sabato 2 dicembre 2017

IL MASSACRO DI SREBRENICA E LA NEGAZIONE DELLA STORIA


Nel secondo volume de Il Politico e la Guerra si può leggere (pp. 303-304) la seguente nota:


- Simbolo della violenza serba in Bosnia sarebbe diventato il massacro di Srebrenica compiuto nel luglio del 1995. Le milizie serbe (che avevano subito parecchi lutti ad opera della XXVIII legione musulmana di stanza a Srebrenica) avrebbero causato la morte di 8.000 musulmani. Il condizionale è d’obbligo dacché sussistono fondati dubbi sulla versione ufficiale (benché il massacro dei musulmani da parte delle milizie serbe sia innegabile). A tale proposito, il maggior generale canadese che nel 1992 comandava il settore di Sarajevo nel quadro della missione di peacekeeping dell’Onu Unprofor ha dichiarato: «Evidence given at The Hague war crimes tribunal casts serious doubt on the figure of "up to" 8,000 Bosnian Muslims massacred. That figure includes "up to" 5,000 who have been classified as missing. More than 2,000 bodies have been recovered in and around Srebrenica, and they include victims of the three years of intense fighting in the area. The math just doesn’t support the scale of 8,000 killed», L. Mckenzie, The real story behind Srebrenica, “Globe and Mail”, 14 luglio, 2005. Su Srebrenica vedi anche il controverso libro di E. S. Herman E. S. (a cura di), The Srebrenica Massacre, Alphabet Soup, Evergreen Park, 2011 e il sito del Coordinamento nazionale della Iugoslavia. Riguardo al Tribunale penale internazionale dell’Aia per la ex Iugoslavia sono da ricordare le assoluzioni del noto “thug” bosgnacco Naser Orić e, il 16 novembre 2012, di due ex generali croati, Ante Gotovina e Mladen Markac, responsabili dell’uccisione di 324 civili e dell’espulsione di oltre 90.000 persone, azioni che secondo i giudici dell’Aia furono “legittimi atti di guerra”. Queste sentenze hanno suscitato scandalo, ma in realtà erano “politicamente corrette”, anche perché la Croazia sarebbe dovuta entrare nella Ue il 1° luglio del 2013. -



Il mio giudizio sul Tribunale penale dell’Aja non è certo cambiato, ma adesso non scriverei più che vi sono “fondati dubbi” riguardo al numero di bosgnacchi uccisi dai serbi a Srebrenica. In effetti, le parole del generale MacKenzie e la (più che motivata) scarsa fiducia nei confronti dei  media mainstream occidentali mi avevano indotto a non tener conto di altri studi e ricerche che si possono ritenere sufficientemente imparziali. D’altronde, la guerra civile iugoslava negli anni ’90 avrebbe meritato uno spazio maggiore di quello che ho potuto concederle nel mio libro. Comunque sia, non vi sono dubbi che nella guerra in Bosnia (e non solo in Bosnia) i serbi si siano resi responsabili di crimini orribili (massacri, stupri di massa, torture, pulizia etnica, etc.), benché anche loro in vari casi siano stati vittime e non carnefici. Perfino quanto accade a Srebrenica lo dimostra.
Difatti, nell’area di Srebrenica, prima che nel luglio 1995 la città cadesse nelle mani dei serbi, vi erano stati numerosi scontri tra i serbi e i bosgnacchi guidati da Naser Orić. Questi ultimi, oltre ad uccidere centinaia di soldati nemici, incendiarono decine di villaggi e massacrarono centinaia di civili serbi. In quest’ottica, quel che in seguito sarebbe accaduto a Srebrenica si configurò anche come una rappresaglia contro i bosgnacchi. Ovviamente il massacro di Srebrenica non fu solo una rappresaglia né vi possono essere delle giustificazioni per il crimine commesso dai serbi.
Com’è ormai accertato, quando Srebrenica cadde, si formò una colonna di 10-12.000 bosgnacchi, di cui solo 6.000 erano militari (e soltanto la metà di loro era armata), che cercò di dirigersi verso Tuzla. Il primo posto di blocco serbo fu superato senza problemi, ma la colonna poi cadde in una imboscata. La “testa” della colonna, composta dai soldati meglio armati, riuscì a proseguire per Tuzla, che raggiunse dopo avere sostenuto con successo altri scontri con i soldati serbi. Ma la maggior parte dei bosgnacchi (circa i due terzi dell’intera colonna) fu accerchiata e attaccata dai serbi. Alcuni bosgnacchi cercarono allora di fuggire. Parecchi rimasero uccisi negli scontri con i serbi (benché sia difficile stabilire esattamente quanti di loro vennero uccisi), altri si “sbandarono” o annegarono in un fiume vicino per sottrarsi alla cattura. Tutti gli altri bosgnacchi furono presi prigionieri (alcuni serbi si erano pure travestiti da soldati dell’ONU per trarli in inganno).
I serbi però avevano già deciso di uccidere tutti i maschi catturati che avessero più di 14-15 anni o meno di 70 anni. Pertanto, solo le donne, i bambini e gli uomini che avevano più di 70 anni furono risparmiati (furono trasferiti altrove con decine di bus). Motivo per cui si ritiene che si sia trattato di un genocidio (ossia dell’eliminazione di una “parte sostanziale” del popolo bosgnacco). Inoltre, grazie all’esame del Dna si sono identificati circa 7.000 degli oltre 8.000 bosgnacchi che furono uccisi nella zona di Srebrenica. Molti di loro avevano ancora i polsi legati o gli occhi bendati. Vi sono quindi ben pochi dubbi su come sia avvenuto il massacro di Srebrenica. Se poi si debba definire un genocidio anziché un massacro o un eccidio (dato che i bambini di sesso maschile furono risparmiati e di conseguenza furono eliminati solo i combattenti o i “potenziali” combattenti) mi pare, “tutto sommato”, una questione di importanza “non decisiva”, benché sia ovvio che in questo caso il termine genocidio (con cui si indica lo sterminio di un popolo o il tentativo in parte riuscito di sterminare un popolo) viene usato per ragioni ideologiche tutt'altro che condivisibili.
Naturalmente, questo non significa che si debbano ignorare o addirittura giustificare le violenze commesse contro i serbi (inclusa l’azione della NATO contro la Serbia nel 1999, che causò la morte di oltre 2.000 civili (*); al riguardo, si può pure ricordare che nessun “tribunale ad hoc” è mai stato istituito per giudicare gli innumerevoli e spaventosi crimini di guerra compiuti dagli Stati Uniti). Ma per riconoscere che anche i serbi furono vittime di violenze orribili non è certo necessario “negare” (**) i crimini commessi dai serbi né le pesanti responsabilità di Belgrado per quanto accadde nei Balcani negli anni ’90 del secolo scorso. Al tempo stesso però non si può non osservare che una certa ostilità preconcetta da parte dell’Occidente nei confronti della Serbia (che si riscontra in specie nel modo fazioso in cui i media mainstream descrivono la dissoluzione della Iugoslavia e di cui non è affatto immune lo stesso TPI, che non raramente usa due pesi e due misure, al punto da sembrare il “braccio giudiziario” della NATO), dato il forte legame che unisce la Serbia alla Russia, non è senza correlazione con quella “demenziale russofobia” (come altrimenti definirla?) che ha messo radici nel mondo occidentale. E anche di questo si dovrebbe tener conto, se si vuole davvero evitare di essere faziosi.

* La cifra però varia notevolmente a seconda delle diverse fonti (da circa 500 fino ad oltre 3000). Inutile dire che anche per quanto concerne  il numero delle vittime albanesi nella guerra del Kosovo si riscontra lo stesso problema, anche se  furono migliaia i civili albanesi del Kosovo che furono uccisi dai serbi prima dell'intervento della NATO. Si ritiene pure che i serbi si siano resi responsabili di una pulizia etnica che riguardò circa 700 mila kosovari.
Anche in questo caso, per condannare l'intervento della NATO (che diede agli USA la possibilità di trasformare il Kosovo in una sorta di protettorato americano sostenendo un'organizzazione terroristica come l'UCK che si finanziava con il traffico di droga e di armi) non occorre negare o minimizzare i crimini commessi dai serbi, che del resto subirono a loro volta le violenze da parte dei kosovari.

** L’uso di questo verbo è necessario, poiché, proprio come per quanto concerne la negazione della Shoah (ossia l’assurda negazione del genocidio degli ebrei - mediante fucilazione, camere a gas o altri metodi -, quasi che fosse possibile, ad esempio, sostenere che nella conferenza di Wannsee si stabilì solo di deportare tutti gli ebrei ad Est, benché sia noto che ad Est gli ebrei venivano già sterminati dalle Einsatzgruppen), non si deve confondere il revisionismo, ossia la continua “revisione di giudizi” che contraddistingue la ricerca storica, con la “negazione della storia”, indipendente dal fatto che certi tragici eventi vengano strumentalizzati per ragioni politiche tutt’altro che condivisibili o addirittura per giustificare altri crimini.

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