mercoledì 13 novembre 2024

QUALE OCCIDENTE SI DOVREBBE DIFENDERE?

Sia in America che in Europa si sostiene che nella presente fase storica, caratterizzata dallo scontro tra democrazie liberali e autocrazie, è necessario difendere l'Occidente se si vuole difendere non solo la democrazia ma la stessa civiltà contro la barbarie. 

Ma quale Occidente si dovrebbe difendere?

L'Occidente che  è sempre meno "liberale" e democratico?

L'Occidente che giustifica la politica di "pre-potenza" di Israele, che ha sostituito la Bibbia al diritto internazionale, che occupa illegalmente gran parte della Cisgiordania e che massacra i civili a Gaza e in Libano? 

La condanna non solo dell'attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023 ma della politica di Hamas - che del resto ha solo danneggiato il popolo palestinese e chi difende la causa palestinese - e la difesa del diritto di esistere dello Stato di Israele non implicano certo la giustificazione di una uccisione di massa come quella che Israele sta compiendo a Gaza e che solo un Occidente che è "nemico" della civiltà europeo-occidentale può giustificare.

IL PROBLEMA DELL'EUROPA

Che Trump rappresenti un serio problema per l'America e anche per l'Europa è difficile negarlo ma non vi è dubbio che il problema principale dell'Europa sia l'Europa stessa. Del resto sinistra (il)liberale (perché la sinistra neoliberale ed euro-atlantista in realtà è assai poco liberale e democratica) e nazional-populismo sono due specie opposte del medesimo genere e solo chi continua a 'leggere' il mondo con categorie politiche obsolete può non capirlo. 

Non si può non condividere quindi quel che sostiene Sahra Wagenknecht per quanto concerne la sinistra neoliberale, benché sotto il profilo geopolitico pure lei dimostri di essere assai 'ingenua' (ma chi l'accusa di essere una 'rossobruna' al servizio dello zar non è diverso da chi pensa che non vi sia differenza tra insultare e argomentare).

In sostanza, la vittoria di Trump è anche ( non solo) una sconfitta dell'euro-atlantismo  ma non per questo si può affermare che il nazional-populismo (o il 'sovranismo') sia meno pericoloso per l'Europa del neoliberalismo.

D'altronde dovrebbe essere ormai chiaro a chiunque che la formazione di un polo geopolitico europeo è necessaria in una fase storica in cui contano i 'grandi spazi'.

Ma per evitare il declino dell' Europa è necessario anche e soprattutto costruire  una 'nuova Europa' che sappia affrontare le sfide geopolitiche e culturali del nostro tempo in una prospettiva politica e sociale che possa rappresentare per i popoli europei e per lo stesso 'Sud del mondo' una alternativa valida sia al capitalismo predatore occidentale sia alla 'pre-potenza' delle autocrazie (anche se è un errore 'demonizzare' Paesi come la Cina o la stessa Russia, quasi che la russofobia non fosse espressione di una perniciosa insipienza politico-culturale).

Non si può costruire infatti nessun nuovo 'ordine' mondiale e tanto meno un 'ordine' mondiale più 'giusto' senza tener conto delle lezioni della storia del secolo scorso, sempre che non si ritenga che anarchia competitiva sia sinonimo di 'ordine' mondiale e che la soluzione dei problemi (certo assai seri e gravi) del cosiddetto 'mondo libero' sia la distruzione della civiltà europeo-occidentale e la 'fuga dalla libertà'.


martedì 15 ottobre 2024

ARE AMERICANS READY TO GIVE UP ON UKRAINE?*

Robert Kagan evidenzia (con buone ragioni) che una soluzione "realistica" del conflitto russo-ucraino come ad esempio quella proposta da Pompeo o dal presidente ceco Pavel (che pure è uno strenuo difensore dell'Ucraina) deve fare necessariamente i conti con quel che vuole il Cremlino, tanto più adesso che l'esercito ucraino è in seria difficoltà. (Certo sarebbe stato meno difficile giungere perlomeno ad un armistizio che soddisfacesse sia la Russia che l'Ucraina se anche gli americani avessero partecipato ai colloqui tra russi e ucraini ad Istanbul nella primavera del 2022).

Insomma, secondo Kagan Putin ha ancora delle buone carte da giocare per evitare che la guerra contro l'Ucraina si concluda con un fallimento strategico della Russia e quindi Putin accetterebbe una soluzione negoziale del conflitto solo se quest'ultima penalizzasse gravemente l'Ucraina o equivalesse ad una sconfitta "totale" dell'Ucraina.

Pertanto, a giudizio di Kagan si dovrebbe consentire a Kiev di prolungare la guerra, evidentemente poiché egli ritiene che l'Ucraina, con l'aiuto della Nato, possa costringere la Russia a gettare la spugna.**

In sostanza, benché sia corretto ritenere che per quanto concerne la difesa dell'Ucraina anche una strategia basata sul realismo (geo)politico possa non essere una strategia vincente o possa ottenere meno di quel che si vuole ottenere, è significativo che anche per Robert Kagan l'unica alternativa ad una concezione "realistica" del conflitto russo-ucraino non sia altro che una sorta di wishful thinking, perché una vittoria "totale" dell'Ucraina (come del resto una vittoria "totale" della Russia) è, se non impossibile, tutt'altro che probabile.***

*È questo il titolo di un articolo di Robert Kagan pubblicato sul WP il 15/10/23: https://www.washingtonpost.com/opinions/2024/10/15/ukraine-stalemate-putin-pompeo-peacetalks-negotiations/.

**Kagan conclude così: "The present course, in short, is unlikely to lead to a stable settlement, and certainly not the kind of peace agreement that advocates of talks assure us is possible. This is not one of those “win-win” situations. Unless something dramatic changes, this is a war that, like most wars, will be won or lost on the battlefield. We are not going to be rescued by a peace deal. Americans need to decide soon whether they are prepared to let Ukraine lose." Ma gli Usa fallirono in Vietnam o in Afghanistan perché sconfitti sul campo di battaglia? E pure l'Unione Sovietica fallì in Afghanistan perché sconfitta sul campo di battaglia? Non è forse vero invece che questi fallimenti furono causati essenzialmente da altri fattori ossia da fattori geopolitici e strategico-politici? Ovviamente il campo di battaglia conta, ma quando non si può ottenere una vittoria "totale" vi sono altri fattori che possono contare più del campo di battaglia. Peraltro Kagan sembra ignorare che dopo la Seconda guerra mondiale è diventato sempre più difficile e perfino "controproducente" cercare di risolvere le controversie internazionali con la guerra (al riguardo si veda G. Kolko, Il libro nero della guerra, Fazi, Roma 2005).

***È noto che l'Occidente atlantista conta soprattutto sul crollo dell'economia russa o comunque sui gravi problemi dell'industria bellica russa. Tuttavia, anche se non si possono sottovalutare i problemi (militari ed economici) della Russia, è pure noto che la Russia non è affatto isolata, di modo che difficilmente alla Russia potrebbero mancare mezzi e risorse per continuare la guerra contro l'Ucraina nei prossimi anni ossia perlomeno per alcuni anni, anche se dovesse ridurre il suo sforzo bellico per evitare di continuare a subire perdite eccessive di soldati e materiale bellico (si  vedano comunque  l'analisi di Igor Girkin: https://www.understandingwar.org/backgrounder/russian-offensive-campaign-assessment-october-16-2024, questo articolo del WP: https://www.washingtonpost.com/world/2024/10/27/russia-economy-overheating-inflation-interest-rates-war/) e il seguente Report del Kiel Institute:  https://www.ifw-kiel.de/publications/kiel-report/) . In ogni caso prendere in considerazione i problemi della Russia (che sono ceto assai seri) senza prendere in considerazione i problemi altrettanto seri dell'Ucraina non è certo una strategia saggia e razionale. Insomma, anche ammesso che i russi non riescano a "sfondare" il fronte ucraino, si deve tenere conto del "fattore tempo" e soprattutto ci si deve chiedere come potrebbe l'esercito ucraino riconquistare i territori ucraini (Crimea inclusa) occupati dai russi.


domenica 22 settembre 2024

EURO-ATLANTISMO E "PUTINISMO"

Più passa il tempo e più è difficile negare che la difesa della indipendenza dell'Ucraina non è la ragione principale dell'ostilità occidentale nei confronti della Russia.

In realtà le ragioni di tale ostilità sono soprattutto geopolitiche e perfino ideologiche, non tanto perché il regime di Putin sia una autocrazia (non a caso gli euro-atlantisti sono pronti a difendere qualsiasi regime purché sia filo-occidentale, basti pensare  alle petromonarchie del Golfo Persico, e a giustificare  qualsiasi crimine di guerra purché sia commesso da Paesi occidentali o filo-occidentali) quanto piuttosto per il fatto che la Russia (a differenza, ad esempio, delle petromonarchie del Golfo Persico) ha il "difetto" di essere europea ma non "occidentale".

Per gli euro-atlantisti, infatti, il  "nemico" è la stessa civiltà europea nella misura in cui è diversa dal cosiddetto "Occidente", che altro non è che l'attuale Occidente atlantista.

In questa prospettiva una critica seria e motivata del "putinismo", sotto il profilo sia politico-culturale sia geopolitico (giacché l'invasione russa dell'Ucraina ha rafforzato lo stesso euro-atlantismo a scapito dell'europeismo), non può non essere nettamente distinta dall'apologia dell'attuale Occidente atlantista.

venerdì 30 agosto 2024

BREVE NOTA SULLA ATTUALE SITUAZIONE MILITARE IN UCRAINA

Com'è noto l'attacco ucraino nella regione di Kursk non ha allentato la pressione dell'esercito russo nel Donbass, tanto che i russi minacciano di conquistare Chasiv Yar e Pokrovsk (un centro logistico di primaria importanza, ragion per cui ai russi basterebbe circondare Pokrovsk per infliggere un colpo assai grave all'esercito ucraino) ossia due pilastri cardine della linea difensiva ucraina  nel Donbass.

Certo penalizza alquanto l'esercito ucraino non potere usare armi occidentali (come ad esempio gli Atacms) per colpire basi militari, infrastrutture per le telecomunicazioni, centri logistici, depositi di carburante o  di armi e soprattutto aeroporti russi situati in territorio russo. 

Tuttavia, è l'intero quadro strategico che si deve tenere presente. Sotto questo aspetto i vantaggi della Russia per quanto concerne la demografia e le  risorse strategiche (si deve considerare pure che la Russia non è affatto "isolata") nonché la superiorità della difesa rispetto all'attacco, che rende estremamente difficile per l'esercito ucraino riconquistare i territori occupati, sono tali che avrebbero dovuto indurre l'Ucraina e i suoi alleati a puntare su una vittoria difensiva (questione territoriale quindi subordinata a quella della indipendenza e della sicurezza e non viceversa) anziché su una vittoria "totale" contro la Russia. 

Comunque è meglio non fare previsioni, anche perché la nebbia della guerra è ancora fitta (del resto, se Kiev piange, Mosca non ride), ma è certo che una concezione (geo)politica "realistica" è sempre la migliore possibile se si vuole evitare il peggio.


giovedì 29 agosto 2024

LE PORTE DELL' "INFERNO GEOPOLITICO"


Che nella primavera del 2022 per la maggior parte degli ucraini la resistenza contro gli invasori russi fosse una guerra patriottica è innegabile. Tuttavia, è pure innegabile che con il passare del tempo i "falchi" atlantisti abbiano preso il sopravvento e la guerra sia diventata soprattutto una guerra contro la Russia in quanto tale. Vale a dire che ora lo scopo del regime di Kiev e della Nato è abbattere il regime di Putin per arrivare ad una "disgregazione" della stessa Federazione Russa.

Del resto, se l'obiettivo militare dell'attacco ucraino nella regione di Kursk era costringere i russi a combattere una guerra di movimento, di modo che l'esercito russo avrebbe dovuto allentare la "pressione" nel Donbass (obiettivo, per ora, non raggiunto dagli ucraini), lo scopo politico era dimostrare che non esistono "linee rosse" ovverosia che alla Russia si può e si deve infliggere una sconfitta "totale.*

In sostanza, adesso per l'Occidente atlantista o, meglio, per buona parte di esso (ossia i "falchi") non conta tanto il diritto dell'Ucraina di difendersi per evitare che sia "inglobata" con la forza nello "spazio geopolitico" russo, quanto piuttosto distruggere lo "spazio geopolitico" russo. Si tratta di una strategia che si può definire strategia della "roulette russa", che in pratica consiste nel cercare di causare una crisi politica e militare de regime di Putin tale da mutare il "volto" stesso della Federazione Russa (ovviamente è una strategia considerata pericolosa pure da diversi atlantisti** e comunque ben diversa da una strategia che miri ad una "vittoria difensiva" dell'Ucraina, che implica una distinzione netta tra armistizio e trattato di pace, di cui, come nella guerra di Corea, non vi sono le condizioni).

Non è quindi nemmeno un caso - pur tenendo conto che la guerra russo-ucraina è nettamente differente dal conflitto israelo-palestinese e da quello che oppone Israele all'Iran ed ai suoi alleati - che gli atlantisti che mirano ad una sconfitta "totale" della Russia sostengano (esplicitamente o implicitamente) il regime di "Bibi", al punto da giustificare una orrenda uccisione di massa. In definitiva, è vero che Putin il 24 febbraio 2022 e Hamas il 7 ottobre 2023 hanno spalancato le porte dell'inferno, ma questo è stato possibile perché l'inferno già esisteva.

*Si può pure ritenere che l'offensiva ucraina nella regione di Kursk dipenda anche dalla necessità per il regime di Kiev di avere qualcosa da negoziare con Mosca nel caso che la guerra volgesse al peggio per l'Ucraina.


** Si sa che molti "strateghi" americani preferiscono tenere "sotto scacco" la Federazione Russa piuttosto che puntare ad una sua disgregazione (che per l'America, il cui avversario principale è la Cina, sarebbe lo "scenario" peggiore).

sabato 24 agosto 2024

TRA SCILLA E CARIDDI

Com'è noto il presidente Volodymyr Zelensky ha firmato una legge che vieta la Chiesa ortodossa legata a Mosca in Ucraina.

In pratica, in Ucraina pure chi legge gli scrittori russi rischia di essere  considerato un traditore dal regime di Kiev, il cui vero scopo politico non è diverso da quello dei "liberal-fascisti" atlantisti ossia distruggere la Federazione Russa, come ha dichiarato lo stesso Mykhailo Podolyak  (principale consigliere del presidente ucraino) secondo cui "l'impero russo sanguinerà da mille tagli, si ammalerà e marcirà dall'interno, fino a quando parti del suo corpo inizieranno a cadere".

Insomma, per sfuggire a Cariddi si è finiti nelle fauci di Scilla.

venerdì 16 agosto 2024

L'ATTACCO UCRAINO IN TERRITORIO RUSSO

È palese che l’attacco ucraino in territorio russo non è un raid ma un’operazione militare più complessa, effettuata da piccoli gruppi di combattimento appartenenti ad alcune delle migliori brigate ucraine. 

Obiettivo fondamentale (oltre a quello politico) degli ucraini pare essere non tanto il territorio quanto piuttosto il nemico (ossia la distruzione di unità militari nemiche), costringendo i russi a combattere una guerra di movimento, che in questi due anni e mezzo di guerra l’esercito russo ha dimostrato di non sapere combattere senza difficoltà (anche perché caratterizzato da scarsa flessibilità tattico-operativa e da una struttura gerarchica che lascia poco spazio allo spirito di iniziativa degli ufficiali subalterni e dei sottufficiali). 

Non sorprende quindi  che la reazione russa a questo attacco ucraino si sia rivelata caotica e assai “confusa”, tanto che si sono già verificati diversi casi di “red on red” (ovvero “fuoco amico” ai danni dei russi).

Comunque sia, per i russi è imperativo eliminare questa minaccia senza (continuare a) subire gravi perdite (non solo di soldati ma di materiale bellico) e senza essere costretti ad impiegare unità militari impiegate in quei settori del fronte in cui gli ucraini si trovano in  seria difficoltà. 

D'altra parte, sembra scontato che se l’attacco dell’esercito di Kiev dovesse fallire del tutto gli ucraini rischierebbero di avere poche riserve ben addestrate per opporsi validamente alla “pressione” dell’esercito russo, che sebbene non sia ancora riuscito ad effettuare uno “sfondamento” in nessun settore del fronte (lungo circa 600 miglia) continua a “rosicchiare” terreno prezioso.

giovedì 8 agosto 2024

HYBRIS

Il GUR (il servizio di intelligence militare ucraino, il cui capo è il tenente generale Budanov, un ultranazionalista come altri membri del regime ucraino), pur di danneggiare la Russia, non solo non esita a compiere azioni terroristiche (incluso, con ogni probabilità, il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream e Nord Stream 2) ma appoggerebbe pure bande di terroristi islamiste in Africa.*

Insomma, non è certo necessario fare l'apologia del regime di Putin (primo responsabile della distruzione dei rapporti tra la Russia e l'Europa) per riconoscere il pericolo che può rappresentare per la stessa Europa l'estremismo nazionalista ucraino (da distinguere nettamente dal patriottismo di buona parte del popolo ucraino).

Ma a chi ritiene che quanto accaduto il 7 ottobre scorso giustifichi un'uccisione di massa (per il ministro israeliano Smotrich sarebbe addirittura necessario far morire di fame due milioni di palestinesi) non interessa la verità, perché è proprio la "veri(dici)tà" che gli euro-atlantisti o, meglio, i "neuro-atlantisti" temono, non certo le ciance o le farneticazioni (spacciate per geopolitica)dei cosiddetti "putiniani" (rossi, neri o "rossoneri" che siano).

*https://www.nigrizia.it/notizia/mali-interrompe-relazioni-diplomatiche-con-ucraina?fbclid=IwY2xjawEhkBZleHRuA2FlbQIxMQABHfgY9Gd5nfgSyw8VnlMgFS6Px9f8ImrfhEKowHXMJ82yXsQkflYRwAPMhg_aem_lYJSC0WWBtySdz9CXJNs8w

martedì 18 giugno 2024

QUALCHE CONSIDERAZIONE SULLA SITUAZIONE MILITARE IN UCRAINA

Capire la situazione militare in Ucraina richiederebbe una lunga e approfondita analisi. 

Qui è sufficiente osservare, senza prendere in considerazione l'intero "quadro strategico", che sebbene i russi abbiano conseguito alcuni successi tattici approfittando del "blocco" degli aiuti militari americani all'Ucraina, l'esercito ucraino si sta difendendo con grande abilità e sta infliggendo notevoli perdite di materiale bellico all'esercito russo (si veda https://www.oryxspioenkop.com/2022/02/attack-on-europe-documenting-equipment.html), che punta soprattutto sulla sua superiorità quantitativa (di mezzi e di uomini).

Gli ucraini, infatti, hanno respinto numerosi attacchi russi che miravano ad un vero e proprio sfondamento delle difese ucraine e hanno "bloccato" l'avanzata russa a Vovchansk.

 La "pressione" russa, tuttavia, è ancora molto forte in diversi settori del fronte (in specie a Chasiv Yar  e  in  direzione di  Pokrovsk) e quindi non è facile fare previsioni, anche perché l'Ucraina continua ad avere seri problemi di reclutamento.

Comunque il "punto" da tenere presente è che chi si difende gode di un netto vantaggio contro chi attacca. Adesso sono gli ucraini a  godere di questo vantaggio, in futuro però potrebbero essere i russi a sfruttare il "fattore difesa", come già accaduto nell'estate dell'anno scorso.

mercoledì 12 giugno 2024

GUERRA E DIPLOMAZIA

Che l'attuale situazione militare per l'Ucraina sia difficile è innegabile, anche se si deve riconoscere che l'esercito ucraino sta dimostrando di sapere difendersi, sfruttando  con sagacia tattica il vantaggio di cui gode chi si difende rispetto a chi attacca.

L'Ucraina potrebbe quindi pagare caramente (soprattutto se si tiene conto che il futuro di un Paese dipende da diverse condizioni, incluse quelle economiche, sociali e demografiche)  non avere colto l'occasione di trattare con la Russia alla fine dell'estate del 2022 (dopo che ad Istanbul, nella primavera dello stesso anno, non si era sfruttata la possibilità di mettere fine alla guerra) anche a causa dell'insipienza e della tracotanza degli angloamericani e della stessa UE, cui importa cercare di indebolire o sconfiggere la Russia più che difendere l'indipendenza e la sicurezza dell'Ucraina.

Di conseguenza ci si ostina ad "inseguire" il sogno di una vittoria totale con la Russia (possibile solo nel caso - non certo probabile - di un crollo del morale dell'esercito russo e del regime di Putin), prendendo addirittura in considerazione l'invio di forze da combattimento della NATO in Ucraina. Insomma, mentre  per contrastare l'imperialismo dell'Unione Sovietica non si abbassò la guardia ma al tempo stesso si evitò di forzare la mano, facendo invece leva sui difetti del sistema sovietico (e si trattò di una strategia razionale e realistica che si rivelò vincente), adesso si vuole fare l'opposto, benché sia evidente che è pura follia pensare che la sicurezza dell'Europa, da cui dipende pure la sicurezza della stessa Ucraina, si possa difendere con la guerra della NATO contro la Russia.

Comunque sia, non si dovrebbe dimenticare che, nonostante le notevoli perdite dell'esercito russo (si badi che secondo analisti militari occidentali  il tasso di produzione russa di nuovi mezzi e armi per rimpiazzare quelli distrutti non basta) e il fatto che l'economia russa sia "surriscaldata", in guerra contano pure gli "asset strategici", il "fattore tempo" e la demografia.

Peraltro, l'Ucraina si trova ancora in una posizione favorevole, dato che non solo ha fatto fallire il disegno strategico di Mosca (che consisteva nell'insediare un regime filorusso a Kiev) ma conserva  l'accesso al mare nonché il controllo di Kharkiv, Cherson e perfino di buona parte del Donbass.*

D'altra parte,  giunti a questo punto si deve riconoscere che se la Russia non può permettersi di "gettare la spugna" nemmeno la Nato può farlo ossia non può permettersi di "mollare" l'Ucraina. Pertanto, non ha senso in un'ottica "realistica" chiedere di non consegnare più armi all'Ucraina (che, del resto, significherebbe consentire ai russi di fare a pezzi l'Ucraina). 

Non si dovrebbe allora continuare ad aiutare l'Ucraina senza rinunciare ad un negoziato con la Russia che non penalizzi l'Ucraina sotto il profilo politico e militare?** Si può forse negare che la cosiddetta "soluzione coreana" si sia rivelata vantaggiosa per la Corea del Sud e che i negoziati per mettere fine alla guerra di Corea durarono due anni (luglio 1951-luglio 1953) durante i quali si continuò a combattere? 

*Degno di nota è che "un sondaggio condotto presso l’opinione pubblica ucraina ha riscontrato un forte sostegno allo sforzo bellico, ma aspettative potenzialmente irrealistiche sulla liberazione di tutto il territorio ora occupato dalla Russia"(vedi: https://www.washingtonpost.com/world/2024/06/11/ukraine-poll-war-russia-stalemate/).

**PS. Chiaramente la cosiddetta "proposta di pace" di Putin - l'Ucraina dovrebbe riconoscere che la Crimea e le regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson appartengono alla Federazione Russa, rinunciare ad entrare nella Nato, avere uno status neutrale e rinunciare  a possedere armi nucleari (cui peraltro l'Ucraina ha già rinunciato con il Memorandum di Budapest del 1994) - non può essere accettata né dall'Ucraina né dalla Nato. 

Peraltro, secondo un'analisi documentata del NYT (https://www.nytimes.com/interactive/2024/06/15/world/europe/ukraine-russia-ceasefire-deal.html) il negoziato tra russi e ucraini nei mesi di marzo e aprile del 2022 fallì principalmente perché  il Cremlino volle inserire la Russia tra gli Stati che avrebbero dovuto garantire la difesa dell'Ucraina, il che equivaleva a dare al Cremlino il diritto di vietare un intervento a difesa dell'Ucraina anche se fosse stata la Russia stessa ad attaccare l'Ucraina (“The Guarantor States and Ukraine agree that in the event of an armed attack on Ukraine, each of the Guarantor States … on the basis of a decision agreed upon by ALL GUARANTOR STATES, will provide … assistance to Ukraine, as a permanently neutral state under attack…”). 

Insomma, è facile comprendere perché  gli ucraini (e la Nato) non si fidino di Putin.

lunedì 29 aprile 2024

ONESTÀ INTELLETTUALE

Senza concedere nulla ai cosiddetti "putiniani" (termine del resto  usato a sproposito dagli atlantisti neoliberali ossia post-democratici) si capisce poco o nulla della questione ucraina se non si considera l'ostilità dell'Occidente atlantista neoliberale nei confronti della Russia per ragioni geopolitiche  e politico-culturali (che peraltro hanno favorito il nazionalismo estremo e il revanscismo russi, come se solo una politica di prepotenza potesse opporsi alla politica di prepotenza dell'Occidente atlantista). 

Ogni seria analisi della questione ucraina dovrebbe quindi prendere in considerazione la politica occidentale nei confronti della Russia a partire dal crollo dell'Unione Sovietica.

Non vi è dubbio, infatti, che sia stata (nella sostanza, si intende) una politica che aveva come scopo principale l'indebolimento o addirittura la disgregazione della Federazione russa, in quanto la Russia rappresentava, solo per il fatto di esistere, un ostacolo significativo al disegno di egemonia globale perseguito dall'America  - e in generale dall'oligarchia neoliberale occidentale - in specie dopo la scomparsa dell'Unione Sovietica.

mercoledì 24 aprile 2024

BREVE NOTA SULLA "SAPIENZA", LA STORIA E IL "POLITICO"

Secondo la studiosa di religioni e di filosofie orientali (nonché ultima compagna di Elémire Zolla) Grazia Marchianò (scomparsa recentemente, all'età di 83 anni)  da tempo anche in Occidente non si è più in presenza di uno "scientismo imperante", dato che la fisica contemporanea -  in particolare la fisica quantistica - conferma quel che il cosiddetto "misticismo" orientale ha sempre sostenuto. 

Vale a dire che la ricerca scientifica più avanzata confermerebbe la validità di una concezione non dualista (si badi però che "non dualismo" non significa monismo) del mondo, confutando così anche da un punto di vista scientifico la concezione dualista che contraddistingue le tre religioni monoteiste (anche se non la dimensione "esoterica" o comunque "mistica" di queste religioni)  e che soprattutto a partire dalla  distinzione cartesiana tra res cogitans e res extensa ha caratterizzato il pensiero europeo-occidentale moderno.

D'altronde, è noto che anche Jung, sia pure secondo una prospettiva diversa da quella di Grazia Marchianò, riteneva che la fisica delle particelle subatomiche confermasse che non era più possibile opporre materia e psiche, tanto che la stessa idea di materia alla luce della fisica contemporanea sarebbe alquanto problematica (si veda Jung e Pauli. Il carteggio originale: l'incontro tra psiche e materia; sulla concezione junghiana della psiche si veda L. Aurigemma, Jung fra critica kantiana e ontologismo vedantico). 

Anche per la più nota allieva di Jung, Marie-Louise von Franz, la ricerca sulla psiche e la fisica contemporanea mostrerebbero che la struttura profonda della psiche non differisce nella sostanza da quella del mondo fisico.

Orbene, ammesso che questa interpretazione della fisica contemporanea sia valida (ma è questione controversa), si potrebbe affermare che si è abolita  ogni forma di dualismo? 

Certo, oggi è proprio la ricerca più avanzata della fisica che prova che è difficile sostenere la validità di una concezione dualista del mondo come quella cartesiana o comunque un "ingenuo" e "volgare" materialismo .

Tuttavia, il problema del dualismo non pare affatto risolto se si prende in considerazione la questione della storia (cui è connessa la questione del "politico" e di conseguenza quella della tecnoscienza, il cui ruolo per quanto concerne la lotta per l'egemonia o per il potere è sempre più rilevante).

Del tutto illusorio, infatti, è cercare di spiegare il divenire storico con la ierostoria, i cicli cosmici ecc., dato che si tratta di spiegazioni che in pratica negano  la serietà della storia (e quindi anche la serietà della nostra vita individuale, poiché riconoscere le radici universali del nostro sentire e del nostro sapere non significa, come osserva Aurigemma, annullare la propria individualità).

Peraltro "ignorare" la storia - ovverosia ritenere che sia necessario, per così dire, un' "uscita dal mondo" al fine di prendersi cura solo di sé stessi o del "Sé" (da non confondere con l'io) equivale appunto a contrappore la dimensione spirituale (comunque la si intenda) a quella storica (e politica).*

Insomma è inevitabile che una concezione spirituale (che sia una religione o una dottrina spirituale esoterica sotto questo profilo poco importa) che non sia (più) in grado di "orientare" il divenire storico ovverosia a caratterizzare il processo di civilizzazione si configuri come una dimensione spirituale "impotente", cioè scissa dalla potenza.

In altri termini il dualismo cacciato dalla porta rientrerebbe dalla finestra ("non dualismo" significa appunto "vedere" l'Uno nei Molti  e i Molti nell'Uno).

Ovviamente non si tratta di fare l'apologia di questa forma di dualismo. Quel che invece occorre evidenziare è che la questione del rapporto tra la storia e ciò che si definisce come sapienza"**è comunque di capitale importanza per comprendere lo stesso significato della "sapienza", sempre che non si condivida una concezione sostanzialmente nichilistica,*** secondo cui non esiste alcuna "sapienza", oppure una concezione (implicitamente) dualista, secondo la quale la "sapienza" non è di "questo mondo".


*Va da sé che non si tratta di negare la necessità un distacco dal mondo per sottrarsi ad ogni forma di conformismo e poter accedere ad una dimensione metastorica (il distacco dal mondo è quindi un'operazione di conoscenza necessaria per liberarsi dalla "tirannia dell'ego", come insegnano i "mistici" d'Oriente e d'Occidente). Ma è noto che all'uscita dalla caverna segue un rientro nella caverna per liberare i propri "compagni" ossia la conoscenza deve farsi "verbo" (deve "comunicarsi"), altrimenti (in un certo senso) si rimane "prigionieri" del proprio ego. Pertanto, pare lecito affermare che "ci si libera" insieme anche se si ammette la possibilità di una "liberazione" individuale.

**Si badi che è una questione che concerne, come ben sapevano i Greci, anche la possibilità di un'opera di "trasformazione del politico", benché non la si debba confondere con una aberrante strumentalizzazione politica della "sapienza", come dovrebbe insegnare la storia stessa delle religioni, giacché anche se le religioni sono riuscite a caratterizzare il processo di civilizzazione è pur vero che non raramente sono state usate per difendere gli interessi e i privilegi di gruppi dominanti. Chiaramente con il termine "sapienza" non si designa la confusa mescolanza di idee e pratiche assai differenti che contraddistingue la cosiddetta "New Age" ma (ad esempio) quel che Giorgio Colli definisce come "sapienza greca" (al riguardo si vedano i tre volumi di G. Colli, La sapienza greca) o una forma di conoscenza che non si costituisce come un soggetto opposto all'oggetto, di modo che scompare la convinzione o l'illusione di essere una individualità separata dal Tutto (benché sia necessario distinguere tra "non separazione" - che ammette diversi gradi di unione o unificazione - e totale annullamento della individualità). Peraltro, la stessa filosofia (basti pensare al neoplatonismo) si può configurare come una forma di conoscenza che si può definire "sapienziale". In definitiva, il nostro sapere non può non consistere di congetture, e anche per quanto concerne la "sapienza" quindi si tratta di congetture con fondamento (non si deve dimenticare che il linguaggio - poetico, filosofico ecc. - che "esprime" l'Assoluto non è l'Assoluto) ma il fondamento in questo caso non è solo la ragione (la cui importanza ovviamente non può essere messa in discussione senza fare l'apologia del peggiore irrazionalismo) ma anche e soprattutto l'intuizione intellettuale.

***Massimo Cacciari osserva in Della cosa ultima che la critica della ricostruzione heideggeriana del destino della metafisica occidentale come onto-teologia sarebbe oggi inconcepibile senza l'immenso lavoro storico di Werner Beierwaltes. Invero, per il (neo)platonismo, come dimostra Beierwaltes, non è tanto la questione dell'Essere che rileva quanto piuttosto quella dell'Uno e dei Molti. Si potrebbe quindi affermare che si tratta di una "dimensione sapienziale" che difficilmente si può definire come onto-teologia, con tutto quel che ne segue per la comprensione del rapporto tra metafisica occidentale e nichilismo. Comunque sia, è un "diverso" senso del sapere che caratterizza la metafisica che affonda le sue radici nel pensiero di Platone. E si tratta di una metafisica che ricorda (almeno sotto certi aspetti) la "sapienza orientale", benché pure quest'ultima sia in sé differenziata.



mercoledì 10 aprile 2024

LA SICUREZZA DELL'EUROPA

Che pure l'euro-atlantismo costituisca un serio pericolo per l'Europa dovrebbe ormai essere chiaro a chiunque non sia accecato dalla russofobia. 

Difatti, vi è una notevole differenza tra affermare che arrivare ad un cessate il fuoco in Ucraina dipende anche dalla Russia e affermare che  arrivare ad un cessate il fuoco in Ucraina dipende solo dalla Russia.

Se si cancella questa differenza è ovvio che la guerra della NATO contro la Russia appaia pressoché inevitabile, dato che sono gli stessi euro-atlantisti a riconoscere che la Russia non ha alcuna intenzione di permettere all'esercito ucraino di riconquistare i territori ucraini occupati dall'esercito russo. 

Non a caso qualche giorno fa l'ISW (che è un think tank neocon) ha sostenuto che la Russia sarebbe già pronta ad attaccare la NATO nei prossimi anni, quasi che gli obiettivi del Cremlino fossero perfettamente noti né potessero cambiare a seconda della strategia della NATO.

E' evidente che una tale concezione, che sembra essere una sorta di "profezia che si autoavvera", dà per scontato che l'unico modo per difendere la sicurezza dell'Europa (inclusa la sicurezza  e l'indipendenza dell'Ucraina) sia un sostegno "incondizionato" al regime nazionalista ucraino, per infliggere una "sconfitta totale" alla Russia, anche se è innegabile che la Russia (non solo cioè la Russia di Putin) non potrebbe mai accettarla.

In sostanza, il cosiddetto "Occidente collettivo" sta commettendo (mutatis mutandis) lo stesso errore di Putin (vale a dire di volere risolvere con le armi la questione ucraina e della sicurezza collettiva in Europa), sebbene le conseguenze dell'insipienza strategica e della tracotanza degli euro-atlantisti (che già strumentalizzano la guerra in Ucraina per ridefinire i rapporti sociali nel modo più vantaggioso possibile per l'oligarchia neoliberale e i suoi zelanti servitori) rischiano di essere assai più gravi delle conseguenze dell'errore di calcolo strategico commesso da Putin aggredendo l'Ucraina. 

In altri termini, posto che un agire razionale sia contraddistinto da un'etica della responsabilità,  è certo irrazionale ritenere di potere sconfiggere con le armi la prepotenza dell'Occidente neoliberale e del capitalismo predatore occidentale (quasi che la storia del secolo scorso non avesse insegnato nulla), ma è altrettanto irrazionale ritenere di risolvere con le armi la crisi dell'egemonia occidentale e in particolare della maggiore potenza occidentale. 

Comunque sia, se la scelta dovesse essere tra la prepotenza di un regime autocratico (come certamente è il regime di Putin) e quella dell'oligarchia euro-atlantista, avrebbe poco senso porsi il problema della sicurezza della stessa Europa, sempre che la questione della sicurezza dell'Europa in realtà non concerna soltanto la difesa degli interessi di una élite dominante, benché sia pacifico che la prepotenza di un'autocrazia non è un'alternativa valida a quella dell'oligarchia neoliberale, dato che è perfino peggiore sotto il profilo politico e sociale.


martedì 26 marzo 2024

LA PACE SI PREPARA CON LA POLITICA

Indipendentemente da quel che si possa pensare del regime di Putin (che non è affatto una "blanda socialdemocrazia" come qualcuno afferma, ma un regime autocratico e illiberale, anche se non peggiore di altri regimi illiberali con cui l'Occidente neoliberale ed euro-atlantista intrattiene "buoni" rapporti), il torto della Russia è stato quello di volere risolvere con le armi una questione (geo)politica complessa come quella ucraina o, se si preferisce, della presenza della Nato ai confini occidentali della Russia.

Le conseguenze disastrose (in larga misura inevitabili e in particolare proprio la distruzione dei rapporti tra l'Europa occidentale e la Russia, che convenivano, non solo sotto il profilo economico, tanto alla Russia quanto ai Paesi dell'Europa occidentale) di questa scellerata decisione sono ormai note a chiunque. 

Ma altrettanto scellerata e in un certo senso perfino più pericolosa è l’attuale strategia del cosiddetto “Occidente collettivo” nei confronti della Russia, che in pratica non è altro che il frutto di una concezione meramente ideologica del mondo, al punto che non ci si rende conto o, peggio, non si vuole comprendere che la condanna del regime di Putin non implica affatto che si debba fare l'apologia del regime nazionalista ucraino. 

Ci si ostina pertanto ad inseguire il sogno di una “vittoria totale” contro la Russia, prendendo addirittura in considerazione l'invio di truppe della Nato in Ucraina. Si sostiene, infatti, che con la Russia di Putin non si può trattare (quasi che fosse possibile mettere fine alla guerra occupando Mosca!) e che comunque Putin avrebbe già deciso di attaccare dei Paesi della Nato nei prossimi anni. 

In altri termini, si dà per scontato che scoppierà la guerra tra la Nato e la Russia. E non ci vuole molto per capire che questo modo di pensare rischia di essere una sorta di "profezia che si autoavvera", dato che si è rinunciato a trattare con la Russia (che ovviamente non significa arrendersi alla Russia), anche quando secondo lo stesso generale americano Mark A. Milley era necessario ossia alla fine dell'estate del 2022.

Insomma, mentre per contrastare l'imperialismo dell'Unione Sovietica non si abbassò la guardia ma al tempo stesso si evitò di forzare la mano, facendo invece leva sui difetti del sistema sovietico (e si trattò di una strategia “razionale” che si rivelò vincente), nei confronti della Russia di Putin si vuole agire in senso opposto, benché sia evidente che in una prospettiva realistica la difesa dell'indipendenza dell'Ucraina) dovrebbe essere una questione non solo meramente militare ma anche e soprattutto (geo)politica, dato che è pura follia pensare che la sicurezza dell'Europa, da cui del resto dipende pure quella della stessa Ucraina, si possa difendere con la guerra della Nato contro la Russia.

In sostanza, se per il regime ucraino o altri Paesi della Nato la guerra potrà finire soltanto con una "vittoria totale" contro la Russia (che - repetita iuvant - è ben diversa dalla difesa dell'indipendenza dell'Ucraina), allora la scelta dovrebbe essere tra la difesa della sicurezza dell'Europa occidentale (che non corre certo il rischio di essere invasa dalle armate russe) e quella dell'Ucraina o di altri Paesi della Nato, per i quali la Federazione Russa è un nemico solo per il fatto che esiste. D'altronde, è proprio l'insipienza strategica e (geo)politica degli euro-atlantisti che può rendere inevitabile una tale alternativa (che non sarebbe tra putiniani e antiputiniani, meglio precisarlo). Ed è inutile dire come dovrebbe agire chi non è così accecato dalla russofobia da non sapere distinguere la Russia di Putin dalla Germania nazista, cui si poté imporre una unconditional surrender. 

In conclusione, è lo scopo politico che si vuole raggiungere che conta in guerra, se la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi, e in politica "giusto" è ciò che è "necessario" fare per la tutela del benessere morale e materiale della comunità di cui si fa parte.


sabato 16 marzo 2024

LA STRATEGIA DEI SONNAMBULI

Che Putin abbia sempre saputo che la Nato non aveva intenzione di aggredire la Russia (di fatto non ne aveva nemmeno la possibilità, tranne per quanto concerne una guerra nucleare) è vero. Tuttavia è chiaro che se truppe europee della Nato intervenissero nel conflitto in Ucraina l'Europa sarebbe in guerra con la Russia. E se l'aviazione di alcuni Paesi europei dovesse cercare di fare la differenza (dato che gli eserciti europei hanno pochi uomini e pochi mezzi), dovrebbe necessariamente colpire in profondità la Russia, rischiando così di scatenare una guerra totale. E se dovesse intervenire pure l'esercito americano (l'unico a potere fare la differenza in un conflitto di terra contro l'esercito russo in Ucraina, dato che ci vorranno anni per rafforzare gli eserciti europei) sarebbe perfino più probabile non evitare una guerra totale e quindi nucleare (gli americani, del resto, non rinuncerebbero certo ad un impiego massiccio della propria aviazione). 

Peraltro, l'Ucraina non fa nemmeno parte della Nato e quindi se intervenissero solo alcuni Paesi della Nato non si potrebbe neppure applicare l'articolo 5 della Alleanza  Atlantica (che comunque non implica necessariamente un intervento militare di tutti i Paesi della Nato nel caso sia attaccato un Paese della Nato, contrariamente a quanto molti affermano).

D'altra parte, l'Europa non riesce nemmeno a produrre le munizioni di cui l'Ucraina ha bisogno e ha pure gli arsenali quasi vuoti. Certo, se arrivassero di nuovo gli aiuti militari americani all'Ucraina, la situazione dell'esercito ucraino anche per quanto concerne le munizioni di artiglieria probabilmente non sarebbe così grave come affermano i sedicenti esperti putiniani (che paragonano il numero delle munizioni di artiglieria di "tutti" i tipi prodotte o sparate dai russi alle munizioni da 155 prodotte dall'Occidente ovverosia senza calcolare pure le munizioni  per i pezzi di artiglieria da 122 e 105 e i mortai da 120 e 81).

Nondimeno anche la difesa aerea ucraina è in difficoltà per mancanza di un numero sufficiente di missili antiaerei, mentre l'esercito russo non ha problemi a continuare ad attaccare (gli stessi analisti militari occidentali ritengono che la macchina bellica russa non avrà seri problemi prima del 2026) anche con l'aviazione, che adesso con le bombe plananti sta infliggendo colpi duri alla difesa ucraina (si sa che all'Ucraina dovrebbero essere consegnati alcune decine di caccia F-16 ma, a parte che si tratta di pochi aerei soprattutto se si considera il numero degli aerei da combattimento russi, pare che quest'estate gli ucraini ne potranno disporre meno di dieci). 

D’altronde l’esercito ucraino, benché sia ancora capace di infliggere gravi perdite alle Forze Armate russe, ha troppi problemi non solo di mezzi ma pure di uomini. Ad esempio solo il 30% dei mobilitati è impiegato al fronte e ancora non è stata approvata la legge che abbassa la soglia minima dell'età di leva da 27 a 25 anni (ed è una soglia minima sorprendentemente troppo alta), mentre aumenta la renitenza alla leva e pure il rischio di un crollo del fronte interno. In definitiva, pure il “morale” degli ucraini non è più quello della primavera del 2022.

Questa è la realtà. Ma non è solo questione di armi e mezzi. Putin, infatti, non ha alcuna intenzione di ritirarsi dall'Ucraina e può ancora contare sul sostegno dei russi, tranne un'opposizione che non è insignificante ma il cui "peso politico" è irrilevante. Certo il regime autocratico di Putin gode di notevole consenso anche perché controlla praticamente tutti i media russi è noto, ma questo non cambia la sostanza. In altri termini, anche se la militarizzazione dell'economia e della società russa gettano un'ombra inquietante sul futuro della Russia, attualmente non vi sono segni di una crisi del regime di Putin.

Un conto quindi è cercare di evitare una sconfitta (totale) dell'Ucraina ossia impedire una vittoria totale della Russia, un altro cercare una vittoria totale contro la Russia. In sostanza, finché si farà dipendere la questione della difesa dell'Ucraina da quella della riconquista militare di tutti territori ucraini occupati dai russi (in cui peraltro gran parte della popolazione è filorussa, anche se pure in questi territori vi sono ancora molti ucraini che non sono affatto filorussi), si continuerà a cercare di correggere un errore con un errore perfino più grave.

Non si deve dimenticare, infatti, che non si sono date subito all'Ucraina le armi di cui aveva bisogno e al tempo stesso ci si è rifiutati di aprire una trattativa sulla questione della “sicurezza collettiva” (che ovviamente implica pure la sicurezza dell'Ucraina) sostenendo che prima i russi dovevano ritirarsi perfino dalla Crimea; dopo la mobilitazione parziale dei russi e la costruzione della “linea Surovikin”, anziché scegliere una “difesa attiva” si è preferito lanciare una controffensiva che poteva avere successo solo se fosse crollato il morale dell'esercito russo; fallita la controffensiva ucraina l’estate scorsa, c'è stato il “blocco” degli aiuti militari americani ed ora “si ciancia” di mandare truppe Nato in Ucraina.

Se questa è strategia, allora è la strategia dei sonnambuli.


venerdì 8 marzo 2024

PACE E "DISORDINE MENTALE"

La tesi dei cosiddetti “putiniani “ è nota: la Nato aveva messo un coltello alla gola della Russia, che di conseguenza ha dovuto reagire. La guerra della Russia contro l’Ucraina quindi sarebbe una guerra preventiva e necessaria ossia una “guerra giusta”.

Si tratta di una tesi che è senza fondamento, al punto che ignora  la fondamentale differenza tra pressione (geo)politica - che implica una reazione (geo)politica - e una grave e “imminente” minaccia militare, che implica un’azione militare preventiva. 

In sostanza, per chi scrive, si può anzi si deve criticare la narrazione "putiniana" della questione ucraina senza condividere la narrazione euro-atlantista, che nega che vi fosse una seria pressione atlantista (geo)politica nei confronti  della Russia, benché sia evidente che questa pressione vi fosse - ossia è un” fatto” come è un “fatto” che l’Ucraina non confina con gli Stati Uniti ma con la Russia - e che abbia pure “gettato benzina sul fuoco” rafforzando l’estremismo nazionalista russo e le “fobie” di Putin. (Inutile dire che si tratta di una posizione che implica una sorta di “ostracismo” per chi la sostiene).

Comunque sia, diversa da quella dei “putiniani” è la tesi dei cosiddetti “pacifisti” ( gli opinionisti e il direttore del FQ, Jorit ecc.). Questi ultimi, infatti, da un lato affermano di essere “pacifisti” e a favore della libertà (anche se proprio perché è illiberale il regime di Putin piace molto ai neofascisti e ai neostalinisti “putiniani”), dall’altro  ritengono che la guerra di Putin contro l’Ucraina sia una guerra necessaria ossia una “guerra giusta”. 

Ovviamente si tratta di una posizione che è esattamente l’opposto di quella che dovrebbe sostenere un “pacifista”, per il quale (se è coerente) non ci sono “guerre giuste” ( ma si sa che un conto è essere  a favore di una “pace giusta” , un altro negare il diritto alla legittima difesa ovvero difendere la “pace del cimitero”). 

Sarebbe cioè come se si affermasse che si è per la pace in Palestina e a favore di due Stati per due popoli e al tempo stesso si sostenesse che il governo di “Bibi” (che è “umano” né più né meno di Putin, Ghandi e lo stesso Eichmann) fa bene a “spianare” Gaza e a fare pulizia etnica in Cisgiordania.

Insomma, anche ammesso che i nostri "pacifisti" non siano dei “criptoputiniani” (ma se ne può dubitare), pure questo “falso pacifismo” è una delle tante manifestazioni del "disordine mentale" che caratterizza il nostro Paese , antiamericanismo incluso. 

Del resto, come esiste un anticomunismo "intelligente" (perlomeno nella misura in cui si forza di comprendere le “ragioni storiche” del comunismo, pur senza condividerle) e uno stupido e volgare, così esiste un antiamericanismo "intelligente" (ossia seriamente motivato e non contraddistinto dai più triti e insulsi stereotipi ideologici fascisti o comunisti, che sono ancora assai diffusi nel nostro Paese) e uno volgare e stupido, che non a caso è quello condiviso dalla maggior parte dei “putiniani” e dei sedicenti “pacifisti”.

Negli anni Settanta del secolo scorso la P2 e il terrorismo (rosso e nero, in quanto entrambi, sia pure per ragioni opposte, espressione di una immagine del tutto fasulla e distorta del mondo) gettarono il napalm su un processo di trasformazione del nostro Paese in senso democratico e socialista. Che il declino (non solo economico ma anche e soprattutto politico-culturale) del nostro Paese sia (anche) il “frutto avvelenato” di quegli anni è ben difficile negarlo, ma è una “lezione” politico-culturale che evidentemente pochi hanno imparato.

giovedì 22 febbraio 2024

L'EUROPA AL BIVIO

Jeffrey Sachs in un articolo pubblicato il 12 febbraio scorso* ricorda le innumerevoli malefatte (e pure i notevoli fallimenti) della Cia. Nulla di nuovo, anche se è sempre necessario rinfrescare la memoria degli atlantisti neoliberali. Nemmeno la necessità di combattere il comunismo e in particolare quella di opporsi all’Unione Sovietica, infatti, può giustificare la politica di “prepotenza” dell’America nella seconda metà del secolo scorso, tanto è vero che non è certo cessata con la scomparsa dell’Unione Sovietica e la fine del “pericolo rosso”.

D’altronde, è anche noto il "coinvolgimento" degli Usa nel rovesciamento del governo di Viktor Yanukovych (non si conoscono i dettagli ma è sufficiente ricordare il ruolo di Victoria Nuland, benché non sia stata la "burattinaia di Maidan" come affermano i putiniani).  Naturalmente, per gli atlantisti o, meglio, per gli euro-atlantisti era ovvio che Putin avrebbe cercato di inglobare con la forza l’Ucraina nello spazio geopolitico russo. Tuttavia, non spiegano perché Putin lo abbia fatto nel febbraio 2022 anziché nel 2014 o nel 2015, quando cioè l’esercito ucraino era così debole che un buon numero di battaglioni ucraini che combatterono nel Donbass erano finanziati da oligarchi ucraini. Invero il modo in cui  gli euro-atlantisti “leggono” la questione ucraina è meramente ideologico ossia non spiega nulla e omette fatti rilevanti. 

Ad esempio, l’ostilità di principio nei confronti della Russia di Putin, anche se giustificabile sotto il profilo politico-culturale, sotto quello geopolitico ha certo avvantaggiato soprattutto gli ultranazionalisti russi, che non a caso criticavano Putin perché dopo Euromaidan non aveva cercato di abbattere il regime ucraino con le armi (allora lo stesso Dugin venne allontanato dall’università di Mosca per le sue posizioni nettamente favorevoli alla guerra contro l’Ucraina). Ma gli euro-atlantisti non hanno mai avuto come obiettivo principale la crescita politica e geopolitica dell’Europa, bensì il rafforzamento della dipendenza dell’Europa dall’America in quanto "gendarme" dell’ordine mondiale neoliberale e del capitalismo predatore occidentale. 

Viceversa, per gli europeisti il rafforzamento dei rapporti tra l’Europa occidentale e la Russia non solo era necessario proprio per mettere fine alla dipendenza geopolitica e politico-culturale dell’Europa dall’America ma avrebbe potuto anche favorire una trasformazione del sistema politico e sociale della Russia in senso democratico. Peraltro, più crescevano i rapporti economici tra l’Europa occidentale e la Russia (basta pensare al gasdotto Nord Stream 2, realizzato dopo che la Russia aveva annesso l’annessione della Crimea) e meno importante diventava l’Ucraina per la Russia, nonostante che si sapesse che per i nazionalisti russi l’Ucraina non poteva non appartenere all’aerea di influenza della Russia. Si poteva comunque ritenere che alla Russia non convenisse risolvere questo problema con le armi, dato che era scontato che una guerra di aggressione contro l’Ucraina avrebbe portato ad una rottura totale tra la Russia e l’Europa.

Nondimeno, anche prima del 24 febbraio 2022 l’involuzione autoritaria e perfino sotto certi aspetti totalitaria del regime di Putin non prometteva nulla di buono, tanto più che era chiaro che, oltre all'aggravarsi dei vari "mali" che affliggono il mondo occidentale, il declino dell’egemonia degli Usa e la crisi della Nato, diventata ancora più grave dopo il disastroso ritiro americano dall’Afghanistan, rischiavano di convincere il Cremlino che fosse possibile modificare gli equilibri di potere in Europa a vantaggio della Russia con una politica aggressiva e di fatto neoimperialista, quasi che una siffatta politica di "prepotenza" non potesse compromettere definitivamente i buoni rapporti con l’Europa occidentale e in specie con la Germania, la cui economia dipendeva in buona misura dall’importazione del petrolio e del gas russi.

Comunque sia, l’improvvida e scellerata decisione del Cremlino di risolvere la questione ucraina con le armi, oltre ad avere reso decisamente ostile nei confronti della Russia la maggior parte degli ucraini, ha tagliato tutti i ponti con l’Europa ed è chiaro che ormai sulla Russia di Putin, sempre più simile ad uno Stato che si potrebbe definire "neostalinista" anche se certamente non comunista, non è più possibile contare per “smarcarsi” dall’America senza cedere (s'intende) ad alcuna tentazione autoritaria o addirittura totalitaria.

Nondimeno, è ancora più evidente di quanto lo potesse essere negli anni scorsi che per l'Europa "smarcarsi" dall'America (di cui ormai nemmeno gli stessi euro-atlantisti si possono fidare ciecamente) ossia camminare “con le proprie gambe” e puntare su un “ordine” politico e sociale non illiberale ma nettamente diverso dal neoliberalismo e dal capitalismo predatore neoliberale, è un imperativo politico-culturale e strategico. Ovviamente non è affatto facile, ma l'Europa se non vince questa sfida (e purtroppo è probabile che non vi riesca,  dato che sono molti anzi troppi gli ostacoli da superare) non potrà evitare un declino irreversibile o perfino di peggio.

*https://www.commondreams.org/opinion/cia-destablizes-the-world.

domenica 11 febbraio 2024

L'EUROPA TRA L'INCUDINE TRUMPISTA E IL MARTELLO PUTINIANO

L'Huffington Post ha pubblicato la trascrizione integrale dell'intervista a Putin di Tucker Carlson.

Leggendo questa trascrizione si capisce che con Putin è difficile anche una trattativa che abbia lo scopo di arrivare non ad un trattato di pace (di cui non ci sono le condizioni, a causa della questione dei crimini di guerra, delle sanzioni , dei territori ucraini occupati dai russi ecc.) ma almeno ad un cessate il fuoco, a patto che (questo il busillis) siano garantite l'indipendenza e la sicurezza "militare" dell'Ucraina (si badi che trattativa non è affatto sinonimo di accordo, tanto è vero che una trattativa, ossia un'azione diplomatica, può durare a lungo e anche fallire).

La "fantastoria" di Putin, infatti, sembra non lasciare alcuno spazio ad un'Ucraina indipendente, al punto che Putin  "ignora" non solo la brutale  repressione del sentimento nazionale ucraino da parte della Russia zarista ma perfino che la Russia riconobbe l'indipendenza dell'Ucraina nel dicembre del 1991 e che con il Memorandum di Budapest del 1994 si era impegnata a rispettare i confini dell'Ucraina (certo si sapeva che lasciare all'Ucraina la Crimea  avrebbe potuto avvelenare le relazioni tra i due Paesi ma alla Russia furono comunque consegnate tutte le testate nucleari che erano in Ucraina).

Per di più Putin ha addirittura sostenuto che una zona dell'Ucraina sarebbe ungherese e soprattutto che responsabile della Seconda guerra mondiale fu la Polonia (sic!) anziché la Germania.

D'altronde, da diversi anni in Russia si riscrivono i libri di storia (dei libri di storia se ne occupa direttamente lo Stato) per esaltare l'imperialismo russo e sovietico,  mentre le  "leggi sulla memoria" vietano qualunque analisi critica dell'Unione Sovietica nella Seconda guerra mondiale (si è chiuso Memorial, principale centro di ricerche storiche sui crimini dello stalinismo, non si può neppure affermare che il massacro di Katyn fu compiuto dai sovietici, Stalin è considerato nuovamente una sorta di "padre della patria" e via dicendo).

Ma l'Europa  deve non solo confrontarsi con un regime autocratico (al punto che presenta perfino dei tratti totalitari) che considera sia "terra di Russia" qualunque luogo in cui vi sia una comunità russa o semplicemente russofona o che sia appartenuto all'impero russo, ma pure con un'America sempre più condizionata da Trump che è giunto ad affermare che i Paesi europei si meriterebbero di essere aggrediti dalla Russia.

Insomma, adesso l'Europa rischia di trovarsi, senza essere  un vero "soggetto (geo)politico", tra l'incudine trumpista e il martello putiniano. In sostanza si tratta del fallimento (geo)politico di un euro-atlantismo che si è spacciato per vero europeismo.

giovedì 8 febbraio 2024

LA SITUAZIONE MILITARE IN UCRAINA

I “putiniani” (che cianciano di libertà e democrazia ma fanno l'apologia di ogni "dittatura sovrana e popolare", quasi che una democrazia liberal-socialista non fosse una valida alternativa all'attuale sistema neoliberale) esultano perché Avdiivka è sul punto di essere conquistata dai russi. In effetti, la conquista di Avdiivka sarebbe un successo politico e tattico dei russi, dato che questa piccola città, nonostante sia ormai del tutto distrutta, si trova a pochissimi chilometri dalla città di Donetsk.

La caduta di Avdiivka sarebbe comunque davvero grave per gli ucraini se l'esercito russo fosse in grado di proseguire l'offensiva in direzione di Kramatorsk-Slovjansk e/o di Prokovsk (un "hub logistico" dell'esercito ucraino) e quindi di sfondare la principale linea di difesa ucraina nell'oblast' di Donetsk. Se invece l'esercito russo si fermasse (come accadde dopo che la Wagner conquistò Bakhmut), a causa del costo salatissimo che ha dovuto pagare per prendere Avdviika (su cui vi è una abbondante documentazione, con buona pace dei "putiniani") non si tratterebbe certo di un successo "strategico" dei russi.

Comunque sia, è evidente che adesso l'esercito ucraino si trova in seria difficoltà, soprattutto per la penuria di munizioni di artiglieria (per ogni colpo d'artiglieria sparato dagli ucraini ora i russi ne sparano cinque) e ovviamente per il blocco degli aiuti militari americani (del resto, già notevolmente diminuiti alla fine dell'estate scorsa). 

Pertanto, il vero vantaggio dei russi è una netta superiorità “materiale” (ossia per quanto concerne il numero di soldati, di mezzi e di munizioni), che rischia di aumentare nei prossimi mesi. D’altronde, il blocco degli aiuti militari americani indebolisce gravemente anche la difesa aerea dell’Ucraina, che non dispone ancora nemmeno di qualche caccia F-16, mentre è noto che i russi hanno fatto notevoli progressi per quanto concerne la guerra dei droni e quella elettronica.

Al riguardo, è comunque interessante la spietata e lucida analisi dei difetti delle Forze Armate russe da parte dell’ex capo di Stato maggiore russo Baluevskij (si tratta di un’analisi militare pubblicata su “Army Standard”, una rivista della Difesa russa), secondo cui i sistemi d’arma occidentali sono nettamente superiori a quelli russi (Baluevskij contraddice cioè in modo esplicito le recenti affermazioni di Putin sulla superiorità tecnologica delle armi russe rispetto a quelle della NATO). 

In particolare Baluevskij riconosce che l'azione dell'aviazione russa è "frustrata" dalla difesa aerea ucraina, che praticamente impedisce ai caccia russi di penetrare in profondità nello spazio aereo ucraino e quindi di potere effettuare quegli attacchi aerei di “interdizione” che sarebbero necessari per mettere in crisi l’intero apparato logistico, di comando e comunicazione degli ucraini.*

Tuttavia, è chiaro che né i difetti della macchina bellica russa né i (sorprendenti) successi ucraini contro la marina militare russa nel Mar Nero, possono annullare la superiorità “materiale” dell’esercito russo rispetto a quello ucraino.

In sostanza, in questa fase della guerra le sorti dell’’Ucraina dipendono soprattutto dagli aiuti dell’Europa che, in un contesto mondiale caratterizzato da una Russia tornata ai tempi  dell’imperialismo zarista o stalinista e da un'America sempre più condizionata da Trump, sembra (meglio non farsi illusioni) essersi resa conto di dover camminare con le proprie gambe.

In altri termini l’Europa sembra avere compreso che deve acquisire necessariamente proprio quell’autonomia strategica e geopolitica che, quando ancora l’autocrate russo pareva non essere disposto a sacrificare i buoni rapporti tra la Russia e l’Europa, si poteva ritenere di conseguire integrando la Russia nello spazio economico e politico dell’Europa e (di conseguenza) favorendo una trasformazione in senso democratico della stessa Russia.

PS La situazione nelle ultime settimane però è cambiata a vantaggio dei russi, dato che la difesa antiaerea ucraina non è più in grado di "frustrare" l'azione dell'aviazione russa, tanto che la stessa conquista di Avdiivka sarebbe dipesa soprattutto dall'azione dell'aviazione russa che, grazie all'uso di bombe plananti, adesso riesce a infliggere perdite gravissime alle difese ucraine.

domenica 4 febbraio 2024

UN "ALTRO" OCCIDENTE

In Occidente i neoliberali continuano a ripetere che è necessario difendere l'attuale ordine mondiale. Eppure è sotto gli occhi di chiunque che da molti anni non esiste più alcun ordine mondiale, benché sia noto che, scomparsa l'Unione Sovietica, l'America (rimasta l'unica vera superpotenza) cercò di imporre un ordine mondiale unipolare. Ma, fallito il progetto di instaurare un ordine mondiale incentrato sulla indiscussa egemonia americana, non si è assistito alla nascita di nessun altro ordine mondiale. 

La crisi dell'egemonia americana è infatti coincisa con la nascita di una forma di multipolarismo che non si configura affatto come un nuovo ordine multipolare ma piuttosto come un "disordine mondiale" o, meglio, come un "disordine multipolare", favorito dalla crescita di nuove potenze (grandi e piccole), il cui principale scopo è quello di estendere la propria area di influenza ovverosia aumentare la propria potenza (militare  ed economica) sfruttando il declino della potenza egemone liberal-capitalista.

Di conseguenza si è anche formata un'area geoeconomica non più egemonizzata dall'America o dall'Occidente (basta pensare ai BRICS), in quanto composta da Paesi che hanno acquisito una autonomia strategica e non intendono rinunciarvi per difendere gli interessi e i "valori" occidentali.

Si tratta però di Paesi con interessi assai diversi, tanto che tra alcuni di essi non vi è nemmeno un rapporto di "amicizia". Vale a dire che nemmeno i BRICS rappresentano un "polo geopolitico" anti-egemonico, benché la Russia si stia impegnando in questo senso, cercando di fare leva sia sulla collaborazione della Cina sia sul “risentimento” (indubbiamente giustificato) di buona parte del Sud del mondo nei confronti del mondo occidentale (e si tratta di un “risentimento” reso maggiore dalla incapacità dell’America di "mettere un freno" alla politica scellerata dell’attuale governo israeliano, che nemmeno il pogrom del 7 ottobre scorso può giustificare) o, se si preferisce, nei confronti del capitalismo predatore occidentale.

Nondimeno, anche se si può già affermare che esiste un "asse geopolitico" anti-egemonico costituito dalla Russia, dall'Iran e dalla Corea del Nord, almeno per ora non si è in presenza di un "polo geopolitico" anti-egemonico di cui faccia parte la Cina, anche perché i rapporti tra la Cina e la Russia sono più complicati di quanto possa sembrare. Peraltro, a differenza della Russia, per la Cina è ancora essenziale avere buoni rapporti con il mondo occidentale, sebbene la Cina di XI sia differente da quella di Deng che, pur essendo anch’essa caratterizzata dalla dittatura del partito comunista, era certamente meno “chiusa” di quella di Xi che non nasconde le sua ambizioni di egemonia, al punto di volere sfidare l'America anche sotto il profilo militare. Non si può pertanto nemmeno escludere che si formi un vero "blocco politico-militare" anti-occidentale che comprenda la Cina che conduce già esercitazioni militari con la Russia e l'Iran.

Comunque sia, è chiaro che nessuna vera potenza anti-egemonica (come la Russia o la Cina) o che comunque si contrapponga nettamente all'Occidente liberal-capitalistico (come l'Iran o la Corea del Nord) si può definire liberale o democratica (ad esempio l'India si può definire un Paese democratico ossia non illiberale e certo non anti-occidentale, anche se negli ultimi anni si è assistito ad una certa "involuzione autoritaria" del sistema politico indiano)*. Del resto, lo stesso regime "comunista" cinese - anche se si deve riconoscere che ha saputo con una lungimirante strategia politica usare gli apparati dello Stato e un'economia di mercato per ridurre la povertà e trasformare la Cina in un grande Paese industriale avanzato - si basa su un capitalismo perfino più aggressivo di quello occidentale per promuovere la crescita della potenza (economica  e militare) della Cina.

Il rischio dunque che si corre è che si ripeta  - mutatis mutandis, s'intende -  quanto accadde nel secolo scorso, allorché le potenze cosiddette have nots, profittando del declino dell'egemonia della Gran Bretagna, cercarono di dar vita ad un ordine mondiale contraddistinto da un capitalismo predatore e da un imperialismo peggiori di quello britannico.

Tuttavia, è lo stesso Occidente che, generando problemi che non è in grado di risolvere, non solo ha rafforzato i propri “nemici” e rischia di inimicarsi Paesi che non sono nemici dell'Occidente ma ha creato una situazione in cui non è possibile che vi sia un ordine mondiale. In altri termini, è ormai evidente che nessun ordine mondiale può basarsi sui "valori occidentali" se questi ultimi sono quelli dell'attuale Occidente neoliberale. In questo senso, la crisi dell'egemonia americana o del mondo occidentale e la crisi del sistema liberal-capitalistico sono due facce della medesima medaglia.

In definitiva, solo se l’Occidente saprà “conciliare” libertà e giustizia sociale, incastonando l'economia in un ampio ventaglio di istituzioni, politiche, giuridiche, sociali e culturali (come era accaduto - sia pure parzialmente e in un contesto storico assai diverso da quello attuale - nella seconda metà del secolo scorso, in specie nei Paesi scandinavi),** si potrà ridefinire il rapporto tra mondo occidentale e Sud del mondo, in modo tale da promuovere nuove forme di cooperazione internazionale, senza cedere a tentazioni autoritarie o totalitarie ovverosia basate sul rispetto dei diritti umani e dei diritti dei popoli.

*Si potrebbe affermare che ormai anche le cosiddette "democrazie liberali" sono in realtà delle oligarchie neoliberali con alcuni elementi di democrazia, ma qui si usa il termine democrazia come sinonimo di sistema politico non illiberale, che presuppone la presenza di alcuni elementi di autentica democrazia come quelli che contraddistinguono ancora i Paesi occidentali.

**Ovviamente si tratta di istituzioni che sono sempre presupposte da ogni attività economica e quindi anche dal mercato, ma vi è una differenza sostanziale tra una "società di mercato" e una "società con mercato", come dimostra la stessa storia europea del secolo scorso.


sabato 3 febbraio 2024

LA DIFESA DELL'UCRAINA (E DELL'EUROPA) IN UNA PROSPETTIVA "REALISTICA"

Non sorprende che sia i "falchi" euro-atlantisti  sia cosiddetti "putiniani" o comunque "fintopacifisti" ritengano che Kiev avrebbe perso la guerra  se il conflitto tra la Russia e l'Ucraina terminasse adesso. Vale a dire che per entrambi l'Ucraina potrebbe vincere la guerra solo se riconquistasse tutti i territori ucraini occupati dai russi (Crimea inclusa). Evidentemente sia gli uni che gli altri si dimenticano che l'Ucraina non sta combattendo contro il Lussemburgo o l'Italia ma contro una grande potenza militare come la Russia (ragion per cui una vittoria "totale" dell'Ucraina, benché non sia impossibile, non è affatto probabile).

Certo i russi occupano circa il 20% dell'Ucraina, ma non sono riusciti né ad insediare un governo filorusso a Kiev né a negare all'Ucraina l'accesso al mare. Inoltre non solo i russi non occupano né Kharkiv né Kherson ma neppure tutto il Donbass. E nemmeno il Mar Nero è più un "mare sicuro" per la marina militare russa, mentre l'ingresso della Svezia - che ormai non dovrebbe superare più nessun ostacolo - e della Finlandia nella NATO equivale ad una pressione geopolitica ai confini occidentali della Russia di gran lunga maggiore di quella che c'era prima del 24 febbraio 2022.

Ovviamente non si tratta di negare che l'Ucraina si trovi attualmente in condizioni difficili, tanto più adesso che i repubblicani americani hanno "bloccato" gli aiuti militari degli USA all'Ucraina, che sono di fondamentale importanza per l'esercito di Kiev. D’altra parte, si sa che l'Ucraina ha subito danni enormi, perché questa guerra si combatte praticamente solo in Ucraina, e che ormai dipende totalmente dagli aiuti finanziari e militari dell'Occidente. In sostanza, è scontato che l'Ucraina dalla guerra contro la Russia, comunque possa finire, uscirà con le ossa rotte. 

D'altronde, fallita la scorsa estate la controffensiva ucraina, la pressione militare russa è aumentata, anche se i russi non sono riusciti a sfondare le linee di difese ucraine.* In questo contesto, non è nemmeno strano che a Kiev vi siano anche dei seri contrasti ai vertici del potere pubblico (sulla questione della mobilitazione ecc.) e in specie tra il presidente Zelensky e Zaluzhny, il capo di Stato maggiore ucraino. Ma bloccare adesso tutti gli aiuti all'Ucraina, come chiedono i "putiniani" o i "fintopacifisti", che condividono un antiamericanismo da fiera paesana (che – si badi - non si deve confondere con una critica seria e determinata dell'euro-atlantismo), significherebbe mettere fine alla resistenza dell'Ucraina. Ed è ovvio che in questo caso non ci potrebbe essere più alcuna azione diplomatica per arrivare ad un  "congelamento" del conflitto (la cosiddetta "soluzione coreana") come alcuni propongono, ma solo una unconditional surrender dell'Ucraina.

Ma non si dovrebbe neanche ignorare che gran parte dei Paesi europei (ossia gran parte non solo dei governi europei ma dei popoli europei) non è affatto disposta a tollerare la politica "neoimperialista" del regime di Putin (ad esempio dovrebbe essere chiaro a chiunque che la Svezia e la Finlandia non hanno deciso di entrare nella NATO per ubbidire agli ordini dell'America). E basterebbe studiare la storia per capirlo. 

Nel caso di un crollo totale dell'Ucraina si correrebbe quindi il rischio di un conflitto tra la NATO (o perlomeno tra Paesi che fanno parte della NATO) e la Russia o comunque di trasformare l'Europa in una sorta di "Caoslandia".

Tuttavia, questo rischio si corre anche per la mancanza di una seria azione diplomatica per arrivare ad un cessate il fuoco, sebbene non sia facile trattare con il regime di Putin**. Ed è pure ovvio che alle trattative con la Russia dovrebbero partecipare gli americani, perché con ogni probabilità solo con l'America la Russia sarebbe disposta a trattare seriamente sulla questione ucraina, nella misura in cui quest’ultima dipende dalla questione dell'allargamento della NATO o della "sicurezza collettiva".***

In definitiva, anche se si deve riconoscere che l'America ha cercato di evitare una pericolosa escalation (penalizzando di conseguenza l'esercito ucraino)****, è lecito affermare che la mancanza di una strategia occidentale "realistica" rischia di danneggiare gravemente non solo l’Ucraina ma pure l'Europa. Nondimeno, è evidente che solo chi è in malafede o ha seri problemi di “ordine mentale” può negare che un'iniziativa diplomatica per arrivare perlomeno ad un "congelamento" del conflitto russo-ucraino presupponga necessariamente che l'Ucraina sia in grado di difendere la propria indipendenza e la propria sicurezza. 



*È impossibile comunque fare previsioni, sia perché la pressione militare russa potrebbe aumentare, al punto da sfondare le difese ucraine, sia perché gli ucraini hanno dimostrato di essere capaci di sfruttare i "punti deboli" dell'esercito russo, tanto è vero che vi è chi sostiene che l'Ucraina se disponesse di  nuove e più potenti armi occidentali e soprattutto di un maggior numero di proietti artiglieria potrebbe rimanere sulla difensiva nei prossimi mesi e poi - ma con ogni probabilità non prima dell'anno prossimo - lanciare un'altra controffensiva (vedi https://warontherocks.com/2024/01/hold-build-and-strike-a-vision-for-rebuilding-ukraines-advantage-in2024/  e https://www.foreignaffairs.com/ukraine/war-ukraine-not-stalemate.).

**Si badi che le trattative per arrivare ad un armistizio - non ad un trattato di pace che non c'è mai stato -  nella guerra di Corea durarono ben due anni. Naturalmente, nella attuale situazione un trattato di pace con la Russia è assai difficile perché vi sono troppi ostacoli da superare (questione territoriale, crimini di guerra, sanzioni, ecc.). Comunque, non si tratta di sostenere che l'Ucraina adesso, per evitare il peggio, debba necessariamente puntare ad un "congelamento" del conflitto (tanto più che ora la Russia potrebbe non essere disposta ad accettare una tale soluzione del conflitto, proprio perché sta cercando di conseguire un chiaro successo militare). Il vero problema è quindi come agire per consentire all'Ucraina di trattare con la Russia da una posizione vantaggiosa, tenendo conto anche che non pochi degli abitanti nei territori ucraini occupati dai russi in questa guerra non sono affatto "filorussi".

*** Che gli accordi di Minsk siano falliti (solo) per responsabilità di Kiev e dell'Occidente atlantista è una "bufala" (vedi ad esempio https://www.rivistailmulino.it/a/tutte-le-strade-non-portano-a-minsk ), come è una "bufala" il cosiddetto "genocidio" ucraino nel Donbass. Il conflitto del Donbass causò infatti circa 14.500 vittime, di cui 4.500 circa militari ucraini e poco più di 3.000 vittime civili di entrambe le parti. Per di più dal 2019 al 2021 vi furono "solo" alcune decine di vittime civili ogni anno, causate in buona misura dall'esplosione di mine. Peraltro, nel dicembre del 2021 la Russia fece una proposta di trattato di sicurezza collettiva (si tratta di due documenti: uno inviato alla NATO e un altro agli USA) in cui non si menzionavano (perlomeno esplicitamente) gli accordi di Minsk o il conflitto del Donbass ma si chiedeva addirittura il ritorno alla situazione che vi era in Europa nel maggio 1997, ovverosia lo smantellamento di tutte le infrastrutture della NATO nell'Europa orientale (https://mid.ru/ru/foreign_policy/rso/nato/1790803/?lang=en), nonché il ritiro delle bombe nucleari americane dall'Europa e il divieto di schierare bombardieri, anche non omologati per attacchi nucleari, fuori dai confini nazionali (https://mid.ru/ru/foreign_policy/rso/nato/1790818/?lang=en). Le richieste della Russia quindi non si limitavano a non fare entrare l'Ucraina  e la Georgia nella NATO (anche se si deve tenere conto che si può chiedere 100 per ottenere 50 o anche meno). Del resto, l'ingresso dell'Ucraina nella NATO era reso impossibile non solo dal veto certo della Germania e di altri membri della NATO ma dalla stessa esistenza del conflitto del Donbass, benché ormai fosse un conflitto a "bassa intensità".

**** Si ricordi che l'artiglieria e i missili occidentali a media gittata sono stati consegnati all'Ucraina solo dopo che Mariupol era caduta (anche se la decisione dell'America di dare degli obici da 155 all'Ucraina venne presa nell'aprile 2022 ossia un mese prima della resa degli ultimi difensori ucraini di Mariupol, il cui assedio era però praticamente già cominciato alla fine di febbraio) e che i carri armati e i blindati occidentali sono arrivati (neppure in gran numero) in Ucraina solo dopo un anno di guerra.





venerdì 2 febbraio 2024

METODO DI REGNO "KGB"

Secondo le stime del FMI l'economia russa crescerà anche quest'anno, sia pure grazie all'esportazione di gas e petrolio alla Cina e all'India e soprattutto al fatto che l'industria della difesa russa sta lavorando a pieno ritmo. D'altronde, com'era prevedibile, la Russia tramite le "triangolazioni" è riuscita anche ad importare la tecnologia necessaria per il funzionamento della sua macchina bellica. 

Il collo di bottiglia però adesso è assai stretto e con le "triangolazioni" ovviamente tutto costa più caro. Inoltre, l'enorme spesa per la difesa sottrae risorse preziose al sistema sanitario, ai servizi sociali e alla modernizzazione delle infrastrutture, la maggior parte delle quali è obsoleta, di modo che non sorprende che si moltiplichino i guasti e gli incidenti (incendi inclusi) per l'obsolescenza di cavi, tubature, motori e perfino ascensori. E pure l'aviazione civile russa, composta in gran parte da aerei occidentali, comincia ad avere guai seri.*

In buona misura del resto l'industria russa dipende da macchinari occidentali, anche se si è rafforzato il rapporto di "dipendenza" della Russia dalla Cina. Per di più la Russia dovrà ricostituire il suo esercito per le enormi perdite subite nella guerra contro l'Ucraina. Rebus sic stantibus le spese per la difesa quindi non diminuiranno nei prossimi anni, tanto più che con ogni probabilità (dato che in ogni caso la maggior parte dei Paesi dell’Europa orientale non tollererà la politica neoimperialista di Putin) la Russia dovrà affrontare una "pressione geopolitica" da parte della NATO assai maggiore di quella che vi era prima del 24 febbraio 2022 (peraltro, non solo il Mar Baltico è diventato un "lago della NATO", ma pure il Mar Nero non è più sicuro per le navi russe, e se anche la Russia dovesse annettere un'altra fetta di Ucraina non sarà facile "assoggettare" il popolo ucraino). 

Gravissima e pericolosa, d'altronde, è l'involuzione autoritaria e, sotto certi aspetti, perfino totalitaria, del regime di Putin, che non ha militarizzato solo l'economia ma la stessa società russa, criminalizzando (tranne qualche eccezione) ogni manifestazione di dissenso (gli "Assange" russi - ossia coloro che vengono condannati solo per le loro idee o per avere rivelato le malefatte del "regime" - sono così numerosi che ormai non si contano più). Ed è noto che centinaia di migliaia di cittadini russi sono stati costretti a lasciare il proprio Paese per la politica neoimperialista di Putin.**

Eppure, anche se sotto il profilo della democrazia e della libertà la politica di Putin è sempre stata tutt'altro che esente da gravi difetti  (benché pure in Occidente la questione della libertà e della democrazia sia diventata una questione assai seria), sotto il profilo geopolitico Putin aveva dimostrato di essere pragmatico e razionale. Non a caso nel 2014-15 Putin non aveva affondato il colpo contro Kiev, nonostante che allora l'esercito ucraino fosse assai debole. Sembrava quindi che per il Cremlino il forte legame con l'Europa occidentale fosse più importante di una annessione con la forza dell'Ucraina nello spazio geopolitico russo. Pertanto, si riteneva che il rafforzamento dei rapporti economici e politici tra l'Europa e la Russia perlomeno nel medio periodo avrebbe inciso positivamente anche sulla situazione politica  e sociale della Russia  e al tempo stesso avrebbe creato le condizioni per una "Nuova Europa".

Infine però ha prevalso la vecchia "logica", ottusa e criminale, del KGB, confermando che la geopolitica (come del resto gli affari militari) non è indipendente dalla diversa struttura politica e sociale delle potenze, grandi o piccole che siano.

*Sulla situazione politica ed economica della Russia si vedano https://www.nytimes.com/2024/01/30/us/politics/cia-burns-putin-russia.html,https://www.lastampa.it/esteri/2024/01/31/news/russia_cade_a_pezzi-14033567/ e https://www.washingtonpost.com/opinions/2024/01/25/ukraine-war-russia-wear-down/.

** Si badi che se essere "filorussi" significa riconoscere che la storia e la cultura russa sono parte costitutiva della storia e della cultura europea allora chi scrive non ha difficoltà a definirsi "filorusso". Diverso ovviamente è il discorso se filorusso è sinonimo di "putiniano".

giovedì 25 gennaio 2024

L'EURO-ATLANTISMO SEMBRA GIUNTO AL "CAPOLINEA" MA IL NUOVO NON PUÒ (ANCORA) NASCERE

L'attuale crisi politica e sociale dell'America è certo la più grave dopo la guerra di secessione, tanto più che si somma al declino (relativo) della potenza occidentale egemone (e non sembra errato affermare che in pratica si tratta di due facce della medesima medaglia). Non a caso per buona parte degli americani il nemico politico più pericoloso dell'America si trova proprio a Washington (ossia è lo stesso Stato federale guidato dai democratici).

D'altronde, la società americana, oltre ad essere caratterizzata da un altissimo tasso di criminalità e di povertà nonché dal conflitto tra diversi gruppi etnici, è profondamente divisa su questioni politiche essenziali, inclusa la stessa idea di nazione, al punto che si sta pure acuendo il conflitto tra singoli Stati (come il Texas) e lo Stato federale, in specie per il problema dell'immigrazione e la difesa dei confini nazionali.

In questo contesto è ovvio che il successo politico di Trump sia l'effetto, non la causa, dei molti mali che affliggono la società americana, benché il "trumpismo" minacci di rendere ingovernabile la crisi politica  e sociale del "gigante d'oltreoceano".

Comunque sia, mai come ora sarebbe necessario per l'Europa "smarcarsi" dall'egemonia geopolitica degli USA, puntando ad acquisire una  reale autonomia strategica.

Tuttavia, è palese che l'attuale leadership europea non è affatto all'altezza delle difficili sfide geopolitiche ed economiche del nostro tempo, anche perché  mettere fine all'euro-atlantismo, optando per un autentico europeismo, significa mettere fine alla politica neoliberale che ha contraddistinto la storia recente dell’Europa.

Nondimeno, è chiaro che l'euro-atlantismo in un certo senso è giunto al "capolinea", dato che pure gli euro-atlantisti  indipendentemente dall'attuale "blocco" degli aiuti militari americani all'Ucraina, sanno che non possono più avere piena fiducia nell'America nemmeno per quanto concerne la difesa dell'Europa.

Ma è anche vero che la decisione di Mosca di inglobare con la forza l'Ucraina nello spazio geopolitico  non solo ha portato alla rottura tra l'Europa occidentale e la Russia ma ha rafforzato la dipendenza del Vecchio Continente dagli USA. Peraltro, non solo gran parte dell'Europa orientale ma pure i Paesi scandinavi e la Gran Bretagna non sono certo disposti a subire la politica "neoimperialista" della Russia di Putin senza reagire. Inoltre, la Russia aggredendo l'Ucraina ha creato una situazione che favorisce la crescita di movimenti politici di estrema destra e xenofobi (come l'AFD che potrebbe pure "destabilizzare" la Germania). 

Pare lecito quindi sostenere, usando le parole di Gramsci, che la crisi dell'Europa "consiste nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi".

In definitiva, se non si sarà capaci (ma in pratica se non lo saranno la Germania e la Francia che, comunque la si pensi, rimangono i principali Paesi dell'UE) di ridefinire la politica della UE secondo una prospettiva che tenga conto della necessità per il Vecchio Continente di saper "camminare con le proprie gambe"*  e di  conseguenza (ovviamente senza rinunciare alla difesa dei principi della civiltà europeo-occidentale)** della necessità di ridefinire il rapporto tra l'Europa e il cosiddetto "resto del mondo" (e in particolare con il Sud del mondo, da cui, del resto, dipende in buona misura il futuro del Vecchio Continente), l'Europa potrebbe davvero trovarsi in una situazione non diversa (mutatis mutandis, s'intende) da quella che caratterizzò la storia europea della prima metà del secolo scorso.

*Si badi che il problema non è tanto quello di aumentare le spese militari dei Paesi europei quanto piuttosto la mancanza di una difesa europea. Del resto, la spesa annuale complessiva per la difesa dei quattro maggiori Paesi dell'UE (Germania, Francia, Italia e Spagna) ammonta a più di 150 miliardi di euro (vedi The Military Balance 2023), che non sarebbe una spesa militare insignificante se ci fosse una vera difesa europea. Germania, Francia, Italia e Spagna potrebbero quindi dar vita ad una difesa europea lasciando gli altri Paesi dell'UE liberi di farne parte. Ma una difesa europea implicherebbe una politica estera comune, una politica fiscale comune, un debito pubblico comune ecc. (d'altronde solo così si potrebbe generare un "patriottismo europeo"). Inutile quindi dire che attualmente non ci sono le condizioni politiche per raggiungere un tale obiettivo.

**Al riguardo si deve essere chiari, perché non è certo cedendo alla prepotenza delle autocrazie che si possa evitare il declino dell'Europa. 


lunedì 15 gennaio 2024

MALA TEMPORA CURRUNT

Che i sonnambuli non siano solo gli occidentali è indubbio, ma l'insipienza politico-strategica occidentale non contribuisce certo ad impedire il peggio.

D'altronde, è innegabile che l'Occidente a guida (anglo)americana e la russofobia di alcuni Paesi dell'Europa orientale abbiano rafforzato l'estremismo nazionalista russo non solo prima ma anche e soprattutto dopo il 24 febbraio 2022. 

Il Cremlino sa che gran parte del popolo russo non vuole la guerra, ma può convincere il popolo russo che non si può trattare con chi non ha alcuna intenzione di trattare perché mira ad infliggere una ferita letale alla Russia. 

Certo, Washington non mira a disgregare la Federazione Russa né vuole un'escalation, ma agendo come se lo scopo politico della NATO fosse la caduta del regime di Putin, di fatto fa solo il gioco dei "falchi" del Cremlino. La diplomazia ovviamente ha i suoi limiti, ma trattare senza rinunciare a combattere, ossia senza rinunciare a difendere l'Ucraina, non equivale ad arrendersi (necessaria comunque sarebbe un'azione diplomatica soprattutto da parte degli Usa, dato che la Russia difficilmente può trattare solo con l'Ucraina; ovviamente che Mosca sia disposta davvero ad accettare una soluzione diplomatica del conflitto - senza mettere in discussione l'indipendenza e la sicurezza dell'Ucraina, s'intende - è tutto da dimostrare).

Del resto, Biden, sostituendo il realismo geopolitico con l'ideologia, sulla questione degli aiuti all'Ucraina è riuscito perfino ad inimicarsi i repubblicani che non sono trumpisti. E come se non bastasse, Washington ponendo il veto sul cessate il fuoco a Gaza ha gettato benzina sul fuoco pure in Medio Oriente e ben difficilmente potranno essere le "cannoniere" (anglo)americane a porvi rimedio. 

In sostanza, se si agisce come se il mondo fosse ancora quello del "razzista e delirante Theodor Roosevelt"* allora sarà inevitabile non solo rafforzare i  nemici del "mondo occidentale" ma inimicarsi pure quella parte del mondo che sa che la civiltà europeo-occidentale non significa solo colonialismo e imperialismo.

*https://www.lastampa.it/esteri/2024/01/14/news/imperialismo_occidentale-13993541/. "Quando la Terza guerra mondiale più o meno a puntate sarà, speriamo, contenuta - scrive Domenico Quirico - bisognerà per rimetter insieme i cocci, oltre che tagliare gli artigli dei nuovi imperialismi autocratici russo cinesi e delle scalate messianico-terroriste, anche smontare pezzo a pezzo gli imperialismi anglosassoni, degli Stati Uniti e quello grottesco del maggiordomo britannico, ponendo termine a questa pretesa arrogante di poter decidere quando, dove e come i loro interessi debbano essere tutelati. In diritto di ingerenza non in nome della democrazia e di Antigone ma dei propri affari che sta affondando tutto l’occidente, Europa compresa, nella violenta antipatia del resto del mondo", ibidem. Difficile non condividere, anche se è  ovvio che siano gravi e non tollerabili gli attacchi del gruppo yemenita degli Houthi, sostenuto dall'Iran, conto i mercantili nel Mar Rosso.