martedì 26 marzo 2024

LA PACE SI PREPARA CON LA POLITICA

Indipendentemente da quel che si possa pensare del regime di Putin (che non è affatto una "blanda socialdemocrazia" come qualcuno afferma, ma un regime autocratico e illiberale, anche se non peggiore di altri regimi illiberali con cui l'Occidente neoliberale ed euro-atlantista intrattiene "buoni" rapporti), il torto della Russia è stato quello di volere risolvere con le armi una questione (geo)politica complessa come quella ucraina o, se si preferisce, della presenza della Nato ai confini occidentali della Russia.

Le conseguenze disastrose (in larga misura inevitabili e in particolare proprio la distruzione dei rapporti tra l'Europa occidentale e la Russia, che convenivano, non solo sotto il profilo economico, tanto alla Russia quanto ai Paesi dell'Europa occidentale) di questa scellerata decisione sono ormai note a chiunque. 

Ma altrettanto scellerata e in un certo senso perfino più pericolosa è l’attuale strategia del cosiddetto “Occidente collettivo” nei confronti della Russia, che in pratica non è altro che il frutto di una concezione meramente ideologica del mondo, al punto che non ci si rende conto o, peggio, non si vuole comprendere che la condanna del regime di Putin non implica affatto che si debba fare l'apologia del regime nazionalista ucraino. 

Ci si ostina pertanto ad inseguire il sogno di una “vittoria totale” contro la Russia, prendendo addirittura in considerazione l'invio di truppe della Nato in Ucraina. Si sostiene, infatti, che con la Russia di Putin non si può trattare (quasi che fosse possibile mettere fine alla guerra occupando Mosca!) e che comunque Putin avrebbe già deciso di attaccare dei Paesi della Nato nei prossimi anni. 

In altri termini, si dà per scontato che scoppierà la guerra tra la Nato e la Russia. E non ci vuole molto per capire che questo modo di pensare rischia di essere una sorta di "profezia che si autoavvera", dato che si è rinunciato a trattare con la Russia (che ovviamente non significa arrendersi alla Russia), anche quando secondo lo stesso generale americano Mark A. Milley era necessario ossia alla fine dell'estate del 2022.

Insomma, mentre per contrastare l'imperialismo dell'Unione Sovietica non si abbassò la guardia ma al tempo stesso si evitò di forzare la mano, facendo invece leva sui difetti del sistema sovietico (e si trattò di una strategia “razionale” che si rivelò vincente), nei confronti della Russia di Putin si vuole agire in senso opposto, benché sia evidente che in una prospettiva realistica la difesa dell'indipendenza dell'Ucraina) dovrebbe essere una questione non solo meramente militare ma anche e soprattutto (geo)politica, dato che è pura follia pensare che la sicurezza dell'Europa, da cui del resto dipende pure quella della stessa Ucraina, si possa difendere con la guerra della Nato contro la Russia.

In sostanza, se per il regime ucraino o altri Paesi della Nato la guerra potrà finire soltanto con una "vittoria totale" contro la Russia (che - repetita iuvant - è ben diversa dalla difesa dell'indipendenza dell'Ucraina), allora la scelta dovrebbe essere tra la difesa della sicurezza dell'Europa occidentale (che non corre certo il rischio di essere invasa dalle armate russe) e quella dell'Ucraina o di altri Paesi della Nato, per i quali la Federazione Russa è un nemico solo per il fatto che esiste. D'altronde, è proprio l'insipienza strategica e (geo)politica degli euro-atlantisti che può rendere inevitabile una tale alternativa (che non sarebbe tra putiniani e antiputiniani, meglio precisarlo). Ed è inutile dire come dovrebbe agire chi non è così accecato dalla russofobia da non sapere distinguere la Russia di Putin dalla Germania nazista, cui si poté imporre una unconditional surrender. 

In conclusione, è lo scopo politico che si vuole raggiungere che conta in guerra, se la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi, e in politica "giusto" è ciò che è "necessario" fare per la tutela del benessere morale e materiale della comunità di cui si fa parte.


sabato 16 marzo 2024

LA STRATEGIA DEI SONNAMBULI

Che Putin abbia sempre saputo che la Nato non aveva intenzione di aggredire la Russia (di fatto non ne aveva nemmeno la possibilità, tranne per quanto concerne una guerra nucleare) è vero. Tuttavia è chiaro che se truppe europee della Nato intervenissero nel conflitto in Ucraina l'Europa sarebbe in guerra con la Russia. E se l'aviazione di alcuni Paesi europei dovesse cercare di fare la differenza (dato che gli eserciti europei hanno pochi uomini e pochi mezzi), dovrebbe necessariamente colpire in profondità la Russia, rischiando così di scatenare una guerra totale. E se dovesse intervenire pure l'esercito americano (l'unico a potere fare la differenza in un conflitto di terra contro l'esercito russo in Ucraina, dato che ci vorranno anni per rafforzare gli eserciti europei) sarebbe perfino più probabile non evitare una guerra totale e quindi nucleare (gli americani, del resto, non rinuncerebbero certo ad un impiego massiccio della propria aviazione). 

Peraltro, l'Ucraina non fa nemmeno parte della Nato e quindi se intervenissero solo alcuni Paesi della Nato non si potrebbe neppure applicare l'articolo 5 della Alleanza  Atlantica (che comunque non implica necessariamente un intervento militare di tutti i Paesi della Nato nel caso sia attaccato un Paese della Nato, contrariamente a quanto molti affermano).

D'altra parte, l'Europa non riesce nemmeno a produrre le munizioni di cui l'Ucraina ha bisogno e ha pure gli arsenali quasi vuoti. Certo, se arrivassero di nuovo gli aiuti militari americani all'Ucraina, la situazione dell'esercito ucraino anche per quanto concerne le munizioni di artiglieria probabilmente non sarebbe così grave come affermano i sedicenti esperti putiniani (che paragonano il numero delle munizioni di artiglieria di "tutti" i tipi prodotte o sparate dai russi alle munizioni da 155 prodotte dall'Occidente ovverosia senza calcolare pure le munizioni  per i pezzi di artiglieria da 122 e 105 e i mortai da 120 e 81).

Nondimeno anche la difesa aerea ucraina è in difficoltà per mancanza di un numero sufficiente di missili antiaerei, mentre l'esercito russo non ha problemi a continuare ad attaccare (gli stessi analisti militari occidentali ritengono che la macchina bellica russa non avrà seri problemi prima del 2026) anche con l'aviazione, che adesso con le bombe plananti sta infliggendo colpi duri alla difesa ucraina (si sa che all'Ucraina dovrebbero essere consegnati alcune decine di caccia F-16 ma, a parte che si tratta di pochi aerei soprattutto se si considera il numero degli aerei da combattimento russi, pare che quest'estate gli ucraini ne potranno disporre meno di dieci). 

D’altronde l’esercito ucraino, benché sia ancora capace di infliggere gravi perdite alle Forze Armate russe, ha troppi problemi non solo di mezzi ma pure di uomini. Ad esempio solo il 30% dei mobilitati è impiegato al fronte e ancora non è stata approvata la legge che abbassa la soglia minima dell'età di leva da 27 a 25 anni (ed è una soglia minima sorprendentemente troppo alta), mentre aumenta la renitenza alla leva e pure il rischio di un crollo del fronte interno. In definitiva, il pure il “morale” degli ucraini non è più quello della primavera del 2022.

Questa è la realtà. Ma non è solo questione di armi e mezzi. Putin, infatti, non ha alcuna intenzione di ritirarsi dall'Ucraina e può ancora contare sul sostegno dei russi, tranne un'opposizione che non è insignificante ma il cui "peso politico" è irrilevante. Certo il regime autocratico di Putin gode di notevole consenso anche perché controlla praticamente tutti i media russi è noto, ma questo non cambia la sostanza. In altri termini, anche se la militarizzazione dell'economia e della società russa gettano un'ombra inquietante sul futuro della Russia, attualmente non vi sono segni di una crisi del regime di Putin.

Un conto quindi è cercare di evitare una sconfitta (totale) dell'Ucraina ossia impedire una vittoria totale della Russia, un altro cercare una vittoria totale contro la Russia. In sostanza, finché si farà dipendere la questione della difesa dell'Ucraina da quella della riconquista militare di tutti territori ucraini occupati dai russi (in cui peraltro gran parte della popolazione è filorussa, anche se pure in questi territori vi sono ancora molti ucraini che non sono affatto filorussi), si continuerà a cercare di correggere un errore con un errore perfino più grave.

Non si deve dimenticare, infatti, che non si sono date subito all'Ucraina le armi di cui aveva bisogno e al tempo stesso ci si è rifiutati di aprire una trattativa sulla questione della “sicurezza collettiva” (che ovviamente implica pure la sicurezza dell'Ucraina) sostenendo che prima i russi dovevano ritirarsi perfino dalla Crimea; dopo la mobilitazione parziale dei russi e la costruzione della “linea Surovikin”, anziché scegliere una “difesa attiva” si è preferito lanciare una controffensiva che poteva avere successo solo se fosse crollato il morale dell'esercito russo; fallita la controffensiva ucraina l’estate scorsa, c'è stato il “blocco” degli aiuti militari americani ed ora “si ciancia” di mandare truppe Nato in Ucraina.

Se questa è strategia, allora è la strategia dei sonnambuli.


venerdì 8 marzo 2024

PACE E "DISORDINE MENTALE"

La tesi dei cosiddetti “putiniani “ è nota: la Nato aveva messo un coltello alla gola della Russia, che di conseguenza ha dovuto reagire. La guerra della Russia contro l’Ucraina quindi sarebbe una guerra preventiva e necessaria ossia una “guerra giusta”.

Si tratta di una tesi che è senza fondamento, al punto che ignora  la fondamentale differenza tra pressione (geo)politica - che implica una reazione (geo)politica - e una grave e “imminente” minaccia militare, che implica un’azione militare preventiva. 

In sostanza, per chi scrive, si può anzi si deve criticare la narrazione "putiniana" della questione ucraina senza condividere la narrazione euro-atlantista, che nega che vi fosse una seria pressione atlantista (geo)politica nei confronti  della Russia, benché sia evidente che questa pressione vi fosse - ossia è un” fatto” come è un “fatto” che l’Ucraina non confina con gli Stati Uniti ma con la Russia - e che abbia pure “gettato benzina sul fuoco” rafforzando l’estremismo nazionalista russo e le “fobie” di Putin. (Inutile dire che si tratta di una posizione che implica una sorta di “ostracismo” per chi la sostiene).

Comunque sia, diversa da quella dei “putiniani” è la tesi dei cosiddetti “pacifisti” ( gli opinionisti e il direttore del FQ, Jorit ecc.). Questi ultimi, infatti, da un lato affermano di essere “pacifisti” e a favore della libertà (anche se proprio perché è illiberale il regime di Putin piace molto ai neofascisti e ai neostalinisti “putiniani”), dall’altro  ritengono che la guerra di Putin contro l’Ucraina sia una guerra necessaria ossia una “guerra giusta”. 

Ovviamente si tratta di una posizione che è esattamente l’opposto di quella che dovrebbe sostenere un “pacifista”, per il quale (se è coerente) non ci sono “guerre giuste” ( ma si sa che un conto è essere  a favore di una “pace giusta” , un altro negare il diritto alla legittima difesa ovvero difendere la “pace del cimitero”). 

Sarebbe cioè come se si affermasse che si è per la pace in Palestina e a favore di due Stati per due popoli e al tempo stesso si sostenesse che il governo di “Bibi” (che è “umano” né più né meno di Putin, Ghandi e lo stesso Eichmann) fa bene a “spianare” Gaza e a fare pulizia etnica in Cisgiordania.

Insomma, anche ammesso che i nostri "pacifisti" non siano dei “criptoputiniani” (ma se ne può dubitare), pure questo “falso pacifismo” è una delle tante manifestazioni del "disordine mentale" che caratterizza il nostro Paese , antiamericanismo incluso. 

Del resto, come esiste un anticomunismo "intelligente" (perlomeno nella misura in cui si forza di comprendere le “ragioni storiche” del comunismo, pur senza condividerle) e uno stupido e volgare, così esiste un antiamericanismo "intelligente" (ossia seriamente motivato e non contraddistinto dai più triti e insulsi stereotipi ideologici fascisti o comunisti, che sono ancora assai diffusi nel nostro Paese) e uno volgare e stupido, che non a caso è quello condiviso dalla maggior parte dei “putiniani” e dei sedicenti “pacifisti”.

Negli anni Settanta del secolo scorso la P2 e il terrorismo (rosso e nero, in quanto entrambi, sia pure per ragioni opposte, espressione di una immagine del tutto fasulla e distorta del mondo) gettarono il napalm su un processo di trasformazione del nostro Paese in senso democratico e socialista. Che il declino (non solo economico ma anche e soprattutto politico-culturale) del nostro Paese sia (anche) il “frutto avvelenato” di quegli anni è ben difficile negarlo, ma è una “lezione” politico-culturale che evidentemente pochi hanno imparato.