Che gli ucraini abbiano il diritto di resistere e di essere aiutati a resistere all'invasione russa e che la Russia di Putin, aggredendo l'Ucraina, abbia gravemente danneggiato l'Europa occidentale (Italia inclusa) che pure mirava ad inserire la Russia nel quadro politico europeo, rafforzato la “dipendenza” del Vecchio Continente dagli Usa (proprio quando l'egemonia americana è in crisi in buona parte del mondo anche per la crescita di varie potenze a livello regionale) e perfino offerto alla Polonia e ai Paesi baltici la possibilità di svolgere all'interno della Ue un ruolo politico di gran lunga maggiore dei principali Paesi della Ue, possono negarlo solo i filoputiniani che scambiano la fantapolitica per la geopolitica o addirittura pensano che i gravi problemi dell'Occidente neoliberale possano essere risolti da un’autocrazia come la Russia di Putin, che è sempre più simile ad uno Stato di polizia.
Tuttavia, la condanna della prepotenza della Russia di Putin non giustifica certo la prepotenza dell'Occidente atlantista* né implica che si debbano ignorare i deliri di politici polacchi e baltici ultranazionalisti e russofobi (benché si debba tener conto che ci sono delle precise ragioni storiche che inducono baltici e polacchi a diffidare dei russi) o i gravi “difetti” del regime nazionalista di Kiev, inclusa la presenza in Ucraina di una pericolosa criminalità organizzata (che mantiene pure rapporti con la criminalità filorussa) e di gruppi di estrema destra (ultranazionalisti, neofascisti o neonazisti) che, benché la loro forza elettorale sia minima, si sono infiltrati negli apparati dello Stato ucraino, al punto da condizionare la politica di Kiev e generare perfino una certa tensione tra Washington e Kiev a causa di alcune azioni compiute nel territorio della Federazione Russa (probabilmente avvalendosi anche del sostegno di estremisti di destra russi ma “antiputiniani”)**.
Peraltro, il nazionalismo ucraino rischia di far dipendere la questione della sicurezza dell’Ucraina dalla questione territoriale (cioè dalla riconquista di tutti i territori che appartengono all'Ucraina), favorendo così delle scelte che potrebbero (il condizionale è d’obbligo considerando che l'esercito di Kiev ha dimostrato di essere non solo valoroso ma pure assai capace) rivelarsi errate sotto il profilo militare, tanto più che la stessa strategia della Nato per quanto concerne il sostegno politico-militare all’Ucraina contro la Russia è tutt’altro che chiara, dato che la Nato corre il rischio di “fare i conti senza l’oste”, nella misura in cui non prende in seria considerazione che questa guerra è una guerra esistenziale per il regime di Putin (benché non lo sia per la Russia e al riguardo la politica fin qui seguita da Washington è indubbiamente “razionale”, dato che Washington ha ben chiaro che non si tratta di mettere a repentaglio l'esistenza della Federazione Russa, sebbene la "strategia reattiva" fin qui seguita da Washington potrebbe ritorcersi contro la stessa America, qualora l'esercito ucraino dovesse essere costretto a rinunciare alla possibilità di condurre una controffensiva nel più breve tempo possibile onde evitare una guerra di logoramento che può avvantaggiare solo la Russia).
D’altronde, almeno per ora, in Russia non sembrano esserci le condizioni politiche per mettere fine al regime di Putin e quindi ci sono ben poche possibilità che il Cremlino non sia in grado di imporre alla società russa notevoli sacrifici per potere condurre una guerra lunga. Del resto, la Russia non è affatto isolata, anzi non si può non prendere atto che le sanzioni imposte alla Russia hanno “accentuato” la differenza tra l’Occidente e gran parte del cosiddetto “resto del mondo”, che, pur non condividendo la decisione di Mosca di annettere una parte dell’Ucraina, ritiene che nel conflitto russo-ucraino siano in gioco soprattutto gli interessi del mondo occidentale e soprattutto non tollera più il vergognoso “doppiopesismo” che caratterizza la politica dell’Occidente atlantista.
Insomma, considerando che una guerra lunga difficilmente può avvantaggiare l’Ucraina, che ormai “sopravvive” solo grazie agli aiuti dell’Occidente (e pure questo condizionerà non poco il futuro dell’Ucraina), fare dipendere la sicurezza e l’indipendenza dell’Ucraina dalla scomparsa del regime di Putin o comunque da una sconfitta disastrosa della Russia (che è pur sempre una superpotenza nucleare) rischia non solo di portare acqua al mulino dello “zar russo” (che ha tutto l’interesse a presentare questa guerra come una guerra esistenziale per la Russia stessa, di modo che non solo per gli ucraini ma anche per i russi la guerra in Ucraina diventi una guerra patriottica) ma di rendere sempre più problematici i rapporti tra il mondo occidentale e il “resto del mondo”, danneggiando di conseguenza la stessa Ucraina, benché il governo di Kiev sembri non rendersene conto.
Comunque sia, in una prospettiva realistica si dovrebbe tener presente che la Russia ha già fallito il suo disegno strategico, che, com’è noto, consisteva nell’insediare un governo filorusso a Kiev e inglobare l’Ucraina nello spazio geopolitico della Russia. In sostanza, benché non si possano sacrificare gli interessi e i diritti del popolo ucraino sull’altare del realismo geopolitico, non si deve nemmeno ignorare che anche un’etica della responsabilità è incompatibile con un agire strategico che non tenga conto del realismo geopolitico. Limitarsi allora ad affermare che è solo “Kiev che deve decidere”, benché sia comprensibile e giustificabile dal punto di vista morale (soprattutto tenendo conto che gli ucraini difendono la loro terra - perché è indubbiamente terra ucraina, non certo russa, quella che gli ucraini difendono - con una tenacia e uno spirito di sacrificio non comuni) significa poco sotto il profilo geopolitico dato che le chiavi strategiche del conflitto russo-ucraino di fatto le possiedono i russi e gli americani.
In altri termini, pur riconoscendo che è necessario frustrare le ambizioni imperiali o, se si preferisce, imperialistiche della Russia di Putin e quindi che si deve aiutare l'esercito di Kiev a respingere l'attacco dell'esercito russo, non è chiaro che significhi che si deve aiutare Kiev “finché sarà necessario”. Vale a dire che sono proprio dei Paesi europei (in particolare la Francia, la Spagna, l’Italia e la Germania) che dovrebbero adoperarsi perché venga tracciata una sorta di “linea rossa”***, contando pure sul fatto che l’America non può permettere che si crei una spaccatura all’interno della Nato. Si dovrebbe allora precisare fino a che punto è necessario aiutare (militarmente) l’Ucraina affinché possa respingere l'attacco russo (sempre che sia davvero questo lo scopo che l’Occidente atlantista vuole perseguire) e di conseguenza “vincolare” l’aiuto militare all’Ucraina al raggiungimento di scopi politici “razionali” (lasciando quindi che la questione del regime di Putin sia risolta dai russi) ovverosia tali da non mettere a repentaglio la sicurezza e gli interessi vitali dell’Europa (che non sono diversi da quelli dell’Ucraina se quest’ultima deve essere parte dell’Ue).
In definitiva, pure la legittima difesa, per quanto possa essere giusta e necessaria, non può superare certi “limiti” (d'altra parte non si può non considerare che vi è anche una minoranza filorussa in Ucraina e in specie nel Donbas) anche e soprattutto perché è ormai palese che il pericolo che si corre è che sia l’America che la Russia “si spingano così avanti” che non possano più fare un passo indietro senza subire conseguenze disastrose e allora potrebbe non essere più la razionalità politica a guidare il loro agire strategico. In pratica (meglio precisarlo, onde evitare equivoci) occorrerebbe, anche a costo di scegliere una strategia più "energica" per quanto concerne gli aiuti militari all'Ucraina, cercare di arrivare ad una situazione il più possibile favorevole all'Ucraina sotto il profilo politico-strategico nel più breve tempo possibile, distinguendo nettamente tra sconfitta delle ambizioni imperiali di Putin e riconquista di tutto il Donbas e della Crimea o addirittura disgregazione della Federazione Russa.
*Ad esempio, nonostante che non si debba confondere la critica della prepotenza dell'Occidente atlantista con l'antiamericanismo da “fiera paesana”, che l’America pretenda di essere giocatore e arbitro al tempo stesso della politica e (di conseguenza) dell’economia mondiale è sufficiente conoscere la storia dell’America Latina per comprenderlo. Del resto, è indubbio che se ci fosse un Tribunale Penale Internazionale imparziale sul banco degli imputati non dovrebbero sedere solo russi, siriani o iraniani ma americani, francesi, israeliani, turchi, sauditi, birmani e via dicendo.
**Sulla questione della criminalità organizzata si vedano M. Galeotti, A. Arutunyan, “Rebellion As Racket. Crime And The Donbas Conflict, 2014-2022”, Global Iniatiative. Against Transnational Organized Crime (GIATOC), luglio 2022, e “New Front Lines. Organized Criminal Economies in Ukraine in 2022”, GIATOC, febbraio 2023. Per quanto concerne la questione dei gruppi di estrema destra si vedano V. Likhachev, “The Far Right in the Conflict between Russia and Ukraine”, Russia/NEI Center, luglio 2016, e M. Colborne (Gruppo Bellingcat), “From The Fires Of War: Ukraine's Azov Movement And The Global Far Right”, Ibidem Press, marzo 2022. Comunque è degno di nota che anche in Russia vi siano dei gruppi neonazisti come ad esempio il Gruppo Rusich che combatte insieme con il Gruppo Wagner (su quest’ultimo e i “legami” tra apparati dello Stato russo e criminalità organizzata si veda J. Stanyard, T. Vircoulon, J. Rademeyer, “The Grey Zone. Russia’s military, mercenary and criminal engagement in Africa”, GIATOC, febbraio 2023).
*** Al riguardo di notevole interesse, anche se opinabile sotto alcuni aspetti, è lo studio di S. Charap, M. Priebe, “Avoiding a Long War” (pubblicato sul sito della Rand Corporation) secondo cui ben difficilmente l’Ucraina può ottenere una “vittoria totale” contro la Russia e viceversa (si veda il mio articolo “Un anno di guerra” pubblicato su questo blog) e in ogni caso una guerra lunga può solo danneggiare gli interessi dell’America (ma si deve aggiungere che a maggior ragione danneggerebbe gli interessi dell’Europa occidentale). Secondo Charap, dunque ci si dovrebbe impegnare per arrivare ad una soluzione politica del conflitto russo-ucraino in un tempo ragionevolmente breve (ossia entro la fine di quest'anno).
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