martedì 29 novembre 2022

POLITICA DI PREPOTENZA E NOMOS DELLA TERRA

La condanna della prepotenza euro-atlantista non può in alcun modo giustificare la prepotenza della Russia di Putin. Anche se è vero che non si può spiegare la guerra russo-ucraina limitandosi a distinguere tra aggressore e aggredito, è indubbio che la Russia sia l’aggressore e l’Ucraina sia l’aggredito e che quindi l’Ucraina abbia il diritto alla legittima difesa. Condannare la prepotenza dell’America non implica affatto che si debba fare l’apologia della invasione russa dell’Ucraina per cercare di insediare un governo filorusso a Kiev o annettere una parte dell’Ucraina alla Federazione Russa.  

Un conto, del resto, è condannare la propaganda euro-atlantista e l’estremismo nazionalista di Kiev, un altro giustificare le ambizioni imperiali della Russia e ignorare la grottesca propaganda di Mosca, arrampicandosi sugli specchi per negare l’impreparazione bellica della Russia che altro non è che la conseguenza di un regime che più passa il tempo e più si rivela essere un regime corrotto e inefficiente.

In questi nove mesi di guerra l’esercito ucraino ha inflitto una serie impressionante di sconfitte e umiliazioni all’esercito russo che probabilmente nemmeno gli analisti neocon immaginavano, che pure erano convinti che l’esercito ucraino con il sostegno della Nato avrebbe potuto contrastare con successo una invasione russa. D’altronde, basta confrontare l’equipaggiamento dei fucilieri russi con quello dei fucilieri ucraini o degli stessi mercenari del Gruppo Wagner per rendersi conto in che stato “pietoso” sia la logistica dell’esercito russo. E sotto il profilo militare è la logistica che fa la differenza tra “ordine” e “disordine”.

Anche la cosiddetta “parcellizzazione” dell’esercito russo (soldati regolari, volontari, riservisti, milizie di Donetsk e di Lugansk, milizie cecene, mercenari del Wagner e via dicendo) è un indice del “disordine” che contraddistingue la macchina bellica russa, che si è pure macchiata di numerosi crimini di guerra contro la popolazione ucraina, che non si possono certo giustificare sostenendo che pure gli americani hanno commesso numerosi crimini di guerra negli scorsi decenni e che pure l’esercito di Kiev ha commesso dei crimini durante la guerra Donbass negli anni scorsi (sebbene neppure le milizie filorusse fossero composte da “mammolette”).

Peraltro, non si può nemmeno negare che è proprio l’assurda convinzione che l’Ucraina non sia altro che una sorta di appendice della “grande Russia” ad avere gettato gran parte della popolazione ucraina nelle braccia degli estremisti nazionalisti ucraini (e degli stessi americani, la cui ingerenza negli affari interni dell'Ucraina è nota e a cui non è stato difficile sfruttare il nazionalismo ucraino “in chiave antirussa”). Non riconoscere le ragioni storiche (certo complesse) del nazionalismo ucraino e quindi che “ucraino” non è sinonimo di “russo”, ha spianato la strada a coloro che sostengono che non si può essere davvero ucraini se non si è “russofobi”, vale a dire che i russi non possono che essere nemici degli ucraini.

Ed è proprio un’immagine “distorta” della realtà politica dell’Ucraina che ha indotto Mosca a ritenere di potere insediare un governo filorusso a Kiev, senza incontrare una vera resistenza militare, come se i vertici militari ucraini non fossero i più convinti difensori della sovranità e indipendenza del loro Paese. Che l’Ucraina sia governata da una “cricca nazista”, che con l’aiuto degli angloamericani avrebbe fatto una sorta di lavaggio del cervello al popolo ucraino, è infatti una delle tante sciocchezze della propaganda russa che scambia la propria immagine fasulla della realtà per la realtà.

In sostanza, benché nessuno sappia come potrà finire questa guerra, se anche la Russia dovesse riuscire a sconfiggere l’Ucraina o annettere una parte dell’Ucraina (il che, rebus sic stantibus, sembra assai improbabile ma non impossibile, dato che solo i guerrafondai euro-atlantisti  sono convinti che si possa vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso), in un certo senso la Russia di Putin (che ha pure dimenticato che l’Ucraina negli anni Novanta del secolo scorso rinunciò al possesso di armi nucleari, dimostrando così di avere un’enorme fiducia nella Russia) ha già perso questa guerra, perché ben difficilmente potrà risolvere definitivamente la “questione ucraina” con l’uso della forza.

Tuttavia, riconoscere la prepotenza e il fallimento strategico della Russia di Putin (che, oltre a non essere riuscita a “rovesciare” il governo di Kiev - obiettivo principale dell'invasione russa dell'Ucraina -, ha ottenuto l’opposto di quel che si proponeva, dato che, se voleva “meno Nato”, almeno per ora ha ottenuto solo “più Nato”) non significa che non vi sia più spazio per una soluzione negoziale di questo conflitto e che sia necessario condividere la narrazione euro-atlantista secondo cui in Ucraina si starebbe combattendo una guerra tra “democrazia” e autocrazia. Le “ragioni” geopolitiche (si noti il plurale) della guerra russo-ucraina (che è anche una guerra civile) sono innegabili ed è evidente che pure la trasformazione dell’Ucraina in una fortezza della Nato rappresentava una minaccia per la Russia, tanto più seria dopo la “rivolta” o il “golpe” di Maidan (che portò alla caduta del governo filorusso di Janukovyč) e lo scoppio della guerra civile nel Donbass.

È pure ovvio che le ambizioni dei nazionalisti di Kiev e gli “appetiti” della Nato sono cresciuti in questi mesi di guerra, al punto che si ritiene che l’esercito ucraino abbia il diritto di riconquistare non solo i territori perduti dopo l’invasione russa dello scorso febbraio ma tutto il Donbass e addirittura la Crimea, come se mettere la Russia (che è comunque una “superpotenza” nucleare”) con “le spalle al muro” - e quindi favorire la strategia dei guerrafondai euro-atlantisti (il cui scopo principale consiste nel “tagliare i ponti” tra la Russia e l’Ue e nell’infliggere una sconfitta devastante alla Russia) - fosse l’unico modo di difendere gli interessi vitali dell’Ucraina e il benessere morale e materiale del popolo ucraino. D’altra parte, è noto che decine di Paesi, il cui ruolo economico e geopolitico è sempre più importante, non hanno imposto alcuna sanzione alla Russia e che, anche se non condividono il modo in cui Mosca ha deciso di risolvere la questione ucraina, non sono più disposti a tollerare che l’America sia l’arbitro della politica internazionale e dell’economia mondiale. 

Comunque sia, si deve sempre tenere presente non solo è inaccettabile ogni forma di russofobia (compresa ovviamente la discriminazione delle minoranze russe nelle ex repubbliche dell'Unione Sovietica) e che la storia e la cultura russa sono parte costituiva della identità europea, ma che è interesse dell’Europa e in specie di alcuni Paesi europei (Italia inclusa) cercare di porre termine a questa guerra mediante la diplomazia, naturalmente senza che si debba mettere a repentaglio la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (del resto, si può trattare anche se si continua a combattere - basta pensare alla guerra di Corea o alla guerra del Vietnam -, anche perché la possibilità di arrivare ad una soluzione negoziale dipende pure da Mosca). In altri termini, gli indubbi e gravi “difetti” del regime di Putin non possono in nessun modo essere una sorta di foglia di fico per nascondere le vergogne di un euro-atlantismo che è l’opposto di un vero europeismo (la stessa questione dei “difetti” del regime di Putin concerne soprattutto il popolo russo, ché non si può certo ritenere che per trattare con Mosca si debba prima abbattere il regime di Putin), giacché anche questa guerra ha dimostrato che gli interessi economici e geopolitici dell’Europa sono assai diversi da quelli degli Stati Uniti. 

Non si tratta però di difendere solo degli interessi economici. La stessa questione del multipolarismo rappresenta una sfida geopolitica e culturale che non si può ignorare, dato che ormai non si può non tener conto che la comunità internazionale non coincide con la comunità occidentale né a maggior ragione con l’“anglosfera”. In definitiva, può darsi che una geopolitica “dal volto umano” sia un sogno irrealizzabile, ma nell’età della “tecnica scatenata” rappresenta una sfida cui non ci si può sottrarre, se perfino Carl Schmitt (che non si può certo accusare di non essere un pensatore “realista”) ebbe a scrivere che “è agli spiriti pacifici che è promesso il regno della terra. Anche l’idea di un nuovo nomos della terra si dischiuderà solo a loro”.

giovedì 24 novembre 2022

LA GUERRA DEI NEOCON

Se gli italiani che si occupano di geopolitica avessero studiato seriamente la strategia americana in Ucraina saprebbero che quanto sta accadendo in Ucraina è esattamente quello che i neocon volevano che accadesse.

Infatti, non è un caso che l'amministrazione Biden si caratterizzi per la presenza di numerosi neocon che hanno sostenuto le guerre degli Stati Uniti in Serbia (1999), Afghanistan (2001), Iraq (2003) e appoggiato i ribelli islamisti in Siria e in Libia (2011). 

Recentemente Jeffrey Sachs ha scritto: "I neocon hanno cercato questa battaglia. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, sia gli Stati Uniti che la Russia avrebbero dovuto cercare un’Ucraina neutrale, come cuscinetto prudente e valvola di sicurezza. Invece, i neocon volevano 'l’egemonia' degli Stati Uniti mentre i russi hanno intrapreso la battaglia in parte per difesa e in parte anche per le loro stesse pretese imperiali."

Per i neocon la potenza militare degli Stati Uniti è la "chiave strategica" per impedire il declino della egemonia americana. Anche se l'America non può sfidare militarmente né la Cina né la Russia senza rischiare di scatenare una guerra termonucleare, può sempre sfruttare a proprio vantaggio una situazione come quella che si era creata in Ucraina dopo la scomparsa dell'Unione Sovietica. 

Del resto, l'appoggio ai nazionalisti ucraini da parte dei neocon, prima e dopo i fatti di Maidan, non è un segreto, ma è soprattutto con l'intervento russo a sostegno dei "ribelli" filorussi del Donbass che ai neocon si è presentata l'occasione non solo di trasformare l'Ucraina in una fortezza atlantista ai confini della Russia, ma di attirare in una "trappola strategica" la Russia, nella convinzione (purtroppo rivelatasi corretta) che prima o poi Mosca avrebbe cercato di rovesciare con la forza il governo nazionalista e russofobo di Kiev.

Già nel 2014-15 erano presenti in Ucraina ufficiali americani per studiare le tattiche e i "punti deboli" dell'esercito russo (rapporti redatti da alcuni di questi ufficiali sono stati pubblicati in rete) ed è noto che militari americani, inglesi, canadesi e di altri Paesi della Nato negli anni scorsi si sono impegnati in un intenso addestramento dell'esercito ucraino.

In pratica, l'Ucraina avrebbe dovuto essere per la Russia quello che era stato l'Afghanistan per l'Unione Sovietica. Un esercito ucraino, addestrato, armato e "sostenuto" dagli apparati di intelligence della Nato, avrebbe potuto, secondo i neocon, non solo contrastare con successo l'esercito russo ma trasformare l'Ucraina in un "inferno" per i soldati di Mosca. Scopo fondamentale, quindi, dei neocon era (ed è) consolidare l'egemonia americana sul continente europeo e infliggere un colpo letale alla Russia, tale da "indebolire" pure la Cina, privandola del suo alleato principale.

D‘altronde, non si deve ignorare che i neocon sono tutt'altro che degli sprovveduti, dato che contano nelle loro file eccellenti studiosi e analisti militari. Ad esempio il noto istituto ISW (Institute for the Study of War), che pubblica ogni giorno un'analisi del conflitto russo-ucraino, è un istituto neocon, di cui fanno parte  Kimberley Allen Kagan e suo marito, Frederich Kagan che è autore di opere fondamentali sulla storia militare della Russia e dell'Unione Sovietica (Frederick Kagan è figlio di Donald Kagan, che si può considerare uno dei massimi storici della guerra del Peloponneso, e fratello di Robert Kagan, che è sposato con Victoria Nuland, che, com'è noto, ebbe una parte essenziale nella rivolta di Maidan).

Non sorprende, dunque, che l'ISW sia contrario ad ogni trattativa con la Russia e sostenga addirittura che l'Ucraina possa e debba riconquistare anche la Crimea. Tuttavia, anche se il livello di preparazione dei neocon è certamente assai alto, è assai dubbio che l'America possa non solo rafforzare ma ampliare la propria egemonia mediante una politica di potenza.

In un certo senso, infatti, la strategia dei neocon si è già imbattuta nei suoi limiti, dato che la Russia non è affatto "isolata". Non solo la Cina e l'India ma decine di altri Paesi non hanno imposto sanzioni alla Russia, dimostrando così che non sono affatto disposti a seguire le direttive strategiche di Washington. Peraltro, anche il "sequestro" delle riserve estere della Banca centrale russa (oltre 300 miliardi di dollari) rischia di infliggere un grave colpo all'egemonia del dollaro, dato che l'America potrebbe fare lo stesso per quanto concerne le riserve in dollari di qualsiasi altro Paese (alleato o no dell'America).  

In definitiva, se la strategia dei neocon si fonda soprattutto sugli indubbi “difetti” del regime di Putin e dell’esercito russo (tanto che i neocon hanno venduto la pelle dell'orso prima di averlo ucciso), ciò non significa che essa stessa, nella misura in cui non si limita a garantire che l'Ucraina sia in grado di difendersi dall'aggressione russa, non sia frutto di un errore di calcolo, che potrebbe rivelarsi non meno grave, almeno sotto certi aspetti, di quello che la Russia ha commesso invadendo l’Ucraina nello scorso febbraio.*

* Il senso di questa breve nota non è che i neocon siano responsabili della guerra d'aggressione della Russia contro l'Ucraina, ma che contavano proprio sul fatto che il Cremlino avrebbe compiuto "un passo più lungo della gamba" cercando di inglobare con la forza l'Ucraina nello spazio (geo)politico russo. 

mercoledì 23 novembre 2022

LA GEOPOLITICA DELLA RUSSIA E LA DIPENDENZA DALL’OCCIDENTE

 La Russia, si afferma, si trova nella tipica situazione di dipendenza dal capitalismo (predatore) occidentale “a guida (anglo)americana”, in quanto è un Paese che esporta materie prime (strategiche) a basso costo in cambio di manufatti prodotti in Occidente (in sostanza, l'economia della Russia è simile a quelle di un Paese in via di sviluppo, tranne per il fatto che esporta pure armi ed è una grande potenza nucleare, tanto che è in grado di sviluppare anche importanti programmi aerospaziali).


Putin, quindi, attaccando l’Ucraina lo scorso febbraio, avrebbe rovesciato la scacchiera geopolitica mondiale, allo scopo di liberare la Russia da questa dipendenza, potenziare l’industria (che è ancora nettamente inferiore a quella delle maggiori potenze economiche occidentali e non occidentali) e la domanda interna russa, contando ovviamente sulla formazione di un “mondo multipolare” (Brics ecc.) tale da mutare il rapporto tra centro e periferia a vantaggio di Paesi non occidentali (Russia inclusa ovviamente) e in grado di mettere fine all’egemonia (anglo)americana.


Tuttavia, anche se si può concedere che la Russia non sia in grado di “incorporare” nella sua sfera di influenza gli ex satelliti dell’impero sovietico, in che senso si può sostenere che, per liberarsi dalla dipendenza del capitalismo occidentale, la Russia doveva necessariamente avere il “controllo” dell’Ucraina e fare “a braccio di ferro” con l’America almeno per otto anni (in realtà perfino più di otto anni), e poi addirittura invadere l’Ucraina e dovere confrontarsi militarmente, sia pure non direttamente, con la Nato? 


Insomma, se la Russia voleva “voltare definitivamente le spalle” all’Occidente, per quale motivo dopo Maidan, ha annesso la Crimea ed è intervenuta militarmente (anche se non lo ha mai ammesso) per difendere i filorussi del Donbass? E perché in questi anni si è adoperata per rafforzare le sue relazioni con la Germania, la Francia e l’Italia? E perché lo scorso febbraio ha invaso l’Ucraina con il preciso scopo di instaurare un governo filorusso a Kiev e nel settembre scorso ha perfino deciso di annettere ben quattro regioni dell’Ucraina? 


Peraltro, non si può nemmeno dimenticare che l’attuale formazione sociale russa non si può definire come una specie di “socialismo di mercato” (per non parlare degli scopi che la Russia persegue in Africa con il Gruppo Wagner…). Insomma, se il sistema politico russo è un’autocrazia, sotto il profilo politico-economico la Russia attuale si configura come una oligarchia di tipo capitalistico o nazional-capitalistico (che si può anche definire neoimperialista nella misura in cui Mosca cerca di ampliare la sua sfera di influenza con una politica di potenza, benché assai diversa da quella che caratterizza l’America).


Comunque sia, è facile notare che quel che si afferma in un’ottica economicistica, per spiegare il conflitto tra la Russia e l’Ucraina (e la Nato), è non la causa di questa guerra ma l’effetto di questa guerra e delle sue conseguenze, tra cui le durissime sanzioni economiche imposte alla Russia dal mondo occidentale e in particolare la rottura dei rapporti economici con l’Ue (e in specie con la Germania), che non solo minacciavano la stessa egemonia americana sul continente europeo ma erano un pilastro fondamentale dell’economia russa.


Pertanto, la Russia (che probabilmente dopo il disastroso e “caotico” ritiro americano dall’Afghanistan, non si aspettava una reazione così dura da parte di tutto il mondo occidentale e della Nato) ha dovuto, volente o nolente, cambiare la sua strategia politica ed economica soprattutto a causa delle conseguenze di una guerra per la quale la Russia ha dimostrato di non essere nemmeno preparata sotto il profilo militare. Un “mutamento di rotta” comunque reso possibile dal fatto che la Russia non è affatto “isolata”, grazie appunto a quel processo storico che si definisce multipolarismo e che sta mutando i rapporti di forza sulla scacchiera geopolitica. Nondimeno, si dovrebbe pure tenere presente che non esiste (ancora?) alcun polo anti-egemonico ma una sorta di “costellazione” geopolitica costituita da più centri di (varia) potenza anti-egemonici, alcuni dei quali sono pure rivali o in lotta tra di loro, anche se decisi ad opporsi ad una potenza egemonica come l’America, che pretende di essere al tempo stesso giocatore e arbitro della politica internazionale (e di conseguenza dell'economia mondiale). 


D’altronde, se è vero che la Russia (che non ha ancora perso questa guerra, nonostante le umiliazioni e le sconfitte subite in questi mesi) può sempre giocare la “carta” geopolitica e geoeconomica del multipolarismo, è pur vero (anche a prescindere dalla questione della inefficienza e della corruzione del regime di Putin e del “grottesco mondo” degli oligarchi russi) che la Russia rischia di uscire da questa guerra fortemente “ridimensionata” sotto il profilo geopolitico, anche rispetto ai suoi alleati non occidentali. Almeno per ora solo la Russia, insieme con pochi altri Paesi che non sono grandi potenze, rischia dunque di non potere più “giocare al tavolo occidentale”  (a differenza della Cina che, pur non rinunciando ad una "difesa attiva", ha cercato di promuovere la cooperazione internazionale, anche se negli ultimi anni pure la Cina sembra essere "tentata" da una politica potenza).


Inoltre, è lecito sostenere che la Russia ha ottenuto l’opposto di quel che si proponeva: voleva “meno Nato” e invece è indubbio che adesso abbia “più Nato”. Ed è amaro constatare che l’errore di calcolo strategico di Mosca abbia anche gravi conseguenze per l’Europa occidentale (inclusa l’Italia), dato che pure per l’Europa occidentale (continentale, si intende) è essenziale avere un buon rapporto con la Russia, proprio per “smarcarsi” dalla dipendenza (o perlomeno da una eccesiva dipendenza) dall’America.


In altri termini, non era la Russia che voleva “tagliare i ponti” con l’Ue ma l’America o meglio i "falchi" della Nato (neocon inclusi) che volevano, per così dire, “buttare fuori” la Russia dall’Europa, trasformando l’Ucraina in una “fortezza" della Nato ai confini della Russia. In questo senso si può affermare che la Russia invadendo l’Ucraina ha dato all’America pure la possibilità di penalizzare quei Paesi europei che, pur dipendenti dall’America sotto il profilo geopolitico, avevano ottimi rapporti economici e politico-culturali con la Russia che, comunque la si pensi riguardo al regime di Putin, è parte costitutiva della storia e della cultura europea. Insomma, un conto sono le “ragioni geopolitiche” della Russia, un altro la questione della strategia russa per fare valere le sue “ragioni geopolitiche”, sebbene  non si possano certo definire tali le ambizioni imperiali del regime di Putin.


In definitiva, nell’attuale fase storica (che è una “fase di transizione egemonica” che presenta però caratteristiche diverse dalle “fasi di transizione egemonica” che hanno contraddistinto l’età moderna) è certo necessario ridefinire i rapporti tra mondo occidentale (che peraltro non è solo quello neoliberale – e che vi sia anche un Occidente non neoliberale è questione della massima importanza sotto ogni punto di vista) e non occidentale (e pure tra America ed Europa) ma non “romperli del tutto”, se non si vuole che la guerra sia l’unico modo per risolvere le controversie internazionali, tanto più che il mondo non occidentale non è ancora preparato per sfidare l’Occidente (neoliberale) sul piano militare, come ha dimostrato anche questa guerra (benché “indiretta”) tra la Russia e l’Occidente, indipendente dal fatto che nell’era atomica è sempre più difficile agire in modo tale che la guerra sia la prosecuzione della politica con altri mezzi.


mercoledì 9 novembre 2022

NON È TUTTO ORO QUEL CHE LUCCICA

 La premessa di qualsiasi analisi geopolitica o di qualsiasi strategia (geo)politica per quanto concerne la questione ucraina dovrebbe essere che la Russia (si badi, la Russia, non solo Putin) non può permettersi di subire una sconfitta disastrosa, senza che collassi l'intero sistema politico e sociale della Federazione Russa, ovverosia uno Stato di oltre 17 milioni di chilometri quadrati, con più di 140 milioni di abitanti e che dispone di migliaia di testate nucleari.

Posta in questi termini la questione ucraina, si eviterebbe perlomeno di confondere le ciance pro o contro la Russia con un'analisi geopolitica obiettiva. Peraltro, perfino la stessa etica della responsabilità presuppone il realismo (geo)politico, non le ciance ideologiche di coloro che, incapaci di trasformare mediante l'azione politica il proprio pensiero in essere, scambiano i propri "sogni" o i propri "deliri" per la realtà, rischiando così di ottenere l'opposto di quel che si propongono di ottenere. 

Nondimeno, “interpretare” questo conflitto (che è una guerra civile e un conflitto regionale ma con implicazioni mondiali che rischiano di travolgere un'Europa che pare avere smarrito l’uso della ragione allorché si tratta di risolvere delle questioni geopolitiche) come uno scontro tra "democrazia" e autocrazia, è pur sempre necessario per i gruppi dominanti occidentali al fine di "mascherare" la strumentalizzazione (geo)politica della questione ucraina da parte dell'America, il cui scopo principale certo non è la difesa della sovranità dell'Ucraina. 

Ragion per cui è lecito invece parlare di una guerra per procura che l'America sta conducendo non solo contro la Russia (cui cerca di infliggere il maggior danno possibile) ma pure contro la Germania e in generale nei confronti dei Paesi europei che avevano buoni rapporti con la Russia. In sostanza, rifornire la Russia di manufatti tedeschi in cambio di materie prime era una delle "chiavi strategiche" dell'economia tedesca e dello sviluppo sociale ed economico della Russia. Ed era soprattutto uno scambio che apriva nuove corsie geopolitiche alla stessa Ue, rendendo di conseguenza possibile una progressiva riduzione della dipendenza geopolitica della Ue dall'America. 

Nulla di meglio per l'America, pertanto, dell'improvvida decisione del Cremlino di invadere l'Ucraina (convinto di potere agire come l'America sulla scacchiera geopolitica), che invece ha offerto agli americani la possibilità di ridefinire i rapporti con l'Ue a proprio vantaggio. Certo, più si prolungherà questa guerra e maggiori saranno i danni che subirà l’Ucraina, dato che il regime di Kiev senza gli aiuti militari ed economici occidentali crollerebbe nel giro di qualche settimana. Ma i notevoli successi tattici dell’esercito di Kiev e l'impreparazione bellica della Russia hanno aumentato gli “appetiti” della Nato e del regime etno-nazionalista ucraino, nonostante che la Russia possa continuare ad infliggere ferite orrende ad un Paese che in buon parte è già ridotto ad un cumulo di macerie.

In pratica, il piano strategico di Mosca, che consisteva nell'instaurare un governo filorusso a Kiev, è fallito e adesso la Russia deve combattere non solo contro l'Ucraina ma anche, benché indirettamente, contro la Nato, che dopo il caotico ritiro americano da Kabul sembrava davvero in uno "stato di morte cerebrale" e invece d'ora in poi con ogni probabilità potrà contare anche su due Paesi “storicamente” neutrali come la Svezia e la Finlandia.

L'America, quindi, non solo ha potuto consolidare la propria egemonia sull'Europa e in particolare sull’Europa occidentale, ma, in quanto potenza politicamente e militarmente egemone, è riuscita pure a fare affluire numerosi capitali negli Stati Uniti e ad aumentare, a scapito della stessa Europa, la competitività del proprio sistema industriale (un vantaggio di non poca importanza per un Paese caratterizzato da decenni da un enorme deficit commerciale). 

Eppure, vi è da considerare anche il "rovescio della medaglia", sebbene venga pressoché del tutto ignorato dai media mainstream occidentali. 

L’America e suoi vassalli occidentali, infatti, non sono riusciti ad isolare la Russia, a cui non hanno voltato le spalle - né possono voltare le spalle - decine di Paesi che sulla scacchiera geoeconomica e geopolitica conteranno sempre più con il passare del tempo. 

Sono Paesi che non tollerano che l’America sia al tempo stesso un giocatore e l’arbitro della politica internazionale, che detti le regole del gioco e le violi o le riscriva ogni volta che le conviene, che si ingerisca negli affari interni di ogni Paese avvalendosi di tutti mezzi offerti dalla “guerra ibrida” contro quei governi che non siano disposti a seguire le direttive strategiche di Washington.

Il multipolarismo, quindi, scuote dalle fondamenta il sistema del capitalismo predatore occidentale a guida americana, proprio quando nel “cuore” stesso dell’impero americano cresce la distanza tra le élite dominanti e il popolo (ossia la maggior parte della popolazione, che è pure quella economicamente più svantaggiata) e aumentano i fenomeni di disgregazione sociale, al punto che per molti cittadini americani il loro principale “nemico politico” si trova a Washington. 

Si è in presenza, dunque, di un processo storico i cui sviluppi sono sì difficili da prevedere ma che non può essere certo fermato dalla narrazione occidentale del conflitto russo-ucraino né dalle sanzioni imposte alla Russia né dai successi tattico-operativi dell’esercito ucraino, nonostante che in Occidente si sia venduta la pelle dell’orso prima di averlo ucciso. 

Del resto, non sarà nemmeno la questione dei cosiddetti “valori occidentali” e della stessa “democrazia liberale” - che ormai non si distinguono dai “valori” della middle class occidentale (sedicente) cosmopolita e da una oligarchia neoliberale sempre più simile ad una sorta di “plutocrazia tecnocratica” – che potrà cambiare il corso della storia. In altri termini, è finito il tempo in cui si poteva sostenere che la comunità internazionale coincideva con il cosiddetto “mondo occidentale”.