Secondo la studiosa di religioni e di filosofie orientali (nonché ultima compagna di Elémire Zolla) Grazia Marchianò (scomparsa recentemente, all'età di 83 anni) da tempo anche in Occidente non si è più in presenza di uno "scientismo imperante", dato che la fisica contemporanea - in particolare la fisica quantistica - conferma quel che il cosiddetto "misticismo" orientale ha sempre sostenuto.
Vale a dire che la ricerca scientifica più avanzata confermerebbe la validità di una concezione non dualista (si badi però che "non dualismo" non significa monismo) del mondo, confutando così anche da un punto di vista scientifico la concezione dualista che contraddistingue le tre religioni monoteiste (anche se non la dimensione "esoterica" o comunque "mistica" di queste religioni) e che soprattutto a partire dalla distinzione cartesiana tra res cogitans e res extensa ha caratterizzato il pensiero europeo-occidentale moderno.
D'altronde, è noto che anche Jung, sia pure secondo una prospettiva diversa da quella di Grazia Marchianò, riteneva che la fisica delle particelle subatomiche confermasse che non era più possibile opporre materia e psiche, tanto che la stessa idea di materia alla luce della fisica contemporanea sarebbe alquanto problematica (si veda Jung e Pauli. Il carteggio originale: l'incontro tra psiche e materia; sulla concezione junghiana della psiche si veda L. Aurigemma, Jung fra critica kantiana e ontologismo vedantico).
Anche per la più nota allieva di Jung, Marie-Louise von Franz, la ricerca sulla psiche e la fisica contemporanea mostrerebbero che la struttura profonda della psiche non differisce nella sostanza da quella del mondo fisico.
Orbene, ammesso che questa interpretazione della fisica contemporanea sia valida (ma è questione controversa), si potrebbe affermare che si è abolita ogni forma di dualismo?
Certo, oggi è proprio la ricerca più avanzata della fisica che prova che è difficile sostenere la validità di una concezione dualista del mondo come quella cartesiana o comunque un "ingenuo" e "volgare" materialismo .
Tuttavia, il problema del dualismo non pare affatto risolto se si prende in considerazione la questione della storia (cui è connessa la questione del "politico" e di conseguenza quella della tecnoscienza, il cui ruolo per quanto concerne la lotta per l'egemonia o per il potere è sempre più rilevante).
Del tutto illusorio, infatti, è cercare di spiegare il divenire storico con la ierostoria, i cicli cosmici ecc., dato che si tratta di spiegazioni che in pratica negano la serietà della storia (e quindi anche la serietà della nostra vita individuale, poiché riconoscere le radici universali del nostro sentire e del nostro sapere non significa, come osserva Aurigemma, annullare la propria individualità).
Peraltro "ignorare" la storia - ovverosia ritenere che sia necessario, per così dire, un' "uscita dal mondo" al fine di prendersi cura solo di sé stessi o del "Sé" (da non confondere con l'io) equivale appunto a contrappore la dimensione spirituale (comunque la si intenda) a quella storica (e politica).*
Insomma è inevitabile che una concezione spirituale (che sia una religione o una dottrina spirituale esoterica sotto questo profilo poco importa) che non sia (più) in grado di "orientare" il divenire storico ovverosia a caratterizzare il processo di civilizzazione si configuri come una dimensione spirituale "impotente", cioè scissa dalla potenza.
In altri termini il dualismo cacciato dalla porta rientrerebbe dalla finestra ("non dualismo" significa appunto "vedere" l'Uno nei Molti e i Molti nell'Uno).
Ovviamente non si tratta di fare l'apologia di questa forma di dualismo. Quel che invece occorre evidenziare è che la questione del rapporto tra la storia e ciò che si definisce come sapienza"**è comunque di capitale importanza per comprendere lo stesso significato della "sapienza", sempre che non si condivida una concezione sostanzialmente nichilistica,*** secondo cui non esiste alcuna "sapienza", oppure una concezione (implicitamente) dualista, secondo la quale la "sapienza" non è di "questo mondo".
*Va da sé che non si tratta di negare la necessità un distacco dal mondo per sottrarsi ad ogni forma di conformismo e poter accedere ad una dimensione metastorica (il distacco dal mondo è quindi un'operazione di conoscenza necessaria per liberarsi dalla "tirannia dell'ego", come insegnano i "mistici" d'Oriente e d'Occidente). Ma è noto che all'uscita dalla caverna segue un rientro nella caverna per liberare i propri "compagni" ossia la conoscenza deve farsi "verbo" (deve "comunicarsi"), altrimenti (in un certo senso) si rimane "prigionieri" del proprio ego. Pertanto, pare lecito affermare che "ci si libera" insieme anche se si ammette la possibilità di una "liberazione" individuale.
**Si badi che è una questione che concerne, come ben sapevano i Greci, anche la possibilità di un'opera di "trasformazione del politico", benché non la si debba confondere con una aberrante strumentalizzazione politica della "sapienza", come dovrebbe insegnare la storia stessa delle religioni, giacché anche se le religioni sono riuscite a caratterizzare il processo di civilizzazione è pur vero che non raramente sono state usate per difendere gli interessi e i privilegi di gruppi dominanti. Chiaramente con il termine "sapienza" non si designa la confusa mescolanza di idee e pratiche assai differenti che contraddistingue la cosiddetta "New Age" ma (ad esempio) quel che Giorgio Colli definisce come "sapienza greca" (al riguardo si vedano i tre volumi di G. Colli, La sapienza greca) o una forma di conoscenza che non si costituisce come un soggetto opposto all'oggetto, di modo che scompare la convinzione o l'illusione di essere una individualità separata dal Tutto (benché sia necessario distinguere tra "non separazione" - che ammette diversi gradi di unione o unificazione - e totale annullamento della individualità). Peraltro, la stessa filosofia (basti pensare al neoplatonismo) si può configurare come una forma di conoscenza che si può definire "sapienziale". In definitiva, il nostro sapere non può non consistere di congetture, e anche per quanto concerne la "sapienza" quindi si tratta di congetture con fondamento (non si deve dimenticare che il linguaggio - poetico, filosofico ecc. - che "esprime" l'Assoluto non è l'Assoluto) ma il fondamento in questo caso non è solo la ragione (la cui importanza ovviamente non può essere messa in discussione senza fare l'apologia del peggiore irrazionalismo) ma anche e soprattutto l'intuizione intellettuale.
***Massimo Cacciari osserva in Della cosa ultima che la critica della ricostruzione heideggeriana del destino della metafisica occidentale come onto-teologia sarebbe oggi inconcepibile senza l'immenso lavoro storico di Werner Beierwaltes. Invero, per il (neo)platonismo, come dimostra Beierwaltes, non è tanto la questione dell'Essere che rileva quanto piuttosto quella dell'Uno e dei Molti. Si potrebbe quindi affermare che si tratta di una "dimensione sapienziale" che difficilmente si può definire come onto-teologia, con tutto quel che ne segue per la comprensione del rapporto tra metafisica occidentale e nichilismo. Comunque sia, è un "diverso" senso del sapere che caratterizza la metafisica che affonda le sue radici nel pensiero di Platone. E si tratta di una metafisica che ricorda (almeno sotto certi aspetti) la "sapienza orientale", benché pure quest'ultima sia in sé differenziata.