domenica 22 gennaio 2023

I CARRI ARMATI TEDESCHI E LA DIFESA (NECESSARIA) DELL’UCRAINA

Non sembra affatto esagerato sostenere che gli insuccessi politico-militari degli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale sono dipesi non certo da inefficienza militare o da mancanza di potenza di fuoco, ma proprio dalla incapacità o dalla impossibilità di perseguire uno scopo politico con mezzi militari. Invero, se la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi, allora scopo politico e obiettivo militare devono necessariamente essere “convergenti”. In altri termini, il piano militare, benché distinto da quello politico-diplomatico, deve essere sempre in funzione di quest’ultimo.

Peraltro, sotto questo profilo, è poco significativo quanto accadde nella Seconda guerra mondiale, in cui praticamente questo problema non esisteva, giacché alle principali potenze dell’Asse si era a deciso di imporre una resa senza condizioni. Allora lo scopo politico – ossia il cambio di regime e perfino del sistema sociale ed economico delle potenze dell’Asse - si poteva perseguire anche con una guerra di annientamento se necessario. Nulla di simile è ovviamente possibile nei confronti della Russia, uno Stato che possiede circa 6.000 testate nucleari.

È in questa prospettiva, quindi, che si devono considerare i “tentennamenti tedeschi” per quanto riguarda la consegna dei carri armati Leopard 2 all’Ucraina. Vale a dire che il problema che questi “tentennamenti” della Germania hanno sollevato concerne soprattutto lo scopo politico-strategico della guerra che l’Ucraina sta combattendo contro la Russia, perlomeno nella misura in cui la guerra russo-ucraina è “anche” un conflitto tra la Nato e la Russia. (Non si deve, infatti, dimenticare che gli ucraini stanno pure combattendo una guerra di liberazione nazionale – ossia una “guerra patriottica” – contro la Russia, che è anche, in un certa misura, una guerra civile, il che del resto è la regola non l’eccezione in una guerra di liberazione nazionale).

Naturalmente, anche per la Germania è fuori discussione che l’Ucraina abbia il diritto di difendersi e quindi che si debba negare alla Russia una vittoria militare contro l’Ucraina. Nondimeno, lo scopo politico della Germania è evitare che si eriga una nuova cortina di ferro in Europa, non solo per ragioni economiche, come alcuni affermano, dato che la Germania- sebbene intenda difendere i suoi interessi economici (Nord Stream incluso) e quindi non abbia intenzione di “tagliare tutti i ponti” con la Russia (e ovviamente neppure di compromettere le sue buone relazioni con la Cina) - praticamente ritiene che avere dei buoni rapporti con la Russia (se non ora almeno dopo che sarà terminata questa guerra) sia comunque essenziale anche sotto il profilo geostrategico e geopolitico. D’altronde, non si può nemmeno dimenticare che il rapporto tra la Germania e la Russia è ancora “condizionato” da quel che è successo durante la Seconda guerra mondiale. 

Comunque sia, la Russia - in quanto tale, si intende – non solo per la Germania ma anche per altri Paesi europei (inclusa la Francia) è pur sempre parte costitutiva dell’Europa e i rapporti con la Russia costituiscono un “sovrappiù” (non solo economico ma anche politico e culturale) di fondamentale importanza per la stessa autonomia politico-strategica dell’Europa. Del tutto differente però è lo scopo politico di altri Paesi europei e in particolare della Polonia, dei Paesi baltici e pure della stessa Gran Bretagna, che mirano ad infliggere una sconfitta disastrosa alla Russia giacché considerano la Russia in quanto tale un loro nemico e perfino un nemico della civiltà occidentale o dei valori occidentali. La Russia, pertanto, anche quando sarà terminata questa guerra continuerà ad essere il nemico principale di questi Paesi e di coloro che ne condividono gli attuali principi (geo)politici o politico-culturali. Ed è proprio un simile scenario che la Germania vuole evitare.

Non meraviglia, pertanto, che gli Stati Uniti abbiano cercato di “mediare” tra queste due diverse e perfino opposte posizioni, ragion per cui si sono limitati a sostenere che è Kiev che deve decidere come difendersi. Affermazione comprensibile ma che in realtà significa ben poco dato che l’Ucraina dipende del tutto dagli aiuti economici e militari dei Paesi membri della Nato, che appunto hanno interessi economici e scopi politici differenti che adesso però rischiano di diventare un problema politico e militare assai grave all’interno della Nato, anche perché è evidente che degli aiuti militari per così dire “a spizzico” penalizzano non poco l’esercito ucraino.

In questo senso, è lecito ritenere che contino più i “tentennamenti” americani che quelli tedeschi. Gli americani, difatti, si sono rifiutati di consegnare agli ucraini aerei da combattimento occidentali e sistemi di artiglieria in grado di colpire “in profondità” il territorio russo, ossia dei mezzi militari che avrebbero permesso alla controffensiva ucraina di conseguire risultati assai maggiori di quelli, pur notevoli, conseguiti nel settembre scorso. D’altra parte, è indubbio che per l’esercito di Kiev per respingere l’attacco russo sia necessario disporre di un “pugno corazzato” nonché poter colpire le “arterie logistiche” dell’esercito russo che passano anche dalla Crimea (una operazione militare che, si badi, non equivale ad una invasione della Crimea). 

La questione dei mezzi militari necessari per la difesa dell’Ucraina, dunque, dipende da quel che si intende per difesa dell’Ucraina ovverosia dallo scopo politico che si vuole perseguire. Insomma, un conto è dare agli ucraini i mezzi necessari per costringere i russi a tornare sulle posizioni che occupavano prima del 24 febbraio scorso, un altro è puntare alla riconquista (con mezzi militari, non politico-diplomatici) anche della Crimea (o addirittura infliggere una sconfitta militare alla Russia tale da causare la caduta del regime del Putin o perfino la disgregazione della Federazione Russa). Quel che i tedeschi (e non solo loro) temono cioè è che si arrivi ad una escalation che potrebbe avere conseguenze disastrose per l’Europa o comunque tali da compromettere definitivamente i rapporti dell’Unione europea con la Russia.

Non è tanto allora la questione della consegna all’esercito ucraino dei Leopard 2 che conta, quanto piuttosto la mancanza di una chiara definizione dello scopo politico della Nato in questa guerra. Vale a dire che ora si deve decidere quale debba essere la strategia politica e militare della Nato contro la Russia.  E non c’è dubbio che questa decisione spetti a Washington, giacché non è un mistero che sia l’America a detenere non solo le “chiavi strategiche” dell’Ucraina ma pure quelle della Nato. In sostanza, è Washington che adesso dovrebbe tracciare una “linea rossa”, stabilendo qual è lo scopo politico della Nato in questa guerra, anche per chiarire bene all’opinione pubblica russa - non al Cremlino che lo sa perfettamente nonostante che menta spudoratamente per indurre il popolo russo a credere che sia la Russia ad essere aggredita e che quindi il popolo russo dovrebbe combattere una “guerra patriottica” contro l’Occidente - che lo scopo politico della Nato o, meglio, dell’America non è certo quello di distruggere la Russia ma di difendere l'indipendenza e la sovranità dell’Ucraina.

D’altronde, negare una vittoria alla Russia è sì necessario (anche se non è affatto facile) ma significa evitare che l’Ucraina venga inglobata con la forza nello spazio geopolitico russo e permettere agli ucraini di decidere liberamente del loro futuro. Consegnare allora dei carri armati di produzione tedesca all’Ucraina non sarebbe una decisione improvvida ma necessaria se appunto lo scopo politico della Nato fosse non quello di infliggere un colpo letale alla Russia (ammesso e non concesso che sia possibile), come si augurano i “falchi” della Nato, ma quello più limitato, anche se di gran lunga più “realistico”, di dare la possibilità all’esercito di Kiev di ripristinare “grosso modo” la situazione che esisteva prima del 24 febbraio scorso, e di garantire, una volta che si giungesse ad un cessate il fuoco, la difesa (anche con mezzi militari, si intende) dell’indipendenza dell’Ucraina.

In definitiva, è possibile difendere le “sacrosante ragioni” dell’Ucraina (anche consegnando dei carri armati tedeschi all'esercito ucraino, dato che si deve riconoscere che ne ha bisogno soprattutto se si tiene conto della capacità di mobilitazione e della produzione di armi della Russia)* senza rischiare di compromettere la sicurezza dell’Europa, che peraltro è essenziale per l’America stessa, qualora prevalga un agire strategico basato su una concezione “realistica” anziché meramente ideologica della “questione russa”, sempre che lo scopo politico dell’Occidente non sia quello di mettere la Federazione Russa con le spalle al muro “sfruttando” la scellerata e, sotto certi aspetti, perfino criminale decisione del Cremlino di aggredire l’Ucraina.

*Ovviamente è Kiev che deve decidere se vale la pena di continuare a combattere per riconquistare i territori perduti, rischiando pure una sconfitta militare, o se non ne vale la pena poiché comunque quel che conta per l’Ucraina è conservare la propria indipendenza, anche considerando che Mosca non è riuscita né ad insediare un governo filorusso a Kiev né ad impedire che la Nato si rafforzasse ai confini occidentali della Russia.

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