venerdì 22 settembre 2023

WHAT IS THE PLAN FOR VICTORY?

"What is the plan for victory?”, ha chiesto McCarthy, speaker della Camera dei Rappresentanti degli Usa. Domanda semplice ma che "mette il dito sulla piaga" perché, com'è noto, non vi è alcun piano per la vittoria. Vi sono soltanto delle analisi militari dei vari think tank angloamericani, che, per quanto possano essere rigorose (certo assai diverse da quelle di patetici e ridicoli "youtuber" italiani), ben poco o nulla hanno a che fare con un'analisi strategica e (geo)politica.* 

Eppure in guerra contano soprattutto i fattori (geo)politici e strategici (altrimenti la Germania con ogni probabilità avrebbe vinto entrambe le guerre mondiali). Vale a dire che "navigare a vista" non è una strategia razionale, sempre che non si ritenga razionale giocarsi la vita alla roulette russa o cercare di arricchirsi giocando al lotto, solo perché è possibile che si vinca.

In sostanza, sperare che Mosca prima o poi sia costretta a gettare la spugna, raccontando(si) la "favola" di una Russia isolata, è solo wishful thinking. D'altronde, la domanda di McCarthy è quella che si sono già posti gli americani durante la guerra del Vietnam e poi in Iraq e in Afghanistan. E si sa come è andata a finire.

Pare lecito pertanto affermare che l'Ucraina e la Nato, preferendo una strategia offensiva anziché una strategia difensiva, rischiano di fare il passo più lungo della gamba. In altri termini, rinunciare a "capitalizzare" i notevoli successi di Kiev nel primo anno di guerra, per cercare di infliggere una "sconfitta totale" alla Russia, lo si può comprendere sotto il profilo ideologico, ma difficilmente lo si può definire un agire razionale  sotto il profilo (geo)politico. 

Del resto, non si dovrebbe dimenticare che trattare non significa arrendersi (ad esempio, nella guerra di Corea le trattative per giungere ad un armistizio cominciarono nel luglio del 1951 e si conclusero nel luglio del 1953),** né che nel suo libro I mille giorni di John F. Kennedy alla Casa Bianca Arthur M. Schlesinger Jr. ricorda che secondo il famoso storico militare britannico Liddell Hart non bisogna mai mettere un nemico con le spalle al muro ma si deve sempre dargli la possibilità di salvare la faccia ("Never corner an opponent, and always assist him to save his face").

D'altra parte, è ovvio che non è possibile imporre alla Russia di Putin una unconditional surrender come alle potenze dell'Asse (Germania, Giappone e Italia) nella Seconda guerra mondiale. Comunque sia, anche se la controffensiva ucraina ottenesse dei risultati significativi, ciò non si potrebbe considerare una "vittoria totale" dell'Ucraina (si badi che questo è il "punto" in discussione). E se anche crollasse il regime di Putin (che sta già pagando il costo della decisione di inglobare con la forza l'Ucraina nello spazio geopolitico russo) non si può ritenere che sarebbe sostituito da un regime filo-occidentale (non si deve cioè confondere la Russia con il regime di Putin), 

Certo il realismo geopolitico non ha lo scopo di far trionfare la giustizia sulla terra ma, proprio perché non ignora la realtà, si basa sull'etica della responsabilità, da cui dipende pure il futuro dell'Ucraina, tanto più che l’indipendenza e la sicurezza dell’Ucraina (come la sicurezza della stessa Europa) non necessariamente dipendono, se non in un’ottica nazionalista, dalla riconquista di tutti i territori ucraini occupati dalla Russia.

*Vi sono alcune eccezioni, ovviamente, come gli articoli di Richard Haass e Charles Kupchan The West Needs a New Strategy in Ukraine ("Foreign Affairs") e di Samuel Charap An Unwinnable War. Washington Needs an Endgame in Ukraine  ("Foreign Affairs").

**In pratica non sarebbe impossibile negoziare e al tempo stesso combattere al fine di ottenere una situazione il più possibile vantaggiosa per l'Ucraina. Si tenga comunque presente che se si arrivasse adesso ad un cessate il fuoco non si potrebbe certo parlare di vittoria russa o di sconfitta dell'Ucraina.

domenica 17 settembre 2023

CHE COS’È LA GEOPOLITICA?

Non passa giorno senza che vi sia chi cerca di suscitare il plauso della platea euro-atlantista sparando a zero contro  quelli che ritiene essere  degli agenti al servizio di Putin, tanto che perfino Lucio  Caracciolo, il direttore di Limes, è uno dei  bersagli degli euro-atlantisti. 

Ovviamente, che Caracciolo sia putiniano solo perché non è un propagandista della Nato lo può pensare solo chi sostiene che la guerra russo-ucraina non è "anche" (si badi: anche) una guerra per procura della Nato contro la Russia, ma al tempo stesso afferma che la Nato (e quindi pure l'Italia) è in guerra contro la Russia 

Comunque, a parte il disordine mentale che sembra caratterizzare il pensiero dei nostri "Amerikani nati in Italy", il problema più serio per costoro sarebbe non tanto che esista una rivista come Limes quanto piuttosto la geopolitica stessa.

Per alcuni "Amerikani nati in Italy" infatti la geopolitica sarebbe una pseudoscienza ossia una mera ideologia che vorrebbe  giustificare una concezione deterministica della storia e in sostanza  fascista o addirittura nazista.

Certo la geopolitica non è una scienza, dato che si avvale di contributi di varie scienze o discipline: la storia (in specie politica e militare), la geografia (non solo fisica ma economica e politica), la teoria delle relazioni internazionali, la demografia, la storia delle religioni, l'antropologia culturale, la filosofia politica e via dicendo.*

In sostanza, la geopolitica è caratterizzata da un "approccio multidisciplinare" al fine di elaborare un'analisi razionale del rapporto tra il Politico (quindi soprattutto i regni, gli imperi, gli Stati ecc.) e lo spazio o, meglio, la terra (ragion per cui il concetto di terra è duplice: da un lato denota l'ambiente in cui e grazie a cui i "mortali" possono vivere, dall'altro denota la terra in quanto "spazio" diverso dal mare, dal cielo e dal "vuoto cosmico").

In questa prospettiva, è lecito - almeno per chi scrive - intendere la geopolitica come l'analisi  dei diversi modi in cui si configura "nel corso della storia" il rapporto tra il Politico e i modi in cui i mortali abitano la terra (e quindi con ciò che Carl Schmitt definisce come Nomos della terra: l'occupazione di una terra, la sua spartizione e la sua "messa a frutto").

Pertanto, tenendo presente che l'uomo è un animale sia sociale che politico, essenziali sono non la cosiddetta "razza" o altre chimere ideologiche, bensì la storia e la cultura di un popolo (incluso l'ambiente - la "geo-grafia" - in cui un popolo "dimora") e il modo in cui si  "intrecciano" con la storia e la cultura di altri popoli. In altri termini, una concezione geopolitica è giustificata proprio dal fatto che di necessità i mortali abitano politicamente la terra.

*Per fare qualche esempio si pensi ad opere come Terra e Mare di  Carl Schmitt, Ascesa e declino delle grandi potenze di Paul Kennedy o The Grand Chessboard di Zbigniew Brzezinski.

lunedì 11 settembre 2023

I DUE "VOLTI" DELLA GUERRA RUSSO-UCRAINA

Ormai sembra evidente che il Comando ucraino e la NATO siano convinti che una guerra di logoramento  possa portare ad un "punto di rottura" della macchina bellica russa ovvero ad un cedimento dell'esercito russo in Ucraina tale da costringere la Russia a gettare la spugna.

Una strategia simile, del resto, caratterizzò l'America nella guerra del Vietnam. Dato che allora per gli americani  non era possibile invadere il Vietnam del Nord - puntando quindi direttamente su Hanoi - senza scatenare una guerra contro la Cina e la Russia, l'America decise di sostenere militarmente il Vietnam del Sud cercando di infliggere ai vietcong e ai nordvietnamiti perdite così gravi da costringere Hanoi a gettare la spugna (si trattava del cosiddetto "conto dei morti"). 

Com'è noto questa strategia funzionò per così dire "alla rovescia", giacché fu l'esercito americano che rischiò di arrivare ad un "punto di rottura", nonostante i numerosi successi tattici conseguiti dai soldati americani. Peraltro, la maggior parte degli americani si convinse che era assurdo continuare una guerra in cui non vi erano in gioco nemmeno interessi vitali degli Stati Uniti, tanto più che il regime di Saigon era un regime feroce e corrotto, non certo una democrazia liberale, di modo che per un buon numero di americani il vero nemico si trovava non ad Hanoi ma a Saigon e a Washington.

La guerra del Vietnam finì quindi con un completo fallimento politico e strategico degli Usa e con la totale sconfitta del Vietnam del Sud, nonostante gli Stati Uniti godessero di un'enorme superiorità militare ed economica rispetto al Vietnam del Nord.

L'attuale contesto storico ovviamente è del tutto diverso da quello che esisteva al tempo della guerra del Vietnam e soprattutto la guerra che si combatte in Ucraina è del tutto differente da quella del Vietnam, ma la questione che qui conta è se mediante una guerra di logoramento (poiché è praticamente impossibile che l'esercito ucraino con l'appoggio della Nato possa mirare ad occupare Mosca) sia possibile costringere il Cremlino a gettare la spugna. 

Chiaramente, il Comando ucraino e la NATO ne sono convinti per varie ragioni. 

Infatti, la Russia, secondo stime attendibili, ha già sparato 10-11 milioni di proiettili di artiglieria ossia una media di circa 20.000 al giorno (di vario calibro naturalmente). Si tratta di una cifra enorme, pari a tutti i proiettili di artiglieria che la Russia avrebbe prodotto o "riciclato" dopo il 2015, di modo che (anche senza prendere in considerazione la questione dell'usura delle canne, che concerne pure i pezzi di artiglieria ucraina ma di cui si sa assai poco) l'esercito russo non potrebbe più permettersi di continuare a sparare un numero così grande di colpi di artiglieria, neanche se la Russia nel 2024 producesse e "riciclasse"  due milioni di proiettili di artiglieria. 

D'altra parte, si stima che il numero di carri armati che la Russia può produrre o "recuperare" in un anno sia inferiore a mille (di cui solo 240-325 nuovi) ossia una cifra nettamente inferiore alle perdite di carri armati subite dalla Russia in questa guerra, per non parlare del fatto che l'esercito russo sta già impiegando numerosi carri armati obsoleti.

Vi è poi da considerare che l'esercito russo, oltre ad avere già perso gran parte dei suoi ufficiali e dei suoi soldati professionisti o semi-professionisti, continua a "soffrire" a causa di gravi difetti dell'apparato di controllo, comando e comunicazioni nonché di quello di intelligence militare, mentre le sanzioni starebbero già penalizzando la macchina bellica russa, dato che notoriamente l'industria russa dipende in notevole misura dalle tecnologia occidentale.

In sostanza, se l'aiuto militare ed economico dell'Occidente all'Ucraina non viene meno, si ritiene che l'esercito ucraino abbia buone probabilità di infliggere una sconfitta decisiva alla Russia. D'altronde, l'esercito ucraino può già contare su un sistema di artiglieria non solo più potente di quello di cui Kiev disponeva nei primi mesi di guerra ma soprattutto assai più preciso e "performante" di quello russo. 

Inoltre, l'aviazione di Kiev il prossimo anno dovrebbe  disporre di un discreto numero di aerei da combattimento occidentali, che potrebbero contrastare con successo le operazioni dell'aviazione russa, il cui livello operativo continua ad essere tutt'altro che elevato, nonostante goda di una netta superiorità numerica e qualitativa rispetto all'attuale forza aerea ucraina.

Tuttavia, se si è obiettivi, si deve prendere in considerazione anche l'altra "faccia della medaglia".

Le sanzioni possono "fare male" alla Russia, ma la Russia non è affatto isolata, anzi gode ancora di ottimi rapporti (politici ed economici) con buona parte del mondo (perfino con Paesi, come l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi, che si riteneva di potere "includere" nell'area di influenza americana od occidentale). Insomma, il "collo di bottiglia" può essere assai stretto ma non tanto da impedire alla macchina bellica russa di continuare questa guerra. 

Peraltro, anche se in Occidente si ritiene che le perdite russe (morti, feriti e dispersi) siano nettamente superiori a quelle ucraine, queste ultime sono più gravi considerando che la popolazione russa è il quadruplo o addirittura il quintuplo dell'attuale popolazione ucraina e che (almeno per ora) non vi sono seri segni di cedimento della Russia né sotto il profilo politico né sotto quello militare, sebbene vi siano delle forti "tensioni" all'interno dell'élite dominante russa (come ha dimostrato lo stesso "caso Prigozhin"). Comunque sia, è pure difficile immaginare che si potrebbe formare un governo russo filo-occidentale anche nel caso (non impossibile ma nemmeno probabile) che si verificasse una grave crisi politica del regime di Putin.

D'altro canto, non è scontato che l'aiuto occidentale all'Ucraina non possa incontrare degli "ostacoli" se la guerra dovesse durare a lungo. Nell'America stessa cresce il numero di coloro che temono che questo conflitto possa essere un "altro Afghanistan", anche perché non vi è una chiara strategia politica occidentale per porre fine alla guerra. Ma è pure noto che per molti americani Washington dovrebbe non impegnarsi eccessivamente nell'aiuto all'Ucraina ma concentrare i propri mezzi e le proprie risorse militari nell'Indo-Pacifico per fare fronte alla sfida la Cina (il governo americano è invece convinto che il sostegno degli Usa all'Ucraina sia essenziale per il rafforzamento di un "blocco occidentale" senza il quale sarebbe assai più difficile per l'America fare fronte con successo alla sfida con la Cina).

In definitiva, anche se è innegabile che l'Occidente sia riuscito ad impedire che l'Ucraina venisse inglobata con la forza nello spazio geopolitico russo, nessuno può sapere che cosa potrebbe accadere se la guerra dovesse durare a lungo. Indubbiamente è difficile che l'esercito russo  possa arrivare fino a Kiev o negare l'accesso al mare all'Ucraina, ma certamente non è neppure facile infliggere alla Russia una sconfitta tale da costringere Mosca a gettare la spugna. In altri termini, se oggi esistono le condizioni per "capitalizzare" o, meglio, cercare di "capitalizzare" (perché questo ovviamente dipende pure dalla Russia) il sostanziale fallimento politico-strategico della cosiddetta "Operazione militare speciale in Ucraina", non si può escludere che tra un anno o due - ossia nel caso che la guerra dovesse durare a lungo - la situazione possa essere decisamente peggiore per la Russia di quanto lo sia adesso ma nemmeno che possa essere assai meno favorevole all’Ucraina.


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Samuel Charap, An Unwinnable War. Washington Needs an Endgame in Ukraine (FOREIGN AFFAIRS).

Samuel Charap, Miranda Priebe, Avoiding a Long War U.S. Policy and the Trajectory of the Russia-Ukraine Conflict (RAND CORPORATION).

Seth G. Jones, Alexander Palmer,  Joseph S. Bermudez Jr, Ukraine’s Offensive Operations. Shifting the Offense-Defense Balance (CSIS).

Michael Kofman, Rob Lee, Perseverance and Adaptation: Ukraine's Counteroffensive at Three Months, (WAR ON THE ROCKS).

Rochan's Report, Ukraine Counteroffensive. Initial Assessment (June-August 2023). (ROCHAN CONSULTING).

Paul Schwartz, A War of Attrition. Assessing the Impact of Equipment Shortages on Russian Military Operations in Ukraine (CSIS).

Jack Watling, Nick Reynolds, Stormbreak: Fighting Through Russian Defences in Ukraine’s 2023 Offensive (RUSI).

Jack Watling, Nick Reynolds, Meatgrinder: Russian Tactics in the Second Year of Its Invasion of Ukraine (RUSI).

Jack Watling, Oleksandr V Danylyuk e Nick Reynolds, Preliminary Lessons from Russia’s Unconventional Operations During the Russo- Ukrainian War, February 2022–February 2023 (RUSI).

Mykhaylo Zabrodskyi, Jack Watling, Oleksandr V Danylyuk e Nick Reynolds, Preliminary Lessons in Conventional Warfighting from Russia’s Invasion of Ukraine: February–July 2022 (RUSI).


mercoledì 6 settembre 2023

LA CONTROFFENSIVA UCRAINA E LA RESISTENZA DEI RUSSI

Più passa il tempo e più è evidente che non è probabile che la controffensiva ucraina riesca a conseguire un reale successo tattico-operativo prima che cominci la cattiva stagione. Non è solo questione di estesi campi minati, di poche forze corazzate o meccanizzate e di pochi aerei da combattimento. Indubbiamente l'esercito ucraino si trova davanti una difesa russa troppo profonda per essere superata in breve tempo, considerando anche i non molti mezzi di cui dispongono gli ucraini per condurre un attacco contro le formidabili linee fortificate russe (sebbene le forze russe non siano scaglionate in profondità ma concentrate nei punti in cui attaccano gli ucraini). Ma è soprattutto l'ostinata resistenza dei soldati russi che è un ostacolo difficile da superare. 


Difatti, è innegabile che i soldati russi - o perlomeno la maggior parte di loro -, nonostante i gravi difetti dell'esercito russo (che, si badi, dipendono in buona misura proprio dai difetti del regime di Putin), si battano con notevole determinazione. In sostanza, l'esercito russo non saprà condurre una guerra offensiva ma sta dimostrando di sapere difendersi assai bene. Pertanto, contrariamente a quello che il Comando ucraino e i vertici della Nato si auguravano nella scorsa primavera, non si può ritenere probabile, nonostante il valore e il coraggio dei soldati ucraini, che si verifichi un “crollo” dell'esercito russo. Non a caso in Occidente già si parla della necessità di una nuova controffensiva ucraina la prossima primavera.


Certo, nelle prossime settimane gli ucraini continueranno ad attaccare per arrivare perlomeno fino alla ferrovia che collega Tokmok con Donetsk (sembra però che i russi adesso usino soprattutto degli autocarri per trasportare le munizioni dalle stazioni ferroviarie della Crimea al fronte), ma dovranno evitare sia di subire perdite troppo numerose (che l'esercito di Kiev non può permettersi) sia di essere attaccati sui fianchi, dato che il piccolo saliente che hanno creato nelle difese russe nella zona di Robotine-Verbove è ancora assai "stretto" (in pratica i russi potrebbero circondare le brigate ucraine più avanzate). Peraltro, non si deve dimenticare che si combatte aspramente anche in altri settori del fronte (in specie a Kupiansk, a Bachmut e nella zona di Velyka Novosilka).*


Insomma, anche se in guerra regna l'incertezza ed è quindi presto per parlare di un totale fallimento della controffensiva ucraina, è indubbio che non si stia assistendo ad un successo ucraino come quello dell'estate scorsa. D'altronde, i russi hanno avuto parecchi mesi di tempo per rafforzare il proprio esercito e costruire un sistema difensivo che sarebbe un ostacolo assai difficile da superare anche per un esercito molto più forte e numeroso di quello ucraino. Questo ovviamente è un serio un problema militare ma è anche e soprattutto un serio problema politico.

*Si veda comunque l'analisi di Michael Kofman e Rob Lee  https://warontherocks.com/2023/09/perseverance-and-adaptation-ukraines-counteroffensive-at-three-months/

Michael Kofman e Rob Lee concludono la loro analisi (rigorosa e dettagliata) della controffensiva ucraina affermando: "Western support thus far has been sufficient to avert a Ukrainian defeat, and arguably has imposed a strategic defeat on Russia, but not enough to ensure a Ukrainian victory. Independent of the outcome of this offensive, Western countries need to be clear-eyed about the fact that this will be a long war. Taken together, Western industrial and military potential greatly exceeds Russia’s, but without the political will, potential alone will not translate into results."

Ma avere evitato la sconfitta dell'Ucraina e avere conseguito una vittoria strategica contro la Russia (che non è riuscita ad insediare un governo filorusso a Kiev, né ad occupare Kharkiv, né a negare l'accesso al mare all'Ucraina, né ad occupare tutto il Donbass, che deve far fronte ad una Nato più forte, che ha rotto i ponti con l'Europa occidentale, che dipende sempre più dalla Cina, che ha seri problemi economici e sociali e via dicendo), non equivarrebbe ad una vittoria politico-strategica dell'Ucraina, se Kiev ottenesse garanzie politiche e militari dall'Occidente tali da impedire alla Russia di potere aggredire nuovamente l'Ucraina senza rischiare di scatenare una guerra mondiale?