giovedì 22 febbraio 2024

L'EUROPA AL BIVIO

Jeffrey Sachs in un articolo pubblicato il 12 febbraio scorso* ricorda le innumerevoli malefatte (e pure i notevoli fallimenti) della Cia. Nulla di nuovo, anche se è sempre necessario rinfrescare la memoria degli atlantisti neoliberali. Nemmeno la necessità di combattere il comunismo e in particolare quella di opporsi all’Unione Sovietica, infatti, può giustificare la politica di “prepotenza” dell’America nella seconda metà del secolo scorso, tanto è vero che non è certo cessata con la scomparsa dell’Unione Sovietica e la fine del “pericolo rosso”.

D’altronde, è anche noto il "coinvolgimento" degli Usa nel rovesciamento del governo di Viktor Yanukovych (non si conoscono i dettagli ma è sufficiente ricordare il ruolo di Victoria Nuland, benché non sia stata la "burattinaia di Maidan" come affermano i putiniani).  Naturalmente, per gli atlantisti o, meglio, per gli euro-atlantisti era ovvio che Putin avrebbe cercato di inglobare con la forza l’Ucraina nello spazio geopolitico russo. Tuttavia, non spiegano perché Putin lo abbia fatto nel febbraio 2022 anziché nel 2014 o nel 2015, quando cioè l’esercito ucraino era così debole che un buon numero di battaglioni ucraini che combatterono nel Donbass erano finanziati da oligarchi ucraini. Invero il modo in cui  gli euro-atlantisti “leggono” la questione ucraina è meramente ideologico ossia non spiega nulla e omette fatti rilevanti. 

Ad esempio, l’ostilità di principio nei confronti della Russia di Putin, anche se giustificabile sotto il profilo politico-culturale, sotto quello geopolitico ha certo avvantaggiato soprattutto gli ultranazionalisti russi, che non a caso criticavano Putin perché dopo Euromaidan non aveva cercato di abbattere il regime ucraino con le armi (allora lo stesso Dugin venne allontanato dall’università di Mosca per le sue posizioni nettamente favorevoli alla guerra contro l’Ucraina). Ma gli euro-atlantisti non hanno mai avuto come obiettivo principale la crescita politica e geopolitica dell’Europa, bensì il rafforzamento della dipendenza dell’Europa dall’America in quanto "gendarme" dell’ordine mondiale neoliberale e del capitalismo predatore occidentale. 

Viceversa, per gli europeisti il rafforzamento dei rapporti tra l’Europa occidentale e la Russia non solo era necessario proprio per mettere fine alla dipendenza geopolitica e politico-culturale dell’Europa dall’America ma avrebbe potuto anche favorire una trasformazione del sistema politico e sociale della Russia in senso democratico. Peraltro, più crescevano i rapporti economici tra l’Europa occidentale e la Russia (basta pensare al gasdotto Nord Stream 2, realizzato dopo che la Russia aveva annesso l’annessione della Crimea) e meno importante diventava l’Ucraina per la Russia, nonostante che si sapesse che per i nazionalisti russi l’Ucraina non poteva non appartenere all’aerea di influenza della Russia. Si poteva comunque ritenere che alla Russia non convenisse risolvere questo problema con le armi, dato che era scontato che una guerra di aggressione contro l’Ucraina avrebbe portato ad una rottura totale tra la Russia e l’Europa.

Nondimeno, anche prima del 24 febbraio 2022 l’involuzione autoritaria e perfino sotto certi aspetti totalitaria del regime di Putin non prometteva nulla di buono, tanto più che era chiaro che, oltre all'aggravarsi dei vari "mali" che affliggono il mondo occidentale, il declino dell’egemonia degli Usa e la crisi della Nato, diventata ancora più grave dopo il disastroso ritiro americano dall’Afghanistan, rischiavano di convincere il Cremlino che fosse possibile modificare gli equilibri di potere in Europa a vantaggio della Russia con una politica aggressiva e di fatto neoimperialista, quasi che una siffatta politica di "prepotenza" non potesse compromettere definitivamente i buoni rapporti con l’Europa occidentale e in specie con la Germania, la cui economia dipendeva in buona misura dall’importazione del petrolio e del gas russi.

Comunque sia, l’improvvida e scellerata decisione del Cremlino di risolvere la questione ucraina con le armi, oltre ad avere reso decisamente ostile nei confronti della Russia la maggior parte degli ucraini, ha tagliato tutti i ponti con l’Europa ed è chiaro che ormai sulla Russia di Putin, sempre più simile ad uno Stato che si potrebbe definire "neostalinista" anche se certamente non comunista, non è più possibile contare per “smarcarsi” dall’America senza cedere (s'intende) ad alcuna tentazione autoritaria o addirittura totalitaria.

Nondimeno, è ancora più evidente di quanto lo potesse essere negli anni scorsi che per l'Europa "smarcarsi" dall'America (di cui ormai nemmeno gli stessi euro-atlantisti si possono fidare ciecamente) ossia camminare “con le proprie gambe” e puntare su un “ordine” politico e sociale non illiberale ma nettamente diverso dal neoliberalismo e dal capitalismo predatore neoliberale, è un imperativo politico-culturale e strategico. Ovviamente non è affatto facile, ma l'Europa se non vince questa sfida (e purtroppo è probabile che non vi riesca,  dato che sono molti anzi troppi gli ostacoli da superare) non potrà evitare un declino irreversibile o perfino di peggio.

*https://www.commondreams.org/opinion/cia-destablizes-the-world.

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