martedì 29 novembre 2022

POLITICA DI PREPOTENZA E NOMOS DELLA TERRA

La condanna della prepotenza euro-atlantista non può in alcun modo giustificare la prepotenza della Russia di Putin. Anche se è vero che non si può spiegare la guerra russo-ucraina limitandosi a distinguere tra aggressore e aggredito, è indubbio che la Russia sia l’aggressore e l’Ucraina sia l’aggredito e che quindi l’Ucraina abbia il diritto alla legittima difesa. Condannare la prepotenza dell’America non implica affatto che si debba fare l’apologia della invasione russa dell’Ucraina per cercare di insediare un governo filorusso a Kiev o annettere una parte dell’Ucraina alla Federazione Russa.  

Un conto, del resto, è condannare la propaganda euro-atlantista e l’estremismo nazionalista di Kiev, un altro giustificare le ambizioni imperiali della Russia e ignorare la grottesca propaganda di Mosca, arrampicandosi sugli specchi per negare l’impreparazione bellica della Russia che altro non è che la conseguenza di un regime che più passa il tempo e più si rivela essere un regime corrotto e inefficiente.

In questi nove mesi di guerra l’esercito ucraino ha inflitto una serie impressionante di sconfitte e umiliazioni all’esercito russo che probabilmente nemmeno gli analisti neocon immaginavano, che pure erano convinti che l’esercito ucraino con il sostegno della Nato avrebbe potuto contrastare con successo una invasione russa. D’altronde, basta confrontare l’equipaggiamento dei fucilieri russi con quello dei fucilieri ucraini o degli stessi mercenari del Gruppo Wagner per rendersi conto in che stato “pietoso” sia la logistica dell’esercito russo. E sotto il profilo militare è la logistica che fa la differenza tra “ordine” e “disordine”.

Anche la cosiddetta “parcellizzazione” dell’esercito russo (soldati regolari, volontari, riservisti, milizie di Donetsk e di Lugansk, milizie cecene, mercenari del Wagner e via dicendo) è un indice del “disordine” che contraddistingue la macchina bellica russa, che si è pure macchiata di numerosi crimini di guerra contro la popolazione ucraina, che non si possono certo giustificare sostenendo che pure gli americani hanno commesso numerosi crimini di guerra negli scorsi decenni e che pure l’esercito di Kiev ha commesso dei crimini durante la guerra Donbass negli anni scorsi (sebbene neppure le milizie filorusse fossero composte da “mammolette”).

Peraltro, non si può nemmeno negare che è proprio l’assurda convinzione che l’Ucraina non sia altro che una sorta di appendice della “grande Russia” ad avere gettato gran parte della popolazione ucraina nelle braccia degli estremisti nazionalisti ucraini (e degli stessi americani, la cui ingerenza negli affari interni dell'Ucraina è nota e a cui non è stato difficile sfruttare il nazionalismo ucraino “in chiave antirussa”). Non riconoscere le ragioni storiche (certo complesse) del nazionalismo ucraino e quindi che “ucraino” non è sinonimo di “russo”, ha spianato la strada a coloro che sostengono che non si può essere davvero ucraini se non si è “russofobi”, vale a dire che i russi non possono che essere nemici degli ucraini.

Ed è proprio un’immagine “distorta” della realtà politica dell’Ucraina che ha indotto Mosca a ritenere di potere insediare un governo filorusso a Kiev, senza incontrare una vera resistenza militare, come se i vertici militari ucraini non fossero i più convinti difensori della sovranità e indipendenza del loro Paese. Che l’Ucraina sia governata da una “cricca nazista”, che con l’aiuto degli angloamericani avrebbe fatto una sorta di lavaggio del cervello al popolo ucraino, è infatti una delle tante sciocchezze della propaganda russa che scambia la propria immagine fasulla della realtà per la realtà.

In sostanza, benché nessuno sappia come potrà finire questa guerra, se anche la Russia dovesse riuscire a sconfiggere l’Ucraina o annettere una parte dell’Ucraina (il che, rebus sic stantibus, sembra assai improbabile ma non impossibile, dato che solo i guerrafondai euro-atlantisti  sono convinti che si possa vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso), in un certo senso la Russia di Putin (che ha pure dimenticato che l’Ucraina negli anni Novanta del secolo scorso rinunciò al possesso di armi nucleari, dimostrando così di avere un’enorme fiducia nella Russia) ha già perso questa guerra, perché ben difficilmente potrà risolvere definitivamente la “questione ucraina” con l’uso della forza.

Tuttavia, riconoscere la prepotenza e il fallimento strategico della Russia di Putin (che, oltre a non essere riuscita a “rovesciare” il governo di Kiev - obiettivo principale dell'invasione russa dell'Ucraina -, ha ottenuto l’opposto di quel che si proponeva, dato che, se voleva “meno Nato”, almeno per ora ha ottenuto solo “più Nato”) non significa che non vi sia più spazio per una soluzione negoziale di questo conflitto e che sia necessario condividere la narrazione euro-atlantista secondo cui in Ucraina si starebbe combattendo una guerra tra “democrazia” e autocrazia. Le “ragioni” geopolitiche (si noti il plurale) della guerra russo-ucraina (che è anche una guerra civile) sono innegabili ed è evidente che pure la trasformazione dell’Ucraina in una fortezza della Nato rappresentava una minaccia per la Russia, tanto più seria dopo la “rivolta” o il “golpe” di Maidan (che portò alla caduta del governo filorusso di Janukovyč) e lo scoppio della guerra civile nel Donbass.

È pure ovvio che le ambizioni dei nazionalisti di Kiev e gli “appetiti” della Nato sono cresciuti in questi mesi di guerra, al punto che si ritiene che l’esercito ucraino abbia il diritto di riconquistare non solo i territori perduti dopo l’invasione russa dello scorso febbraio ma tutto il Donbass e addirittura la Crimea, come se mettere la Russia (che è comunque una “superpotenza” nucleare”) con “le spalle al muro” - e quindi favorire la strategia dei guerrafondai euro-atlantisti (il cui scopo principale consiste nel “tagliare i ponti” tra la Russia e l’Ue e nell’infliggere una sconfitta devastante alla Russia) - fosse l’unico modo di difendere gli interessi vitali dell’Ucraina e il benessere morale e materiale del popolo ucraino. D’altra parte, è noto che decine di Paesi, il cui ruolo economico e geopolitico è sempre più importante, non hanno imposto alcuna sanzione alla Russia e che, anche se non condividono il modo in cui Mosca ha deciso di risolvere la questione ucraina, non sono più disposti a tollerare che l’America sia l’arbitro della politica internazionale e dell’economia mondiale. 

Comunque sia, si deve sempre tenere presente non solo è inaccettabile ogni forma di russofobia (compresa ovviamente la discriminazione delle minoranze russe nelle ex repubbliche dell'Unione Sovietica) e che la storia e la cultura russa sono parte costituiva della identità europea, ma che è interesse dell’Europa e in specie di alcuni Paesi europei (Italia inclusa) cercare di porre termine a questa guerra mediante la diplomazia, naturalmente senza che si debba mettere a repentaglio la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (del resto, si può trattare anche se si continua a combattere - basta pensare alla guerra di Corea o alla guerra del Vietnam -, anche perché la possibilità di arrivare ad una soluzione negoziale dipende pure da Mosca). In altri termini, gli indubbi e gravi “difetti” del regime di Putin non possono in nessun modo essere una sorta di foglia di fico per nascondere le vergogne di un euro-atlantismo che è l’opposto di un vero europeismo (la stessa questione dei “difetti” del regime di Putin concerne soprattutto il popolo russo, ché non si può certo ritenere che per trattare con Mosca si debba prima abbattere il regime di Putin), giacché anche questa guerra ha dimostrato che gli interessi economici e geopolitici dell’Europa sono assai diversi da quelli degli Stati Uniti. 

Non si tratta però di difendere solo degli interessi economici. La stessa questione del multipolarismo rappresenta una sfida geopolitica e culturale che non si può ignorare, dato che ormai non si può non tener conto che la comunità internazionale non coincide con la comunità occidentale né a maggior ragione con l’“anglosfera”. In definitiva, può darsi che una geopolitica “dal volto umano” sia un sogno irrealizzabile, ma nell’età della “tecnica scatenata” rappresenta una sfida cui non ci si può sottrarre, se perfino Carl Schmitt (che non si può certo accusare di non essere un pensatore “realista”) ebbe a scrivere che “è agli spiriti pacifici che è promesso il regno della terra. Anche l’idea di un nuovo nomos della terra si dischiuderà solo a loro”.

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