mercoledì 23 novembre 2022

LA GEOPOLITICA DELLA RUSSIA E LA DIPENDENZA DALL’OCCIDENTE

 La Russia, si afferma, si trova nella tipica situazione di dipendenza dal capitalismo (predatore) occidentale “a guida (anglo)americana”, in quanto è un Paese che esporta materie prime (strategiche) a basso costo in cambio di manufatti prodotti in Occidente (in sostanza, l'economia della Russia è simile a quelle di un Paese in via di sviluppo, tranne per il fatto che esporta pure armi ed è una grande potenza nucleare, tanto che è in grado di sviluppare anche importanti programmi aerospaziali).


Putin, quindi, attaccando l’Ucraina lo scorso febbraio, avrebbe rovesciato la scacchiera geopolitica mondiale, allo scopo di liberare la Russia da questa dipendenza, potenziare l’industria (che è ancora nettamente inferiore a quella delle maggiori potenze economiche occidentali e non occidentali) e la domanda interna russa, contando ovviamente sulla formazione di un “mondo multipolare” (Brics ecc.) tale da mutare il rapporto tra centro e periferia a vantaggio di Paesi non occidentali (Russia inclusa ovviamente) e in grado di mettere fine all’egemonia (anglo)americana.


Tuttavia, anche se si può concedere che la Russia non sia in grado di “incorporare” nella sua sfera di influenza gli ex satelliti dell’impero sovietico, in che senso si può sostenere che, per liberarsi dalla dipendenza del capitalismo occidentale, la Russia doveva necessariamente avere il “controllo” dell’Ucraina e fare “a braccio di ferro” con l’America almeno per otto anni (in realtà perfino più di otto anni), e poi addirittura invadere l’Ucraina e dovere confrontarsi militarmente, sia pure non direttamente, con la Nato? 


Insomma, se la Russia voleva “voltare definitivamente le spalle” all’Occidente, per quale motivo dopo Maidan, ha annesso la Crimea ed è intervenuta militarmente (anche se non lo ha mai ammesso) per difendere i filorussi del Donbass? E perché in questi anni si è adoperata per rafforzare le sue relazioni con la Germania, la Francia e l’Italia? E perché lo scorso febbraio ha invaso l’Ucraina con il preciso scopo di instaurare un governo filorusso a Kiev e nel settembre scorso ha perfino deciso di annettere ben quattro regioni dell’Ucraina? 


Peraltro, non si può nemmeno dimenticare che l’attuale formazione sociale russa non si può definire come una specie di “socialismo di mercato” (per non parlare degli scopi che la Russia persegue in Africa con il Gruppo Wagner…). Insomma, se il sistema politico russo è un’autocrazia, sotto il profilo politico-economico la Russia attuale si configura come una oligarchia di tipo capitalistico o nazional-capitalistico (che si può anche definire neoimperialista nella misura in cui Mosca cerca di ampliare la sua sfera di influenza con una politica di potenza, benché assai diversa da quella che caratterizza l’America).


Comunque sia, è facile notare che quel che si afferma in un’ottica economicistica, per spiegare il conflitto tra la Russia e l’Ucraina (e la Nato), è non la causa di questa guerra ma l’effetto di questa guerra e delle sue conseguenze, tra cui le durissime sanzioni economiche imposte alla Russia dal mondo occidentale e in particolare la rottura dei rapporti economici con l’Ue (e in specie con la Germania), che non solo minacciavano la stessa egemonia americana sul continente europeo ma erano un pilastro fondamentale dell’economia russa.


Pertanto, la Russia (che probabilmente dopo il disastroso e “caotico” ritiro americano dall’Afghanistan, non si aspettava una reazione così dura da parte di tutto il mondo occidentale e della Nato) ha dovuto, volente o nolente, cambiare la sua strategia politica ed economica soprattutto a causa delle conseguenze di una guerra per la quale la Russia ha dimostrato di non essere nemmeno preparata sotto il profilo militare. Un “mutamento di rotta” comunque reso possibile dal fatto che la Russia non è affatto “isolata”, grazie appunto a quel processo storico che si definisce multipolarismo e che sta mutando i rapporti di forza sulla scacchiera geopolitica. Nondimeno, si dovrebbe pure tenere presente che non esiste (ancora?) alcun polo anti-egemonico ma una sorta di “costellazione” geopolitica costituita da più centri di (varia) potenza anti-egemonici, alcuni dei quali sono pure rivali o in lotta tra di loro, anche se decisi ad opporsi ad una potenza egemonica come l’America, che pretende di essere al tempo stesso giocatore e arbitro della politica internazionale (e di conseguenza dell'economia mondiale). 


D’altronde, se è vero che la Russia (che non ha ancora perso questa guerra, nonostante le umiliazioni e le sconfitte subite in questi mesi) può sempre giocare la “carta” geopolitica e geoeconomica del multipolarismo, è pur vero (anche a prescindere dalla questione della inefficienza e della corruzione del regime di Putin e del “grottesco mondo” degli oligarchi russi) che la Russia rischia di uscire da questa guerra fortemente “ridimensionata” sotto il profilo geopolitico, anche rispetto ai suoi alleati non occidentali. Almeno per ora solo la Russia, insieme con pochi altri Paesi che non sono grandi potenze, rischia dunque di non potere più “giocare al tavolo occidentale”  (a differenza della Cina che, pur non rinunciando ad una "difesa attiva", ha cercato di promuovere la cooperazione internazionale, anche se negli ultimi anni pure la Cina sembra essere "tentata" da una politica potenza).


Inoltre, è lecito sostenere che la Russia ha ottenuto l’opposto di quel che si proponeva: voleva “meno Nato” e invece è indubbio che adesso abbia “più Nato”. Ed è amaro constatare che l’errore di calcolo strategico di Mosca abbia anche gravi conseguenze per l’Europa occidentale (inclusa l’Italia), dato che pure per l’Europa occidentale (continentale, si intende) è essenziale avere un buon rapporto con la Russia, proprio per “smarcarsi” dalla dipendenza (o perlomeno da una eccesiva dipendenza) dall’America.


In altri termini, non era la Russia che voleva “tagliare i ponti” con l’Ue ma l’America o meglio i "falchi" della Nato (neocon inclusi) che volevano, per così dire, “buttare fuori” la Russia dall’Europa, trasformando l’Ucraina in una “fortezza" della Nato ai confini della Russia. In questo senso si può affermare che la Russia invadendo l’Ucraina ha dato all’America pure la possibilità di penalizzare quei Paesi europei che, pur dipendenti dall’America sotto il profilo geopolitico, avevano ottimi rapporti economici e politico-culturali con la Russia che, comunque la si pensi riguardo al regime di Putin, è parte costitutiva della storia e della cultura europea. Insomma, un conto sono le “ragioni geopolitiche” della Russia, un altro la questione della strategia russa per fare valere le sue “ragioni geopolitiche”, sebbene  non si possano certo definire tali le ambizioni imperiali del regime di Putin.


In definitiva, nell’attuale fase storica (che è una “fase di transizione egemonica” che presenta però caratteristiche diverse dalle “fasi di transizione egemonica” che hanno contraddistinto l’età moderna) è certo necessario ridefinire i rapporti tra mondo occidentale (che peraltro non è solo quello neoliberale – e che vi sia anche un Occidente non neoliberale è questione della massima importanza sotto ogni punto di vista) e non occidentale (e pure tra America ed Europa) ma non “romperli del tutto”, se non si vuole che la guerra sia l’unico modo per risolvere le controversie internazionali, tanto più che il mondo non occidentale non è ancora preparato per sfidare l’Occidente (neoliberale) sul piano militare, come ha dimostrato anche questa guerra (benché “indiretta”) tra la Russia e l’Occidente, indipendente dal fatto che nell’era atomica è sempre più difficile agire in modo tale che la guerra sia la prosecuzione della politica con altri mezzi.


Nessun commento:

Posta un commento