Le sanzioni imposte alla Russia non fanno certo bene all’economia e alla società russa ma rischiano di essere anche un'arma a doppio taglio, dato che sono troppi i Paesi che non intendono o non possono tagliare i ponti con la Russia, che peraltro continua a vendere petrolio, sia pure a prezzo inferiore a quello di mercato, non solo alla Cina e all'India ma pure alla Turchia, a Singapore e agli Emirati Arabi, che aumentano le esportazioni di prodotti petroliferi raffinati verso i Paesi occidentali, di modo che praticamente le sanzioni contro il petrolio russo vengono aggirate.
D'altronde, non solo perfino il Bangladesh nei giorni scorsi ha concluso un contratto con l'azienda russa Rosatom per la costruzione di un impianto nucleare del valore di alcune centinaia di milioni di dollari - che peraltro il Bangladesh pagherà in yuan anziché in dollari -, ma anche in Africa l'Occidente, per avere seminato vento, adesso raccoglie tempesta.
In sostanza, è il problema di una vasta area geoeconomica non più egemonizzata dagli Usa o in generale dall'Occidente che gli euro-atlantisti non possono risolvere continuando ad agire come se il mondo occidentale fosse il mondo, nonostante che il Pil dei Brics sia già leggermente superiore a quello dei Paesi del G7. Insomma, è ovvio che il multipolarismo, comunque la si pensi, è una realtà geopolitica di cui non si può non tenere conto.
D'altronde, anche se la storia del secolo scorso ha insegnato che la prepotenza del liberal-capitalismo non la si può combattere né con imperialismo, né con l'estremismo nazionalista (rosso o nero che sia), né con la soppressione di ogni forma di pluralismo e di dissenso, è innegabile che il neoliberalismo favorisca una interpretazione meramente ideologica dell'attuale fase storica che rischia di avere conseguenze disastrose per la stessa Europa (Ucraina inclusa). Del resto, la stessa contrapposizione tra democrazia e autocrazia (indipendentemente dal fatto - tutt'altro che irrilevante - che l'Occidente neoliberale "ignora" che i diritti sociali ed economici sono anch'essi diritti umani) non elimina affatto la necessità di un agire strategico razionale.
Invero, benché non vi siano dubbi che la Russia di Putin sia un attore geopolitico con ambizioni “imperiali(stiche)”, non si dovrebbe dimenticare che la stessa razionalità rispetto al valore si muta in pericoloso irrazionalismo allorché non si tiene in debito conto l'etica della responsabilità, che invece sembra mancare anche per quanto concerne il modo in cui l'Occidente cerca di risolvere la questione ucraina, perlomeno nella misura in cui l'Occidente, anziché limitarsi ad impedire - com’è certo necessario - che l'Ucraina venga inclusa con la forza nello spazio geopolitico della Russia*, mira ad infliggere una disastrosa sconfitta militare alla Russia, ossia a dissanguarla, o addirittura cerca di “strumentalizzare” la questione ucraina per cancellare la differenza tra europeismo ed euro-atlantismo, di modo da rendere impossibile una autonomia strategica dell'Europa.
Posto, dunque, che non è possibile imporre alla Russia una resa senza condizioni, piantando la bandiera ucraina sul Cremlino, ci si deve chiedere con Lucio Caracciolo (ma se lo devono chiedere soprattutto coloro che hanno - giustamente - a cuore la difesa della sovranità e dell'indipendenza dell'Ucraina) se lo scopo dell'Occidente sia vincere la guerra o vincere la pace (senza perdere la guerra, si intende), perché non è neppure impossibile che si vinca la guerra ma si perda la pace.
*Si badi che anche sotto il profilo geopolitico il "peso" della Russia è già notevolmente minore rispetto a quello che la Russia aveva prima che aggredisse l'Ucraina. Un agire strategico razionale dovrebbe di conseguenza non solo cercare di arrivare ad una situazione militare che non sia sfavorevole all'Ucraina, ma pure tener conto che sotto il profilo politico-strategico si è già ottenuto un risultato notevole, che però una guerra di attrito e di lunga durata potrebbe compromettere.
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