sabato 27 settembre 2025

IL LINGUAGGIO DELLA FERMEZZA NON È IL LINGUAGGIO DELLA FORZA

 Indipendentemente da ogni altra considerazione sulla guerra russo-ucraina (cause della guerra, politica dell'UE e degli USA nei confronti della Russia da quando la Russia ha invaso l'Ucraina ecc.), l'UE adesso non può "mollare" l'Ucraina senza suicidarsi (e quindi non lo farà, "giusto" o no che sia).

Insomma, in una prospettiva realistica (ossia non meramente ideologica e quindi né euro-atlantista né putiniana) l'Europa non può non continuare a sostenere economicamente e militarmente l'Ucraina, che peraltro non ha perso la guerra poiché è ancora in grado di ottenere una vittoria difensiva (benché non sia affatto facile) , evitando una guerra di logoramento con una strategia di "neutralizzazione", simile cioè a quella che si è dimostrata "vincente" contro la flotta russa del Mar Nero.

L'Europa però, anche considerando i "non eccellenti" rapporti con l'America di Trump (che è il socio di maggioranza della NATO), deve evitare di cadere nella trappola del bellicismo, scambiando le "provocazioni" della Russia (ammesso che siano tali, si intende) per una sorta di minaccia esistenziale.

La Russia, infatti, non può aggredire un Paese membro della NATO mentre è ancora impegnata a combattere in Ucraina (sempre che Putin non abbia perso il senno), ma al tempo stesso il regime di Putin (si badi, non solo Putin) non può nemmeno permettersi di abbassare la guardia senza suicidarsi.

In sostanza, un conto è una strategia politico-militare che miri a convincere la Russia che non può ottenere una vittoria "totale" contro l'Ucraina,, un altro è mirare a ottenere una vittoria "totale" contro la Russia.

giovedì 11 settembre 2025

UNA METAMORFOSI NECESSARIA

In una prospettiva realistica è assai difficile negare che la crisi dell'egemonia americana e la stessa politica di Trump rappresentino una sfida geopolitica cui l'UE non può sottrarsi. In altri termini, adesso anche per gli euro-atlantisti è di vitale importanza la questione della "dipendenza" (geopolitica, geoeconomica e militare) dell'Europa dall'America, dato che è evidente  che perfino l'Europa neoliberale non può più fidarsi degli USA.

Tuttavia, per abolire o perlomeno ridurre drasticamente la "dipendenza" dell'Europa dagli USA è necessaria una "nuova Europa" ossia una "vera" Europa politica - anziché una  "unione competitiva europea" - e un nuovo "patto sociale" europeo. 

D'altronde, anche la questione di una "difesa europea" (certo anch'essa necessaria, perché si devono fare i conti con la realtà) presuppone che si sia capaci di costruire una "nuova Europa".

In sostanza, l'Europa, se non vuole essere una semplice pedina sulla scacchiera geopolitica mondiale, deve essere capace di camminare sulle proprie gambe. 

Ovviamente sono molti e di vario genere gli ostacoli che bisogna superare  per mutare la "forma politica" dell'UE,  ma una tale "metamorfosi" non è impossibile, perché (come giustamente sostiene Edgar Morin) l'Europa stessa è "figlia dell'improbabile".