martedì 2 marzo 2021

QUALE DEMOCRAZIA E QUALE MERITOCRAZIA?

Che la democrazia rappresentativa ormai sia solo una finzione, ossia una sceneggiata per il "popolo", non dovrebbe essere difficile ammetterlo se si è intellettualmente onesti. Ragion per cui assume un significato di rilievo proprio il "caso Italia". 

I partiti, del resto, da qualche decennio, sono soltanto dei comitati d’affari, composti in buona parte da demagoghi, portaborse, faccendieri, arrivisti senza scrupoli, "mafiosi", lestofanti, intrallazzatori e via dicendo. Nulla di strano allora che pure il "popolo" ritenga necessario che al governo vi siano dei "competenti" scelti in base a criteri meritocratici e quindi non necessariamente eletti dal popolo (anche se è possibile sempre affidare ai "politici" il ruolo di comparse o le funzioni del "front office").  

Qui però c'è l'"inghippo" (per i neoliberisti, si intende), perché il fenomeno dipende dalla scala che si sceglie, non viceversa, ovverosia la valutazione dei meriti varia a seconda delle misure e delle proporzioni che si scelgono. E in alcuni Paesi vi sono misure e proporzioni assai diverse da quelle che valgono in Italia, tranne per quanto concerne alcuni settori particolari in cui conta solo saper eseguire un programma deciso da altri (ad esempio, per decidere se e dove costruire un ponte non occorre essere capaci di costruirlo e chi è capace di costruirlo non necessariamente è in grado di decidere se sia necessario costruirlo e dove si debba costruirlo). 

Anche in questi Paesi quindi conta il merito, ma non necessariamente il merito che conta in Italia o in altri Paesi occidentali. 

In Cina, in particolare, il sistema politico praticamente si articola su tre livelli: una base democratica, con ampia partecipazione popolare; un livello intermedio, cui si accede solo se si è dimostrato di avere certi requisiti; un livello alto, accuratamente selezionato, cui compete la direzione politico-strategica del Paese. In sostanza, si tratta di una sorta di "cursus honorum" che premia soprattutto chi dimostra di avere intelligenza politico-strategica, senso dello Stato e capacità di tutelare il bene comune. 

In Cina, scrive Daniel Bell, «il principale ideale politico – condiviso da funzionari di governo, riformatori, intellettuali e persone in genere – è quello che io definisco meritocrazia democratica verticale, intendendo una democrazia ai livelli inferiori di governo e un sistema politico che diventa progressivamente più meritocratico ai livelli più alti» (Daniel Bell, "Il modello Cina"). I membri della classe dirigente, sia a livello locale o reginale che a livello nazionale, però sono scelti tra i membri del partito, non della classe capitalistica. In questo senso, sono le istituzioni politiche che comandano e che stabiliscono la strategia di sviluppo che "tecnici" e capitalisti devono rispettare. 

Si tratta quindi di un sistema politico che nelle sue linee generali (dato che presenta caratteristiche che dipendono dalla cultura e dalla civiltà cinese, come evidenzia lo stesso Daniel Bell) si configura come un “sistema socialista di mercato” che sa difendere l'interesse collettivo, sia sotto il profilo politico-culturale che sotto quello economico e sociale. 

Al di là dunque del fatto che il "modello cinese" non può essere esportato proprio perché affonda le sue radici nella storia plurisecolare della Cina (certo assai diversa da quella dell'Europa, di modo che un socialismo di mercato europeo sarebbe differente da quello cinese), pare lecito affermare che la "differenza politica" che oggi conta davvero è quella tra il partito (unico) dei "competenti" al servizio del grande capitale e il partito dei "migliori" al servizio dell'interesse collettivo (e sono i “migliori” nel senso che sanno meglio difendere l’interesse collettivo). 

Nel primo caso c'è bisogno del “front office”, della "claque" e del circo mediatico - ossia della mera "rappresentazione" di una democrazia che di fatto si configura sempre più come una dittatura oligarchica -, nel secondo caso c'è invece bisogno soprattutto di una forte democrazia di base. In altri termini nel primo caso viene prima il mercato e poi la società, mentre nel secondo caso viene prima la società e poi il mercato. Vale a dire che nel secondo caso cambia la scala e dunque cambia anche quel che si intende per democrazia e meritocrazia. 

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