Secondo l'analisi statistica di Trevor Dupuy nella Seconda guerra mondiale l'esercito tedesco (si badi, non la marina o l'aviazione) infliggeva regolarmente perdite a un tasso superiore di circa il 50% rispetto alle truppe britanniche e americane avversarie, in ogni circostanza ed era più efficace del 20-30% rispetto alle forze britanniche e americane che lo fronteggiavano. "Questo era vero quando attaccavano e quando si difendevano, quando avevano una superiorità numerica locale e quando, come di solito accadeva, erano in inferiorità numerica, quando avevano la superiorità aerea e quando non l'avevano, quando vincevano e quando perdevano."
Martin van Creveld , analizzando questi dati (Fighting Power: German and U.S. Army Performance, 1939-1945, Praeger 2007), nota che la dottrina tedesca dava grande importanza alla mobilità, alla flessibilità, alla sorpresa e alla velocità e quindi enfatizzava la manovra più che la potenza di fuoco.
La "battaglia continua" pertanto doveva mantenere l'iniziativa, di modo che la penetrazione, l'irruzione e lo sfondamento delle difese nemiche nei punti di resistenza più deboli erano solo mosse preparatorie che dovevano portare ad operazioni di accerchiamento e annientamento (Kesselschlacht).
Robert A. Doughty (The Breaking Point: Sedan and the Fall of France, 1940, Stackpole 2014) osserva che questo sistema traeva origine dalla tradizione tedesca dell'Auftragstaktik o "comando di missione", che obbligava i comandanti superiori a rimanere in posizione avanzata per sostenere l'indipendenza d'azione dei comandanti inferiori (ufficiali e sottufficiali) .
L'Auftragstaktik permetteva ad un comandante di agire in base alle circostanze del momento e di ignorare anche un ordine se la missione lo richiedeva. I tedeschi dunque insegnarono ai loro ufficiali e sottufficiali a prendere l'iniziativa e a continuare a combattere anche se veniva ucciso o ferito il comandante del reparto di cui facevano parte.
Ragion per cui Martin van Creveld sostiene che la dottrina militare americana (e quindi della Nato) enfatizza eccessivamente il ruolo dei servizi tecnici e di supporto nonché della potenza di fuoco (superiorità aerea, logistica, intelligence e comunicazioni), dato che la prima e principale funzione di un esercito è quella di combattere, non quella di amministrare il personale, raccogliere informazioni, portare rifornimenti e riparare veicoli.
Ovviamente per valutare correttamente le considerazioni di Trevor Dupuy e Martin van Creveld si deve tener conto di vari altri fattori ( si veda ad esempio Max Hastings, Their Wehrmacht Was Better Than Our Army, "Washington Post", 05/05/1985)*. D’altra parte, è innegabile che sotto il profilo logistico e dell’intelligence gli angloamericani nella Seconda guerra mondiale furono superiori ai tedeschi e che anche sotto il profilo operativo e dell’azione di comando fecero notevoli progressi nel 1944-45. Nondimeno è evidente che la cosiddetta “AirLand Battle”, che è un pilastro portante della dottrina militare della Nato (anche se ora si punta verso la cosiddetta "Multi-domain battle"), presuppone il dominio dell’aria, un’enorme “coda logistica” e una netta superiorità tecnologica.
(Si badi però che nella Guerra di Corea - certamente una guerra ad alta intensità – dopo lo sbarco americano ad Inchon e l’intervento cinese, l’esercito dell’Onu “a guida statunitense” - pure in questa guerra l’America fece la parte del leone - riuscì sì a far fallire l’offensiva cinese e ad infliggere perdite terribili ai cinesi e ai nordcoreani, ma poi si “impantanò” in una guerra di posizione, lunga e dolorosa, arrivando infine ad un sostanziale “pareggio”. Molti fattori difatti in guerra sono rilevanti e in modo particolare quelli politico-strategici).**
Comunque sia, per quanto concerne l’attuale guerra russo-ucraina, è ovvio che l’esercito ucraino adesso non può puntare né sulla maggiore potenza di fuoco né sul dominio dell’aria né sulla rapidità della manovra (sono troppo poche le brigate corazzate e meccanizzate di cui dispone).
La migliore soluzione in questo caso potrebbe consistere nell’avanzare cautamente con la fanteria (allo scopo di sopprimere le difese nemiche “avanzate” senza subire molte perdite, di portare avanti la propria artiglieria, di creare dei corridoi liberi da mine ecc.) e nell’indebolire il più possibile la principale linea di difesa nemica colpendo i centri logistici, di comunicazione e di comando nemici (in specie con l'artiglieria a lunga gittata ossia con razzi, missili ecc.). Si tratterebbe quindi di una strategia "indiretta", che mira a "strangolare" l'esercito nemico, evitando così di dovere combattere una serie di battaglie di logoramento.
Non a caso sembra che proprio questa sia la strategia scelta del Comando ucraino. Chiaramente l'attacco con il grosso delle unità meccanizzate e corazzate può essere sferrato, sfruttando anche le posizioni occupate dalla fanteria nella fascia di territorio in prossimità della principale linea di difesa nemica, solo quando almeno un settore di quest'ultima è notevolmente indebolito ovverosia è in grave crisi logistica.***
Certo è un compito tutt'altro che facile (anche perché le difese russe sono assai solide e l'artiglieria russa è in grado di infliggere perdite dolorose agli ucraini) e, com'è ovvio, è assai più difficile quando non si può contare né su un efficace supporto aereo né su una rilevante superiorità numerica (di mezzi e uomini). Lo stesso generale ucraino Oleskandr Syrsky ha affermato: "The Russians aren’t idiots. They aren’t weak. Anyone who underestimates [them] is headed for defeat" (https://www.economist.com/syrsky-interview).
In sostanza, è lecito concludere che la controffensiva ucraina è ancora nella sua fase iniziale, di modo che non si può sapere se avrà successo (né quale successo potrà avere), perché l'attrito può cambiare il “valore” di tutti i fattori bellici su cui si basa un piano di guerra, anche nel caso che si tratti di un ottimo piano di guerra.
D’altronde, come ha dimostrato la stessa Guerra di Corea, in guerra contano soprattutto i fattori politico-strategici, di modo che è ben difficile che gli ucraini possano ottenere una vittoria totale e definitiva contro la Russia, sempre che l’intero sistema politico e militare russo non crolli o non si disintegri. In altri termini, un cessate il fuoco che garantisse la sicurezza e l’indipendenza all’Ucraina (che ha già subito danni economici e ambientali colossali), lasciando alla politica e alla diplomazia risolvere la questione della integrità territoriale dell’Ucraina (ossia il ritorno ai confini stabiliti nel 1991) e della minoranza ucraina filorussa, con ogni probabilità sarebbe la soluzione migliore sia sotto il profilo del realismo geopolitico che sotto quello dell’etica della responsabilità.
In definitiva, una "macchina bellica" può essere molto efficiente ma se lo "strumento militare" non è adeguato allo scopo politico che si vuole raggiungere o se la strategia è poco chiara oppure basata su presupposti (geo)politici errati, allora è pressoché inevitabile perdere la guerra o che la guerra si concluda con un grave fallimento politico-strategico.
* Hastings però tende a "dimenticarsi" che le considerazioni di van Creveld valgono anche per l'esercito britannico ed esagera l'importanza dei mezzi corazzati e di altre armi dei tedeschi, mentre sottovaluta l'importanza della flessibilità tattico-operativa che contraddistingueva l'esercito tedesco anche per quanto concerne l'impiego dei mezzi corazzati. Peraltro, non pochi storici hanno messo in luce anche i difetti del Comando tedesco, resi perfino più gravi dalla ideologia nazista che aveva messo radici nella Wehrmacht più profonde di quanto di solito si ritiene (si veda David Stahel, The Wehrmacht and National Socialist Military Thinking, "War in History", Vol. 24(3), pp. 336-361, 2017). Sulla “efficienza bellica” delle Forze armate dei principali Paesi che combatterono nella Prima e nella Seconda guerra mondiale si vedano comunque i tre volumi di llan R. Millett, Williamson Murray (a cura di), Military Effectiveness, Cambridge University Press 2010.
** In generale gli storici e gli analisti militari angloamericani tendono ad ignorare o a sottovalutare il fatto che dopo la Seconda guerra mondiale gli Stati Uniti non vinsero in Corea e persero in Vietnam, e che pure l’intervento americano o, meglio, “a guida americana” sia in Iraq che in Afghanistan si è concluso con un grave fallimento politico-strategico della “coalizione occidentale” e degli Stati Uniti in particolare.
*** Offre una interpretazione di questa guerra (nonché delle sue cause) assai diversa e "controversa" John J. Mearsheimer (https://mearsheimer.substack.com/p/the-darkness-ahead-where-the-ukraine?utm_source=profile&utm_medium=reader2), secondo cui in Ucraina si sta combattendo una guerra di logoramento che avvantaggia nettamente la Russia, di modo che Mearsheimer sostiene che è assai probabile che la Russia vinca questa guerra, annettendo gran parte dell'Ucraina (Mearsheimer afferma pure che "è [...] probabile che la guerra si trascini per almeno un altro anno e che alla fine si trasformi in un conflitto congelato che potrebbe ritornare ad essere una guerra guerreggiata" - un esito che pure chi scrive ritiene non affatto improbabile ma che non equivale ad affermare che la Russia con ogni probabilità vincerà questa guerra).
Non è possibile in questa sede esaminare in modo approfondito l'analisi di Mearsheimer anche se non convince sotto diversi aspetti (si badi che Mearsheimer ritiene che gli Usa avrebbero dovuto allearsi con la Russia per contrastare l'ascesa della Cina), compresi quelli militari dato che non vi è nessuna prova che adesso si stia combattendo una vera guerra di logoramento (in cui le perdite dei difensori - che a loro volta conducono "feroci" contrattacchi -possono anche essere simili a quelle degli attaccanti, come ad esempio accadde nella battaglia di Verdun) nonostante che sia indubbio che pure gli ucraini abbiano subito perdite assai gravi, in specie a Bakhmut. Ma le stime del Pentagono nonché di noti Centri di studi strategici e di analisti occidentali sono assai diverse da quelle di Mearsheimer, che si basa su fonti russe e su un calcolo assai discutibile dato che Mearsheimer attribuisce alla superiorità dell'artiglieria russa - che però non è precisa come quella ucraina (gli Himars ecc. sono indubbiamente un'ottima "carta" che gli ucraini possono giocare) - la capacità di infliggere agli ucraini almeno il doppio delle perdite dei russi, anche nel caso che i russi attacchino incessantemente senza riuscire a sfondare il fronte. Comunque sia, è significativo che dopo avere preso Bakhmut, ma senza sfondare i fianchi dello schieramento ucraino, i russi si siano fermati, rinunciando ad attaccare la principale linea difensiva ucraina nel Donbas (ossia quella di Kramatorsk-Sloviansk). Si può invece affermare che le perdite ucraine "pesano" più di quelle russe se si considera la demografia, che, com'è noto, favorisce nettamente la Russia.
D'altra parte Mearsheimer non tiene conto che l'esercito russo (che adesso è composto soprattutto da riservisti e milizie varie) finora non è riuscito a condurre una "battaglia manovrata" con successo, sebbene non si possa escludere che sia in grado di difendersi con successo. Del resto, per ottenere una vittoria militare decisiva la Russia dovrebbe perlomeno occupare Kharkiv e Odessa e poi "gestire" una popolazione in gran parte ferocemente ostile nei confronti dei russi. Certo, se l'esercito ucraino dovesse crollare e la Nato non reagisse con "durezza" (ad esempio inasprendo la pressione geopolitica e militare ai confini della Russia, ma la Nato o alcuni Paesi della Nato potrebbero pure costituire una sorta di "barriera difensiva" per impedire alla Russia di spingersi fino a Kiev o ad Odessa), allora la Nato rischierebbe di sfasciarsi e l'America perderebbe la sua egemonia sull'Europa, che probabilmente, non avendo alcuna autonomia strategica, precipiterebbe nel caos. In pratica, se Mearsheimer avesse ragione, allora per l'Ucraina e l'America/Nato sarebbe una follia continuare questa controffensiva.