sabato 31 ottobre 2020

PENSARE "DIALETTICAMENTE" L'EMERGENZA SANITARIA ED ECONOMICA

Non è raro leggere anche in rete articoli in cui si sostiene che occorre pensare "dialetticamente" se si vuole capire la realtà sociale e in particolare che questo modo di pensare è necessario anche per capire gli aspetti economici e sociali di questa emergenza sanitaria.

Che pensare "dialetticamente" la realtà sociale sia necessario, chi scrive non lo mette in dubbio, ma occorre anche precisare che cosa significa pensare "dialetticamente", tanto più che qui ci si riferisce proprio al significato di dialettica che contraddistingue il pensiero di Hegel. (Ovviamente, non è possibile in un breve articolo approfondire una questione così complessa e controversa, ma è forse possibile  chiarire perlomeno i suoi tratti essenziali, non fosse altro che per "intendersi" meglio su tale questione).

Si deve allora subito precisare che non è questione di negare la validità del principio di non contraddizione, come talora si afferma basandosi su alcuni passi delle opere del filosofo tedesco, che in effetti sembrano confermare questa interpretazione (e di paralogismi nelle opere di Hegel è indubbio che ve ne siano). 

Ma il pensiero di Hegel è ben diverso, e basterebbe ricordare - e al riguardo Hegel è chiarissimo - che secondo Hegel la contraddizione si deve "togliere". L'esempio migliore per comprendere che cosa allora intende Hegel è quello della relazione tra il positivo (A) e il negativo non A). È il principio di identità il "bersaglio" della critica hegeliana, ossia "il positivo (A) è il positivo (A)" e "il negativo (non A) è il negativo (non A)". Gli opposti "astrattamente" pensati, ossia isolati e separati l'uno dall'altro - e questo è il modo di procedere dell'intelletto (Verstand), la cui "potenza" di analisi, peraltro, Hegel non mette mai in discussione come tale - è inevitabile che portino ad una contraddizione, ossia ad uno scetticismo radicale  - che ha però il merito di "mettere in movimento" il pensiero -, in quanto il positivo, così separato dal negativo, non può che "non essere" il negativo, e quindi non può che essere esso stesso negativo; e lo stesso vale per il negativo che non può che "essere" ciò che "è" opposto al positivo. 

Sicché, ciò che è positivo è negativo e ciò che è negativo è positivo. E questa è ovviamente una contraddizione. Il senso essenziale dello scetticismo radicale consiste quindi nel mostrare che il principio di identità, secondo cui una determinazione (A) è sé stessa in quanto "isolata" ossia in quanto è separata dalla sua negazione (non A), si contraddice necessariamente.

Ma si tratta solo di un "momento", sia pure essenziale, che contraddistingue il movimento del pensiero, poiché la ragione (Vernunft) consiste appunto nel mostrare l'unità degli opposti, ossia che il positivo è il negativo del negativo (non quindi il "semplice" negativo), ossia A non è/è non non A. La dialettica hegeliana perviene dunque a dimostrare il significato "autentico" del principio di non contraddizione, non certo la sua "semplice" negazione. In altri termini, solo la relazione tra gli opposti ovvero l’unità degli opposti, che mostra che essi non sono separati e soltanto in quanto non lo sono possono essere sé stessi, significa il "vero".

Non si tratta, pertanto, di un ritorno al primo "momento" del movimento del pensiero (A è A), dacché questo "momento" è compreso adesso come parte di una totalità (A non è/è non non A), che mostra che il "senso" delle singole determinazioni non è altro che il "senso" delle singole parti di cui l'intero si compone. Il "senso" dell'intero è quindi ciò che si deve comprendere - ossia si deve pensare "dialetticamente" - per comprendere il "senso" delle singole parti di cui l'intero si compone.

Tuttavia, il "senso" dell'intero è tale solo se si "com-prende" l'intero processo (il movimento di pensiero) che porta a riconoscere che il positivo è il negativo del negativo, ragion per cui la contraddizione è sì tolta ma non annientata. Difatti, se così non fosse, cioè se la contraddizione fosse "semplicemente" soppressa, allora varrebbe di nuovo la "logica" dell'intelletto, non della ragione. 

Vale a dire, ad esempio, che non ha "senso" separare il risultato cui si perviene tramite una dimostrazione matematica dal procedimento che lo dimostra. E soprattutto non ha "senso" pensare la realtà sociale come se fosse composta di parti irrelate ovverosia isolate le une dalle altre. Il fatto che siano distinte è appunto possibile solo in quanto non sono separate le une dalle altre, ossia perché sono "parti di un tutto".

Una volta chiariti (benché, per così dire, “a volo d’uccello”) i lineamenti fondamentali della “dialettica”, ci si può allora chiedere che ne consegue per quel che concerne la questione degli aspetti economici e sociali di questa emergenza sanitaria.

L’opposizione in questo caso è quella tra la tutela della salute della comunità e la tutela del benessere economico della comunità. Pensare “dialetticamente” questa opposizione significa allora non separare gli opposti l’uno dall’altro, ma pensarli alla luce dell’intero che mostra il nesso necessario che li unisce e di conseguenza che non è possibile difendere la salute della comunità senza difendere il benessere economico della comunità (e viceversa). 

La relazione che distinguendoli li unisce o che li unisce distinguendoli non può dunque che essere - non pare difficile capirlo – la stessa comunità, ovverosia è il bene comune che si tratta di difendere, sia difendendo la salute della comunità sia difendendo il benessere economico della comunità.

La tutela della salute della comunità e la tutela del benessere economico della comunità hanno dunque “senso” perché è il bene comune che deve essere difeso. Se si escludono a vicenda ciò dipende allora dal fatto che il sistema economico attuale è incompatibile con la difesa del bene comune, indipendentemente cioè dalla questione della emergenza sanitaria. È proprio in quanto l’attuale sistema economico prescinde dalla difesa del bene comune che adesso la difesa della salute della comunità può apparire incompatibile con la difesa del benessere economico della comunità (e viceversa). L’emergenza sanitaria ha cioè evidenziato ciò che esisteva già prima della pandemia ovvero che il sistema economico non era (e non è) strutturato “in vista” del bene comune, ma solo “in vista” del vantaggio di una parte della comunità a danno delle altre. 

Questo è quindi il “vero” problema da risolvere.






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