lunedì 29 aprile 2024

ONESTÀ INTELLETTUALE

Senza concedere nulla ai cosiddetti "putiniani" (termine del resto  usato a sproposito dagli atlantisti neoliberali ossia post-democratici) si capisce poco o nulla della questione ucraina se non si considera l'ostilità dell'Occidente atlantista neoliberale nei confronti della Russia per ragioni geopolitiche  e politico-culturali (che peraltro hanno favorito il nazionalismo estremo e il revanscismo russi, come se solo una politica di prepotenza potesse opporsi alla politica di prepotenza dell'Occidente atlantista). 

Ogni seria analisi della questione ucraina dovrebbe quindi prendere in considerazione la politica occidentale nei confronti della Russia a partire dal crollo dell'Unione Sovietica.

Non vi è dubbio, infatti, che sia stata (nella sostanza, si intende) una politica che aveva come scopo principale l'indebolimento o addirittura la disgregazione della Federazione russa, in quanto la Russia rappresentava, solo per il fatto di esistere, un ostacolo significativo al disegno di egemonia globale perseguito dall'America  - e in generale dall'oligarchia neoliberale occidentale - in specie dopo la scomparsa dell'Unione Sovietica.

mercoledì 24 aprile 2024

BREVE NOTA SULLA "SAPIENZA", LA STORIA E IL "POLITICO"

Secondo la studiosa di religioni e di filosofie orientali (nonché ultima compagna di Elémire Zolla) Grazia Marchianò (scomparsa recentemente, all'età di 83 anni)  da tempo anche in Occidente non si è più in presenza di uno "scientismo imperante", dato che la fisica contemporanea -  in particolare la fisica quantistica - conferma quel che il cosiddetto "misticismo" orientale ha sempre sostenuto. 

Vale a dire che la ricerca scientifica più avanzata confermerebbe la validità di una concezione non dualista (si badi però che "non dualismo" non significa monismo) del mondo, confutando così anche da un punto di vista scientifico la concezione dualista che contraddistingue le tre religioni monoteiste (anche se non la dimensione "esoterica" o comunque "mistica" di queste religioni)  e che soprattutto a partire dalla  distinzione cartesiana tra res cogitans e res extensa ha caratterizzato il pensiero europeo-occidentale moderno.

D'altronde, è noto che anche Jung, sia pure secondo una prospettiva diversa da quella di Grazia Marchianò, riteneva che la fisica delle particelle subatomiche confermasse che non era più possibile opporre materia e psiche, tanto che la stessa idea di materia alla luce della fisica contemporanea sarebbe alquanto problematica (si veda Jung e Pauli. Il carteggio originale: l'incontro tra psiche e materia; sulla concezione junghiana della psiche si veda L. Aurigemma, Jung fra critica kantiana e ontologismo vedantico). 

Anche per la più nota allieva di Jung, Marie-Louise von Franz, la ricerca sulla psiche e la fisica contemporanea mostrerebbero che la struttura profonda della psiche non differisce nella sostanza da quella del mondo fisico.

Orbene, ammesso che questa interpretazione della fisica contemporanea sia valida (ma è questione controversa), si potrebbe affermare che si è abolita  ogni forma di dualismo? 

Certo, oggi è proprio la ricerca più avanzata della fisica che prova che è difficile sostenere la validità di una concezione dualista del mondo come quella cartesiana o comunque un "ingenuo" e "volgare" materialismo .

Tuttavia, il problema del dualismo non pare affatto risolto se si prende in considerazione la questione della storia (cui è connessa la questione del "politico" e di conseguenza quella della tecnoscienza, il cui ruolo per quanto concerne la lotta per l'egemonia o per il potere è sempre più rilevante).

Del tutto illusorio, infatti, è cercare di spiegare il divenire storico con la ierostoria, i cicli cosmici ecc., dato che si tratta di spiegazioni che in pratica negano  la serietà della storia (e quindi anche la serietà della nostra vita individuale, poiché riconoscere le radici universali del nostro sentire e del nostro sapere non significa, come osserva Aurigemma, annullare la propria individualità).

Peraltro "ignorare" la storia - ovverosia ritenere che sia necessario, per così dire, un' "uscita dal mondo" al fine di prendersi cura solo di sé stessi o del "Sé" (da non confondere con l'io) equivale appunto a contrappore la dimensione spirituale (comunque la si intenda) a quella storica (e politica).*

Insomma è inevitabile che una concezione spirituale (che sia una religione o una dottrina spirituale esoterica sotto questo profilo poco importa) che non sia (più) in grado di "orientare" il divenire storico ovverosia a caratterizzare il processo di civilizzazione si configuri come una dimensione spirituale "impotente", cioè scissa dalla potenza.

 In altri termini il dualismo cacciato dalla porta rientrerebbe dalla finestra.

Ovviamente non si tratta di fare l'apologia di questa forma di dualismo. Quel che invece occorre evidenziare è che la questione del rapporto tra ciò che si definisce come sapienza"* e la storia, che concerne anche la possibilità di un'opera di "trasformazione del politico" (da non confondere però con una aberrante strumentalizzazione politica della "sapienza", come dovrebbe insegnare la storia stessa delle religioni, giacché anche se sono riuscite a caratterizzare il processo di civilizzazione è pur vero che non raramente sono state usate per difendere gli interessi e i privilegi di gruppi dominanti), è comunque di capitale importanza per comprendere lo stesso significato della "sapienza" (come del resto  ben sapevano i Greci), sempre che non si condivida una concezione sostanzialmente nichilistica,*** secondo cui non esiste alcuna "sapienza", oppure una concezione (implicitamente) dualista, secondo la quale la "sapienza" non è di "questo mondo".


*Va da sé che non si tratta di negare la necessità un distacco dal mondo per sottrarsi ad ogni forma di conformismo e poter accedere ad una dimensione metastorica. Ma è noto che all'uscita dalla caverna segue un rientro nella caverna per liberare i propri "compagni" ossia la conoscenza deve farsi "verbo" (deve "comunicarsi"), altrimenti non vengono nemmeno recise le radici dell'ego. Pertanto, in un certo senso è vero che "ci si libera" insieme anche se si ammette la possibilità di una "liberazione" individuale.

**Chiaramente con questo termine non si designa la confusa mescolanza di idee e pratiche assai differenti che contraddistingue la cosiddetta "New Age" ma (ad esempio) quel che Giorgio Colli definisce come "sapienza greca" (al riguardo si vedano i tre volumi di G. Colli, La sapienza greca) o quel che Elémire Zolla definisce come filosofia perenne, che coincide con lo stato naturale della mente, in quanto quest'ultima non si costituisce come un soggetto opposto all'oggetto, ma si "perde" in esso ossia nell'Uni-totalità, di modo che scompare la convinzione o illusione di essere una individualità separata dal Tutto (si veda E. Zolla, Filosofia perenne e mente naturale), benché sia necessario distinguere tra "non separazione" (che ammette diversi gradi di unione o unificazione) e totale annullamento della individualità. Peraltro, la stessa filosofia (basti pensare al neoplatonismo) si può configurare come un sapere che si può definire "sapienziale". In definitiva, il nostro sapere non può non consistere di congetture, e anche per quanto concerne la "sapienza" quindi si tratta di congetture con fondamento ma il fondamento in questo caso non è solo la ragione discorsiva ma anche e soprattutto l'intuizione intellettuale.

***Massimo Cacciari osserva in Della cosa ultima che la critica della ricostruzione heideggeriana del destino della metafisica occidentale come onto-teologia sarebbe oggi inconcepibile senza l'immenso lavoro storico di Werner Beierwaltes. Invero, per il (neo)platonismo, come dimostra Beierwaltes, non è tanto la questione dell'Essere che rileva quanto piuttosto quella dell'Uno e dei Molti. Si potrebbe quindi affermare che si tratta di una "dimensione sapienziale" che difficilmente si può definire come onto-teologia, con tutto quel che ne segue per la comprensione del rapporto tra metafisica occidentale e nichilismo. Comunque sia, è un "diverso" senso del sapere che caratterizza la metafisica che affonda le sue radici nel pensiero di Platone. E si tratta di un senso che ricorda (almeno sotto certi aspetti) la "sapienza orientale", benché pure quest'ultima sia in sé differenziata.



venerdì 19 aprile 2024

LA "QUESTIONE RUSSA" E IL FALLIMENTO DEI NEGOZIATI TRA RUSSI E UCRAINI AD ISTANBUL

Ora si può affermare che nella primavera del 2022 vi era veramente la possibilità di arrivare ad un accordo tra Russia e Ucraina. Nonostante vi fossero degli ostacoli non facili da superare, la trattativa tra russi e ucraini ad Istanbul procedeva bene. 

Tuttavia, come dimostrano Samuel Charap e Sergey Radchenko, i negoziati fallirono soprattutto per la russofobia degli estremisti nazionalisti ucraini, per l’ostilità nei confronti della Russia degli angloamericani e per il terribile massacro di civili ucraini compiuto dai soldati russi a Bucha.* Ovviamente si può capire perché gli ucraini non si fidassero ciecamente dei russi e si deve pure tenere conto della situazione militare che allora era favorevole a Kiev.

Comunque sia, contrariamente a quanto sostiene la maggior parte degli atlantisti, i negoziati che si svolsero ad Istanbul nella primavera del 2022 provano che non è impossibile accordarsi con la Russia per mettere fine alla guerra.

Chi scrive, del resto, non ha esitato a condannare l’involuzione autoritaria del regime di Putin e l’aggressione russa contro l’Ucraina, di cui pure gli italiani stanno pagando le conseguenze. 

Ma questa è solo una faccia della medaglia. Un conto, infatti, è criticare il regime di Putin un altro “ignorare” l’aggressività, l’ipocrisia e l’insipienza geopolitica dell’Occidente atlantista neoliberale, la cui russofobia non si spiega solo con l’ostilità di alcuni Paesi europei (si pensi alla Polonia per esempio) nei confronti della Russia per note ragioni storiche.

Il punto da capire è che la Russia è Europa ma non Occidente ed è questa differenza che spiega l’ostilità ideologica non tanto nei confronti del regime di Putin ma della Russia da parte dell’élite atlantista neoliberale. 

Ed è invece proprio questa differenza, indipendentemente dai gravi difetti del regime di Putin o dal modo tutt’altro che condivisibile in cui gli estremisti nazionalisti russi la “interpretano”, che spiega perché chi è davvero europeista non può essere né euro-atlantista né russofobo. 

*https://www.foreignaffairs.com/ukraine/talks-could-have-ended-war-ukraine.


mercoledì 10 aprile 2024

LA SICUREZZA DELL'EUROPA

Che pure l'euro-atlantismo costituisca un serio pericolo per l'Europa dovrebbe ormai essere chiaro a chiunque non sia accecato dalla russofobia. 

Difatti, vi è una notevole differenza tra affermare che arrivare ad un cessate il fuoco in Ucraina dipende anche dalla Russia e affermare che  arrivare ad un cessate il fuoco in Ucraina dipende solo dalla Russia.

Se si cancella questa differenza è ovvio che la guerra della NATO contro la Russia appaia pressoché inevitabile, dato che sono gli stessi euro-atlantisti a riconoscere che la Russia non ha alcuna intenzione di permettere all'esercito ucraino di riconquistare i territori ucraini occupati dall'esercito russo. .

Non a caso qualche giorno fa l'ISW (che è un think tank neocon) ha sostenuto che la Russia sarebbe già pronta ad attaccare la NATO nei prossimi anni, quasi che gli obiettivi del Cremlino fossero perfettamente noti né potessero cambiare a seconda della strategia della NATO.

E' evidente che una tale concezione, che sembra essere una sorta di "profezia che si autoavvera", dà per scontato che l'unico modo per difendere la sicurezza dell'Europa (inclusa la sicurezza  e l'indipendenza dell'Ucraina) sia un sostegno "incondizionato" al regime nazionalista ucraino, per infliggere una "sconfitta totale" alla Russia, anche se è innegabile che la Russia (non solo cioè la Russia di Putin) non potrebbe mai accettarla.

In sostanza, il cosiddetto "Occidente collettivo" sta commettendo (mutatis mutandis) lo stesso errore di Putin (vale a dire di volere risolvere con le armi la questione ucraina e della sicurezza collettiva in Europa), sebbene le conseguenze dell'insipienza strategica e della tracotanza degli euro-atlantisti (che già strumentalizzano la guerra in Ucraina per ridefinire i rapporti sociali nel modo più vantaggioso possibile per l'oligarchia neoliberale e i suoi zelanti servitori) rischiano di essere assai più gravi delle conseguenze dell'errore di calcolo strategico commesso da Putin aggredendo l'Ucraina. 

In altri termini, posto che un agire razionale sia contraddistinto da un'etica della responsabilità,  è certo irrazionale ritenere di potere sconfiggere con le armi la prepotenza dell'Occidente neoliberale e del capitalismo predatore occidentale (quasi che la storia del secolo scorso non avesse insegnato nulla), ma è altrettanto irrazionale ritenere di risolvere con le armi la crisi dell'egemonia occidentale e in particolare della maggiore potenza occidentale. 

Comunque sia, se la scelta dovesse essere tra la prepotenza di un regime autocratico (come certamente è il regime di Putin) e quella dell'oligarchia euro-atlantista, avrebbe poco senso porsi il problema della sicurezza della stessa Europa, sempre che la questione della sicurezza dell'Europa in realtà non concerna soltanto la difesa degli interessi di una élite dominante, benché sia pacifico che la prepotenza di un'autocrazia non è un'alternativa valida a quella dell'oligarchia neoliberale, dato che è perfino peggiore sotto il profilo politico e sociale.