L'affermazione secondo cui non si dovrebbe più usare il termine socialismo per designare una alternativa al (neo)liberalismo - in quanto ormai il socialismo designerebbe solo una ideologia fallita o una esperienza storica fallimentare -, benché in definitiva sia viziata anch'essa da pregiudizi ideologici, merita di essere presa in considerazione.
Certo, non è una questione facile, che si possa trattare in un articolo, ma qualche breve considerazione al riguardo la si può fare.
Prima di tutto, si deve tener presente che con il termine socialismo ci si riferisce a diverse e perfino opposte concezioni ideologiche e a diverse esperienze storiche. Basti pensare alla differenza tra la socialdemocrazia scandinava e il socialismo reale o sovietico (inteso peraltro come una fase storica intermedia tra quella capitalistica e quella comunista), caratterizzato da un partito che aveva il controllo totale degli apparati dello Stato e della stessa economia.
D'altronde, dal socialismo reale e dalla socialdemocrazia scandinava si differenzia nettamente il cosiddetto "socialismo di mercato" che non solo non è scomparso, ma non si può nemmeno ritenere fallimentare sotto il profilo economico.
In questo caso, l'uso del termine socialismo non è un "esercizio di nostalgia", anche se per molti, marxisti e non, non si tratterebbe affatto di socialismo, ma semplicemente di una diversa e perfino più aggressiva forma di capitalismo. E qui il discorso si complica perché ci si dovrebbe chiedere che si intende per capitalismo e addirittura se capitalismo sia sinonimo di modo di produzione capitalistico.
Tuttavia, è chiaro che se si considera la ricchezza prodotta da un sistema economico come un prodotto sociale ossia della società nel suo complesso, ed è allo Stato - o addirittura al partito che controlla gli apparati dello Stato come in Cina - che spetta la direzione politico-strategica (anche) della economia, allora la presenza di un settore economico regolato dal mercato non basta per ritenere il "socialismo di mercato" sinonimo di società di mercato.
Essenziale in questo caso, nonostante che vi siano sempre subordinazione dell'uomo alla macchina nel processo produttivo (che notoriamente Marx definisce sottomissione reale del lavoro al capitale) e prevalenza del lavoro salariato (il che peraltro valeva pure per una economia pianificata, senza un settore economico regolato dal mercato come quella sovietica dopo la fine della NEP), è che una buona parte del sovrappiù sia "restituito" (in quanto appunto prodotto sociale) dallo Stato alla società sotto forma di valori d'uso (sanità, istruzione, sicurezza, opere pubbliche, difesa del territorio, ecc.).
Ovviamente, se questa parte del sovrappiù in realtà finisse soprattutto nelle mani di una "nomenklatura" allora non avrebbe più senso parlare di socialismo di mercato.
Il "punto" da capire comunque è che in questo secolo non è più possibile pensare che il socialismo sia la pura e semplice abolizione del mercato e di ogni forma di antagonismo sociale. In questo senso, il socialismo sarebbe solo uno sterile "esercizio di nostalgia" che ignora le dure repliche della storia.
Ciononostante, la storia del Novecento ha anche insegnato o dovrebbe avere insegnato che non di "solo pane vive l'uomo", benché la questione economica sia fondamentale - ed è invece questo che in generale ignorano, per motivi ideologici, coloro che criticano il (neo)liberalismo ma al tempo stesso di socialismo non ne vogliono neppure sentire parlare, condannandosi in pratica a subire il (neo)liberalismo, giacché non ci si può smarcare dal (neo)liberalismo senza una diversa forma di razionalità economica, imperniata sul primato della ragione pubblica e del valore d'uso.
La stessa crisi del socialismo reale dipese, difatti, da fattori non solo economici ma anche e soprattutto politici, culturali e perfino antropologici.
Sotto questo profilo, intendere il socialismo come una forma di socialismo (di mercato) comunitario, anche se discutibile, può comunque essere utile per evitare di ripetere gli errori e gli orrori del secolo scorso.
In definitiva, se per socialismo si intende la liberazione dalla oppressione economica e sociale allora la questione socialista non si può certo ritenere una questione anacronistica, anzi oggi è ancora più attuale di quanto lo fosse nel secolo scorso , benché il modo in cui ci si possa liberare dalla oppressione economica e sociale non sia affatto un problema facile da risolvere.
Comunque sia, anche se le parole sono importanti, è la "cosa stessa" che conta e che si deve ben comprendere, tanto più allorché si tratta di compiere un percorso di pensiero (e non solo di pensiero) che è ancora tutto da "tracciare".
Nessun commento:
Posta un commento