Che la controffensiva ucraina sia fallita ormai nessuno lo può negare, tanto è vero che adesso l'esercito ucraino anche se non ha rinunciato a condurre azioni offensive è costretto a puntare soprattutto su una strategia difensiva.* Eppure già un anno fa Kiev avrebbe avrebbe potuto e dovuto adottare una strategia imperniata su una "difesa elastica", dato che fin dalla primavera del 2022 era scontato che non fosse possibile costringere la Russia ad arrendersi, sempre che non crollasse il morale dell'esercito russo o addirittura il regime di Putin. Ma la russofobia ha accecato sia i vertici politici e militari di Kiev che quelli della Nato, mentre i media occidentali hanno continuato a raccontare la favola secondo cui la Russia era "isolata" e quindi la sua macchina bellica avrebbe presto smesso di funzionare.
Si è così ignorato che sono gli asset strategici che contano in guerra, sebbene siano l'azione di comando, la preparazione tecnica e la motivazione che trasformano gli asset strategici in fighting power. I difetti della macchina bellica russa sono noti ma, anche a prescindere dal fatto che alcuni di questi difetti sono stati eliminati dai russi nei mesi scorsi, è ovvio che non vi siano mai state le condizioni (geo)politiche né le condizioni militari per imporre alla Russia una unconditional surrender.
Nondimeno, la Russia non ha (ancora) vinto la guerra: a Kiev non vi è un governo filorusso, Odessa e Kharkiv sono ancora saldamente nelle mani degli ucraini e il Donbass non è stato del tutto conquistato dall’esercito russo. Per di più il Baltico è diventato un "lago atlantista" e il Cremlino è stato costretto a militarizzare la propria economia nonché la società russa, con metodi che ricordano la Russia zarista e perfino il regime stalinista. Del resto la Russia ora è assai più dipendente dalla Cina, mentre l'improvvida e scellerata decisione del Cremlino di invadere l'Ucraina ha permesso agli Usa di “tagliare i ponti” tra l'Europa occidentale e la Russia.
Tuttavia, anziché far dipendere la questione territoriale - ossia quella dei territori ucraini occupati dai russi - dalla difesa della sicurezza e della indipendenza dell'Ucraina, si è agito in senso opposto e adesso più passa il tempo e più cresce il rischio che sia l'Ucraina, che dipende totalmente dagli aiuti occidentali e in particolare da quelli militari dell’America, ad essere costretta a “gettare la spugna”.**
Certo, la Russia aggredendo l'Ucraina ha difeso le proprie "ragioni geopolitiche"*** nel peggior modo possibile e si è pure macchiata di numerosi crimini di guerra (benché, prescindendo dal diverso contesto politico, non più gravi di quelli commessi dagli Usa in Afghanistan o in Iraq e da quelli commessi da Israele in Cisgiordania e a Gaza, che nemmeno l'orribile pogrom del 7 ottobre scorso può giustificare). Del resto è innegabile che il Cremlino abbia commesso un grave errore di calcolo strategico sottovalutando il patriottismo della maggior parte degli ucraini e illudendosi che gli interessi economici avrebbero indotto l'Europa occidentale a "tagliare i ponti” con l'America anziché con la Russia.
Ciò nonostante, pure l'Occidente atlantista ha commesso dei gravi errori di calcolo strategico, scambiando la propria immagine fasulla della realtà per la realtà. Ovviamente, come possa finire la guerra russo-ucraina non è possibile saperlo, anche perché Ucraina e Russia assomigliano a due pugili suonati decisi a continuare a combattere fino all'estremo. Ma si deve essere consapevoli che una guerra lunga e di logoramento non può non avvantaggiare la Russia, mentre l’Ucraina, che la demografia non favorisce, già mostra gravi segni di stanchezza (come, del resto, la stessa coalizione occidentale) e anche una pericolosa forma di "dissidio interno".
Comunque sia, è ancora possibile un "pareggio" (assai difficile ottenere di più), che in pratica (ossia tenendo conto dei reali rapporti di forza) equivarrebbe ad un successo dell'Ucraina o, se si preferisce, ad una "non vittoria" della Russia. D’altronde, il Cremlino, anche se non potrà mettere fine all'ostilità della maggior parte degli ucraini nei confronti della Russia (e quindi non potrà ottenere una “vittoria totale e definitiva” contro l'Ucraina), non solo dispone di maggiori asset strategici di Kiev ma ha pure un'ottima carta da giocare ovverosia l'insipienza strategica e (geo)politica dell'Occidente atlantista e neoliberale (il cui "doppiopesismo" buona parte del mondo non è più disposta a tollerare).
In definitiva, ancora una volta si conferma che anche in guerra la migliore strategia è quella che si basa sul realismo (geo)politico e sull'etica della responsabilità, non certo quella basata sull’ideologia o, peggio, sul wishful thinking.
*Sulla controffensiva ucraina si vedano ad esempio https://www.washingtonpost.com/world/2023/12/04/ukraine-counteroffensive-us-planning-russia-war/ e https://www.washingtonpost.com/world/2023/12/04/ukraine-counteroffensive-stalled-russia-war-defenses/.
**Al riguardo si veda anchehttps://www.economist.com/leaders/2023/11/30/putin-seems-to-be-winning-the-war-in-ukraine-for-now.
***In questa sede è sufficiente ricordare che, sebbene si debba riconoscere che la Nato non ha mai avuto alcuna intenzione di aggredire la Russia e che l'Ucraina anche prima del 24 febbraio 2022 non aveva alcuna possibilità di condurre una guerra offensiva contro la Russia, la "pressione geopolitica" della Nato ai confini della Russia c'era (si tenga presente che se il veto di alcuni membri della Nato all'ingresso dell'Ucraina nella Alleanza Atlantica era certo, soprattutto gli Usa e la Gran Bretagna avevano in parte aggirato questo ostacolo, integrando negli apparati della Nato l'intelligence e le forze speciali dell'esercito di Kiev) e ha pure contribuito a fare crescere l'estremismo nazionalista russo (che, peraltro, a sua volta ha contribuito alla crescita dell'estremismo nazionalista ucraino). Insomma, nulla giustifica l'aggressione russa contro l'Ucraina, che ha anche gravemente danneggiato l'Europa occidentale, ma che vi fosse una sorta di guerra ibrida dell'Occidente atlantista e neoliberale contro la Russia per ragioni geopolitiche è innegabile. Per i "falchi atlantisti", infatti, era ed è la Russia stessa a rappresentare un "nemico geopolitico", non solo cioè il regime autocratico di Putin, che pure sta condannando la Russia a rimanere prigioniera di una storia che ha causato terribili lutti e sofferenze anche al popolo russo.
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