Paesi europei si meriterebbero di essere aggrediti dalla Russia.

Insomma, adesso l'Europa rischia di trovarsi, senza essere  un vero "soggetto (geo)politico", tra l'incudine trumpista e il martello putiniano. In sostanza si tratta del fallimento (geo)politico di un euro-atlantismo che si è spacciato per vero europeismo.