sabato 12 agosto 2023

IL SISTEMA: IL POLITICO E LA TECNICA*


Non è certo una novità che oggi per i vertici del potere politico ed economico o finanziario (non solo dell’Occidente) conta soprattutto la Tecnica (i semiconduttori, l’IA, le batterie per auto elettriche, i satelliti, le biotecnologie e così via). D’altronde, è palese che ormai non c'è più sfida geopolitica, sociale o economica che possa prescindere dalla potenza della Tecnica e che chi "rimane indietro" è perduto. 

In sostanza, è la Tecnica che oggi “fa la differenza” non certo l’ideologia, quale che essa sia, al punto che si può considerare come una “finzione produttiva”, utile soprattutto per giustificare o legittimare determinate posizioni di potere, nonostante che si debba riconoscere che in un sistema liberal-democratico o, meglio, neoliberale vi sono degli spazi di libertà, dato che una élite dominante neoliberale, a differenza di quanto accade in una dittatura  o in una “autocrazia elettiva”, non può usare il “bastone e il bavaglio” come metodo di regno.

In questa prospettiva, peraltro, ha poco senso parlare di un nuovo processo di "decolonizzazione" (del resto pure il "terzomondismo" del secolo scorso era soprattutto espressione di un marxismo nella sua fase terminale), dato che i diritti dei popoli dipendono sempre più da un contesto internazionale contraddistinto dalla lotta per l’egemonia (in cui il ruolo essenziale è svolto naturalmente dalla Tecnica) ovvero dalla competizione geopolitica e (geo)economica tra "potenze" (grandi o no che siano).

Ma un analogo discorso si potrebbe fare per quanto concerne i diritti sociali ed economici. Non a caso, in Occidente i diritti umani che contano sono soprattutto quelli civili, dato che tutto ciò che concerne la sfera pubblica e pure quella individuale appare sempre più sottomesso al “mercato”, che a sua volta dipende non tanto da “leggi economiche” quanto piuttosto da rapporti di potere (inclusi quelli che riguardano la “sicurezza nazionale”), che presuppongono il cosiddetto “primato della Tecnica” (sebbene si debba sempre tenere presente che il concetto stesso di "primato" è un concetto eminentemente politico, proprio come quello di potere o potenza).

Peraltro, non vi è bisogno di citare il grande storico francese Fernand Braudel per sostenere che al di sopra del “mercato”, in cui grosso modo vale la legge della domanda e dell’offerta, vige necessariamente la lotta per l’egemonia, sia sotto il profilo (geo)politico che sotto quello economico e sociale, senza che per questo si debbano condividere gli obsoleti e “incapacitanti” schemi concettuali marxisti (va da sé dunque che la stessa questione della Tecnica non può prescindere dalla lotta per l’egemonia  e viceversa).(1)

Attualmente perfino la differenza tra Occidente e Oriente (di fatto il “gigante cinese”) non ha quindi tanto a che fare con l’ideologia ossia con la contrapposizione tra mondo libero e autocrazia - o, per chi crede ancora alle “favole del Novecento”, tra capitalismo e socialismo - quanto piuttosto tra diversi centri di potenza (tra diverse volontà di potenza si potrebbe dire) in lotta tra di loro. In pratica, se si considera la contrapposizione tra la Cina e l‘America (e di conseguenza l’Occidente in quanto egemonizzato dall’America) sempre di “gabbie di acciaio” si tratta, nonostante le notevoli differenze tra i due sistemi politici.

In altri termini la “gabbia di acciaio tecnocratica” (una sorta di prigione senza muri) - che si può anche definire più brevemente come il Sistema - sembra essere il “nostro destino”, tanto che l'unica prassi politica possibile consisterebbe ormai nel potere scegliere tra i diversi modi in cui il Sistema si può sviluppare e configurare ovverosia tra le diverse "opzioni politico-sociali" offerte dal  Sistema stesso, essendo ogni altra scelta politica destinata a finire "nella discarica" della storia. Una questione (quella delle diverse "opzioni politico-sociali" possibili, s'intende) che indubbiamente ha la sua importanza, in specie per quanto concerne i diritti politici e civili, ma non decisiva se paragonata a quella che concerne l’essenza stessa del Sistema, in quanto quest’ultimo, basandosi comunque sulla potenza della Tecnica, di necessità deve accrescere la propria complessità e la propria potenza. Qualsiasi “situazione di equilibrio” (ossia qualsiasi limite) non può quindi che essere temporanea, dato che l’incremento illimitato della potenza del Sistema è sia il fine che il “motore” del Sistema.

Nondimeno, una crescita illimitata  di potenza e di complessità comporta pure che sia sempre maggiore il rischio di una “crisi catastrofica”. Come scrivono, infatti, Luke Kemp ed Erich K. Cline «When combined with ideas of systemic risk and the presence of a threshold effect for connectivity, there are grounds for believing that the larger and more interconnected a system is, the more susceptible it is to a catastrophe and the quicker and more complete will be its eventual disaggregation».(2)

Un conto, del resto, è mirare ad accrescere illimitatamente la propria potenza, un altro che non vi siano (più) limiti di nessun genere. Che il Sistema si stia già imbattendo in questi limiti può forse essere opinabile, ma non è certo un problema che riguardi solo la contrapposizione tra “apocalittici” e “integrati”, come dimostra la stessa questione dei "limiti ambientali", su cui si possono avere idee diverse ma che non sono solo il frutto della fantasia degli “apocalittici”, tanto che è lo stesso Sistema che li riconosce e al tempo stesso si propone di “superarli”, sia pure incrementando la propria potenza (e come potrebbe agire diversamente?).

Ma pure i limiti antropologici e sociali contano, anche se si mette in discussione la dicotomia “natura vs cultura”, proprio perché il fatto che l’uomo sia un animale storico e sociale non può non essere significativo per lo stesso Sistema, perlomeno nella misura in cui il Sistema si configura necessariamente sempre anche come un particolare sistema politico e sociale. E un animale storico e sociale non solo non può non “abitare”  la terra insieme con gli altri ma non può non agire in vista di qualche fine. E questo a maggior ragione vale per il Politico in quanto vuole e deve avvalersi della potenza della Tecnica in vista della conquista o della conservazione dell’egemonia.

La Tecnica comunque oggi è soprattutto la Tecnoscienza e quindi è assai diversa dalla tecnica antica, che si poteva considerare come uno strumento dell'uomo per raggiungere un determinato fine. La Tecnoscienza non ha, infatti, alcuno scopo preciso, ma  soprattutto è un “potere" di cui l'uomo non può disporre a proprio piacimento (in particolare è capacità di calcolo e di "manipolazione" di segni, cose e persone), e per quanto possa modificare i rapporti sociali e il nostro modo di “abitare” la terra, di per sé non produce nessuna coesione sociale né alcun senso intersoggettivamente condiviso. 

D’altra parte, è una pia illusione che si possa risolvere questo problema con i media mainstream  e l’attuale sistema educativo, che in realtà tendono a generare sempre maggiore frammentazione sociale e “conflitti identitari” che favoriscono le più pericolose forme di stasis (davvero significativa sotto questo profilo è l’attuale situazione sociale degli Stati Uniti, che in un certo senso si possono ancora considerare il Paese più “avanzato” non solo dell’Occidente ma del mondo).

Pare lecito quindi affermare che l’essenza della Tecnica è una volontà di potenza che ha come scopo principale l’incremento illimitato della propria potenza (praticamente si tratta dello stesso scopo politico del Sistema dato che è ancora la lotta per l’egemonia che contraddistingue il modo in cui l’uomo “abita” la terra).

Ciò nonostante, pure la coesione sociale è un fattore di potenza e la coesione sociale presuppone la capacità del Politico di istituzionalizzare il conflitto sociale, di difendere i legami comunitari e le diverse identità culturali che caratterizzano un sistema sociale. (3) D’altronde, nessun Sistema, per quanto potente, può perseguire dei fini che si escludono a vicenda o che distruggano la possibilità stessa di “abitare” la terra, in quanto presupposto necessario per l’esistenza stessa del Sistema. Vale a dire che il Sistema, se da un lato mira - e non può non mirare - ad accrescere la propria potenza illimitatamente grazie alla Tecnoscienza, dall'altro non può fare a meno di perseguire anche dei fini politici e sociali per consentire agli uomini di potere continuare  ad "abitare" la terra insieme con altri uomini. 

Comunque sia, che l’uomo sia un animale storico e sociale è indubbiamente vero ma è anche vero che è un animale politico e culturale - al punto da potersi esprimere con il linguaggio dell’arte - che vive grazie ad un ambiente non del tutto ostile e che peraltro l'uomo può pure cambiare con la tecnica per soddisfare i suoi bisogni e perseguire  molteplici e perfino opposti scopi. Tutto può essere pertanto il “mortale” fuorché indifferente nei confronti della terra che “abita” insieme con altri "mortali". 

Eppure è evidente che non è più possibile mettere in forma politico-culturale la Tecnica - ossia "domarla" - senza che su questa terra regni un’idea di potenza nettamente diversa da quella su cui si basa il Sistema, indipendentemente dalle sue varie configurazioni politiche. Tuttavia, anche se più volte nella storia si è espressa l'esigenza di "abitare altrimenti" la terra, nulla garantisce - per usare il lessico di Carl Schmitt - che sia possibile un nomos della terra, caratterizzato da un rapporto talmente agile e libero con la Tecnica da consentire agli "spiriti pacifici" di regnare su questa terra. 


Questo articolo è la prima parte (modificata) dell'articolo Il Sistema: il Politico, la Tecnica e il Capitalismo, pubblicato su Academia.edu.

(1) Si noti che non è neppure necessario condividere la cosiddetta "teoria del valore lavoro" di Marx (che com'è noto non riesce a spiegare la trasformazione del valore in prezzi) per parlare di sfruttamento del lavoro, dato che grazie a particolari rapporti di potere (politico ed economico) si possono imporre condizioni svantaggiose a chi vive del proprio lavoro (su questo argomento si vedano ad esempio C. Napoleoni, Valore, Milano, 1976,  P. Garegnani, F. Petri, Marxismo e teoria economica oggi, in Storia del marxismo, vol. 4, Torino, 1982, pp. 749-822, e S. Cesaratto, Heterodox Challenges in Economics, Cham, 2020, in specie pp. 36-58). Vedi anche F. Falchi, Il Sistema: il Politico, la Tecnica e il Capitalismo, pubblicato su Academia.edu.

 (2) L. Kemp, Erich K. Cline, Systemic Risk and Resilience: The Bronze Age Collapse and Recovery, disponibile sul sito Academia. edu.

(3) Non solo homo homini lupus ma anche homo homini homo è un "presupposto antropologico" del Politico e di conseguenza un "limite" del Sistema.

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