In Occidente i neoliberali continuano a ripetere che è necessario difendere l'attuale ordine mondiale. Eppure è sotto gli occhi di chiunque che da molti anni non esiste più alcun ordine mondiale, benché sia noto che, scomparsa l'Unione Sovietica, l'America (rimasta l'unica vera superpotenza) cercò di imporre un ordine mondiale unipolare. Ma, fallito il progetto di instaurare un ordine mondiale incentrato sulla indiscussa egemonia americana, non si è assistito alla nascita di nessun altro ordine mondiale.
La crisi dell'egemonia americana è infatti coincisa con la nascita di una forma di multipolarismo che non si configura affatto come un nuovo ordine multipolare ma piuttosto come un "disordine mondiale" o, meglio, come un "disordine multipolare", favorito dalla crescita di nuove potenze (grandi e piccole), il cui principale scopo è quello di estendere la propria area di influenza ovverosia aumentare la propria potenza (militare ed economica) sfruttando il declino della potenza egemone liberal-capitalista.
Di conseguenza si è anche formata un'area geoeconomica non più egemonizzata dall'America o dall'Occidente (basta pensare ai BRICS), in quanto composta da Paesi che hanno acquisito una autonomia strategica e non intendono rinunciarvi per difendere gli interessi e i "valori" occidentali.
Si tratta però di Paesi con interessi assai diversi, tanto che tra alcuni di essi non vi è nemmeno un rapporto di "amicizia". Vale a dire che nemmeno i BRICS rappresentano un "polo geopolitico" anti-egemonico, benché la Russia si stia impegnando in questo senso, cercando di fare leva sia sulla collaborazione della Cina sia sul “risentimento” (indubbiamente giustificato) di buona parte del Sud del mondo nei confronti del mondo occidentale (e si tratta di un “risentimento” reso maggiore dalla incapacità dell’America di "mettere un freno" alla politica scellerata dell’attuale governo israeliano, che nemmeno il pogrom del 7 ottobre scorso può giustificare) o, se si preferisce, nei confronti del capitalismo predatore occidentale.
Nondimeno, anche se si può già affermare che esiste un "asse geopolitico" anti-egemonico costituito dalla Russia, dall'Iran e dalla Corea del Nord, almeno per ora non si è in presenza di un "polo geopolitico" anti-egemonico di cui faccia parte la Cina, anche perché i rapporti tra la Cina e la Russia sono più complicati di quanto possa sembrare. Peraltro, a differenza della Russia, per la Cina è ancora essenziale avere buoni rapporti con il mondo occidentale, sebbene la Cina di XI sia differente da quella di Deng che, pur essendo anch’essa caratterizzata dalla dittatura del partito comunista, era certamente meno “chiusa” di quella di Xi che non nasconde le sua ambizioni di egemonia, al punto di volere sfidare l'America anche sotto il profilo militare. Non si può pertanto nemmeno escludere che si formi un vero "blocco politico-militare" anti-occidentale che comprenda la Cina che conduce già esercitazioni militari con la Russia e l'Iran.
Comunque sia, è chiaro che nessuna vera potenza anti-egemonica (come la Russia o la Cina) o che comunque si contrapponga nettamente all'Occidente liberal-capitalistico (come l'Iran o la Corea del Nord) si può definire liberale o democratica (ad esempio l'India si può definire un Paese democratico ossia non illiberale e certo non anti-occidentale, anche se negli ultimi anni si è assistito ad una certa "involuzione autoritaria" del sistema politico indiano)*. Del resto, lo stesso regime "comunista" cinese - anche se si deve riconoscere che ha saputo con una lungimirante strategia politica usare gli apparati dello Stato e un'economia di mercato per ridurre la povertà e trasformare la Cina in un grande Paese industriale avanzato - si basa su un capitalismo perfino più aggressivo di quello occidentale per promuovere la crescita della potenza (economica e militare) della Cina.
Il rischio dunque che si corre è che si ripeta - mutatis mutandis, s'intende - quanto accadde nel secolo scorso, allorché le potenze cosiddette have nots, profittando del declino dell'egemonia della Gran Bretagna, cercarono di dar vita ad un ordine mondiale contraddistinto da un capitalismo predatore e da un imperialismo peggiori di quello britannico.
Tuttavia, è lo stesso Occidente che, generando problemi che non è in grado di risolvere, non solo ha rafforzato i propri “nemici” e rischia di inimicarsi Paesi che non sono nemici dell'Occidente ma ha creato una situazione in cui non è possibile che vi sia un ordine mondiale. In altri termini, è ormai evidente che nessun ordine mondiale può basarsi sui "valori occidentali" se questi ultimi sono quelli dell'attuale Occidente neoliberale. In questo senso, la crisi dell'egemonia americana o del mondo occidentale e la crisi del sistema liberal-capitalistico sono due facce della medesima medaglia.
In definitiva, solo se l’Occidente saprà “conciliare” libertà e giustizia sociale, incastonando l'economia in un ampio ventaglio di istituzioni, politiche, giuridiche, sociali e culturali (come era accaduto - sia pure parzialmente e in un contesto storico assai diverso da quello attuale - nella seconda metà del secolo scorso, in specie nei Paesi scandinavi),** si potrà ridefinire il rapporto tra mondo occidentale e Sud del mondo, in modo tale da promuovere nuove forme di cooperazione internazionale, senza cedere a tentazioni autoritarie o totalitarie ovverosia basate sul rispetto dei diritti umani e dei diritti dei popoli.
*Si potrebbe affermare che ormai anche le cosiddette "democrazie liberali" sono in realtà delle oligarchie neoliberali con alcuni elementi di democrazia, ma qui si usa il termine democrazia come sinonimo di sistema politico non illiberale, che presuppone la presenza di alcuni elementi di autentica democrazia come quelli che contraddistinguono ancora i Paesi occidentali.
**Ovviamente si tratta di istituzioni che sono sempre presupposte da ogni attività economica e quindi anche dal mercato, ma vi è una differenza sostanziale tra una "società di mercato" e una "società con mercato", come dimostra la stessa storia europea del secolo scorso.
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